Quando sostengo che l’informazione non è più il controllore della politica a tutela dei cittadini, ma uno dei suoi complici più fedeli ed efficaci, non esagero. Ovviamente ci sono i complici di chi sta al Governo, ci sono i complici di chi sta all’opposizione – che farebbero la stessa cosa di quelli che stanno al Governo se ci stessero loro -, ci sono i complici di chi tenta di introdurre il linguaggio politicamente corretto, vale a dire la censura del terzo millennio, e chi sostiene che a introdurlo siano altri.
Resta il fatto, però, che il metodo della distrazione di massa viene costantemente applicato da tutti, approfittando del cosiddetto analfabetismo funzionale di chi legge e non capisce, ovvero di chi legge e si fa confondere le idee dai furbetti del palazzo e del “palazzaccio”.
Volete un esempio? Adopero un argomento sul quale, recentemente, la maggioranza si è fatta male da sola, prima proponendolo, poi revocandolo e modificandolo. Mi riferisco all’adeguamento del compenso dei ministri e dei sottosegretari che non sono stati eletti parlamentari a quello dei ministri e sottosegretari che sono stati eletti in Parlamento. Ricordiamoci che in tutto stiamo parlando di 18 persone. A parte il fatto che sia quelli eletti, sia quelli non eletti, di fatto, svolgono lo stesso lavoro ma vengono retribuiti in maniera differente, e non si capisce dove sarebbe l’ingiustizia nell’equipararli, come mai nessuno ci parla degli oltre 9.000 magistrati, responsabili di una situazione giudiziaria che fa acqua da tutte le parti, che non guadagnano affatto poco? E perché nessuno ci parla dei circa 100.000 alti dirigenti della Pubblica amministrazione, ai quali dobbiamo la pessima burocrazia che ci ritroviamo e che subiamo ogni volta che siamo costretti a richiederne l’intervento? Neanche loro guadagnano poco. E vogliamo parlare dei 21.000 ufficiali delle Forze armate, che giustamente possono andare in pensione molto prima degli altri? Pensate che queste categorie, senza parlare dei dirigenti e dei calciatori di certe squadre, dei manager privati, dei direttori di alcuni quotidiani, dei consulenti, di certi “scandalizzati” conduttori televisivi, ecc… guadagnino tanto di meno dei 600 parlamentari che noi tutti, pur se condizionati dai partiti, non certo dal Padreterno, abbiamo eletto per rappresentarci, anche se con ipocrita codardia fingiamo di dimenticarlo?
Per quanto mi riguarda il problema non è alimentare la guerra dei ricchi o dei poveri né il clima di invidia sociale, non è quanto percepiscano o non percepiscano costoro, ma cosa facciano, se lo meritino, quanto producano, e quale sia la capacità dei cittadini di controllarne e valutarne l’attività. Eppure di questi argomenti non si parla abbastanza, non si parla affatto o li si relega nelle pagine interne. Chiediamoci perché accade questo. Chiediamoci, per esempio, come mai molti giornali sono restii a parlare del malgoverno di numerose Amministrazioni locali, delle tariffe di numerose società che gestiscono servizi idrici, energetici o telefonici, di certe banche e assicurazioni e delle condizioni che praticano ai loro clienti. Non sarà forse perché gran parte degli Enti pubblici, locali e non locali, passano “paginate” intere di costosissima e ambitissima pubblicità a giornali e televisioni private e non private? Non sarà forse perché i veri proprietari dell’informazione sono gli inserzionisti ed i potentati politici, ai quali serve una stampa pedissequa e prona, invece che attenta e vigile sui fatti che si verificano quotidianamente?
Ecco, come vedete, il compenso di 18 ministri e sottosegretari, che lo si faccia o che non lo si faccia, è veramente una questione pressoché ininfluente, ma rappresenta un’eccellente arma di distrazione di massa, da sbattere in apertura dei telegiornali o sulle prime pagine dei quotidiani, soprattutto quando i prezzi dell’energia salgono insieme al freddo o al caldo. No, le armi di distrazione di massa non sono una novità. Il popolo italiano è abituato, e non da ora, a essere abilmente distratto.
D’altra parte la vittoria di Bartali al Tour de France non riuscì, forse, a impedire lo scoppio di gravi tumulti, conseguenti all’attentato compiuto dallo studente di giurisprudenza Antonio Pallante, nato a Bagnoli Irpino, ma vissuto a Catania e divenuto lavoratore forestale della Regione, nei confronti del leader del Pci Palmiro Togliatti?

