A raccolta i nuovi Mille: fare rete per lo sviluppo della Sicilia - QdS

A raccolta i nuovi Mille: fare rete per lo sviluppo della Sicilia

Desiree Miranda

A raccolta i nuovi Mille: fare rete per lo sviluppo della Sicilia

sabato 27 Aprile 2019

Il Quotidiano di Sicilia ritiene che la coesione rappresenti l’unica via per cambiare, utilizzando la metafora dei Mille: creare un nuovo Risorgimento, tutto siciliano

Sviluppo, crescita, lavoro, lotta alla povertà. I dati sulla Sicilia evidenziano un Pil impantanato, un’occupazione in forte calo, i giovani senza prospettive. Cresce anche la povertà, mentre il tasso infrastrutturale resta al di sotto della media nazionale e ci sono tanti miliardi di euro bloccati senza un perché. Si pensi ai 9,7 miliardi di euro fermi allo sportello Ue, ma anche ai 2,3 miliardi bloccati di Fondi di sviluppo e coesione. In Sicilia, c’è bisogno di lavoro eppure bisogna fare i conti con 14,7 miliardi e circa 250 mila posti di lavoro per 430 cantieri bloccati. Il territorio è disastrato. I rifiuti sono nelle discariche a cielo aperto, le strade chiuse, i ponti sequestrati e gli ospedali sono inefficienti.

La Sicilia è a un passo dal baratro e quelli appena elencati sono soltanto alcuni dei suoi problemi e delle sue necessità. La Regione, in un anno e mezzo di legislatura, non ha ancora dato grandi segnali, ma si ha necessità di enormi spinte da parte di persone capaci. Non c’è una bacchetta magica per cambiare tutto questo, ma uniti si può fare tanto.

Per questo il Quotidiano di Sicilia ritiene che la coesione rappresenti l’unica via per cambiare, utilizzando i mezzi di cui l’Isola dispone per spingere la crescita, utilizzando la metafora dei Mille: creare un nuovo Risorgimento, tutto siciliano.

Qualcuno potrebbe storcere il naso pensando a ciò che i vecchi Mille hanno rappresentato per la Sicilia, ma quella proposta è soltanto una metafora per puntare a una rinascita. I nuovi Mille sono cittadini perbene, ma anche e soprattutto siciliani che rappresentano il mondo produttivo di questa terra. Ogni provincia conta circa cinquanta organizzazioni tra imprenditoriali, sindacali, professionali e in tutta la Sicilia esse sono, appunto, mille.

I nuovi Mille e il QdS insieme rappresentano persone già operative sul territorio, che insieme possono fare un passo in più e riuscire ad andare dritti alle soluzioni.

Per questo motivo è stata data vita a una campagna continua e martellante che vuole sottoporre le istanze di tutte queste rappresentanze: i canali utilizzati saranno quelli del QdS, ovvero il giornale cartaceo, il sito web e i social network (con diretta streaming su Facebook). È già nel Dna della testata l’approfondire, spiegare e suggerire (così come avviene da quarant’anni): la mission è quella di indagare sugli argomenti con inchieste e non solo, parlando dei problemi facendo nome e cognome dei responsabili istituzionali che non hanno adempiuto al loro dovere, proponendo soluzioni.

Uno spirito al servizio delle forze migliori della nostra Sicilia, quelle che da sempre sono abituate a lavorare davvero, dando vita a una rete che sappia interagire con chi deve prendere le decisioni.

Sono già in programma una serie di riunioni con ciascuno dei Mille, così che ognuno possa dare il proprio contributo e ogni riunione avrà una pubblicazione ad hoc per dare spazio e voce a ogni partecipante.

“Dare vita ad azioni congiunte
per avere maggiore forza”

Basile – “Credo che tutte le categorie in questo periodo storico siano in sofferenza. Potremmo continuare a lungo la lista dei problemi, che ci racconta come la nostra realtà sia deficitaria, ma io credo nel fare rete e sono convinto che un’azione congiunta possa avere grande forza. Creare un’adeguata pressione mediatica può fare da testa di ariete nei confronti della Pubblica amministrazione, che deve prendere delle decisioni. In fondo, la politica crea un muro di gomma che va aggirato. Spesso ci usa come strumento di propaganda, tenendoci al limite tra la soluzione e il problema, così che noi vediamo una luce alla fine del tunnel ma alla fine non ci arriviamo mai. La difficoltà che troviamo, inoltre, è nel rapporto tra il Governo nazionale e quello regionale: sappiamo benissimo che i colori sono diversi e quindi spesso non hanno lo stesso obiettivo. Oggi l’imprenditore ha bisogno di risorse, anche se non tutte e subito. Senza di esse, infatti, è necessario ridimensionare le attività e questo fa diminuire la crescita”.

“Porre fine alle disparità
createsi a livello nazionale”

Spampinato – “Vi sono gravi disparità a livello nazionale. Pensiamo alla sanità e al contributo che è stato concesso all’Emilia Romagna, alla Campania e alla Sicilia. La prima ha avuto un finanziamento di sei miliardi di euro in più rispetto al fabbisogno, mentre la Campania e la Sicilia tra gli otto e i dieci miliardi in meno. Ciò perché i cittadini campani e siciliani partono verso il Nord per farsi curare, ma anche perché l’Emilia Romagna ha goduto di governi amici. Se si continuano a mantenere queste condizioni si creano la basi per disoccupazione e inefficienza. Ecco perché poi la gente va a curarsi fuori dalla propria Regione. C’è quindi uno studio scientifico della politica, che parte proprio dal periodo dei Mille di Garibaldi. Quello è stato l’inizio del disastro. La sanità del Sud è stata condizionata dai Governi di centrosinistra a favore delle Regioni del Nord. Poi ci sono anche le nostre colpe, la subordinazione verso la politica e dei nostri politici verso quelli del Nord. Siamo rimasti succubi di meccanismi partiti nel 1860”.

“Mancano le professionalità
per realizzare i progetti”

Giardina e D’Antrassi – “Credo che insieme qualcosa possiamo ottenerla. Paradossalmente, abbiamo il problema contrario a quello della sanità: i soldi ci sono ma non si spendono. Ci dicono che i distretti non hanno abbastanza personale, quindi non riescono a fare i Piani di zona così che poi la Regione possa stanziare i soldi. Gli assessori non riescono neanche a parlare con i direttori generali e i soldi rimangono in sospeso. Noi ne piangiamo le conseguenze: abbiamo 12 milioni di euro della legge n. 112, la famosa Legge del Dopo di noi, non spesi dal 2016. Rimangono in cassa alla Regione perché senza personale specialistico non si possono fare progetti avanzati. Questo è il nocciolo del problema. Con l’assessore regionale alla Salute, Ruggero Razza, ci siamo seduti più volte, ma se mancano le professionalità non si può cambiare molto. L’Università deve fare qualcosa per invertire la rotta e ampliare le specializzazioni. Mancano 5.000 medici”.

“La Pubblica amministrazione
ignora le regola del mercato”

Pitanza – “Da imprenditore vivo quotidianamente la Zona industriale di Catania e le sue condizioni degradanti per il territorio. Ho la fortuna di avere vicino imprenditori che fanno veramente bene il loro lavoro, ma ciò che noto, anche oggi e anche in altri settori, è che il pubblico non è sottostante alle regole del mercato. Non tiene conto di una logica che io da imprenditore devo sempre tenere a mente: se non pago fallisco. Probabilmente la competenza e le regole di mercato sono sconosciute e quindi il problema è più profondo di quanto appaia. Siamo pieni di soluzioni, ma a volte non abbiamo a chi proporle. Oggi la politica è sorda: io lavoro senza acqua, senza fibra per il collegamento a internet, senza strade decenti per la mobilità. La sera siamo al buio, eppure nella Zona industriale, appena 20 chilometri quadrati, si generano due miliardi di Pil regionale. Il presidente della Regione dovrebbe dormirci la notte e fare in modo che quelle aziende rimangano lì”.

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