Cina e Qatar, sviluppi incredibili - QdS

Cina e Qatar, sviluppi incredibili

Carlo Alberto Tregua

Cina e Qatar, sviluppi incredibili

giovedì 02 Giugno 2022

Capire le capacità economiche

Nel dicembre 2010 il Qatar si è aggiudicato l’organizzazione dei Mondiali di calcio, per la prima volta nella storia del mondo arabo.
Nel deserto sono nate intere città a tempo di record, come Lusail – che è più grande di Genova e Bologna messe insieme – e poi è stata costruita una rete metropolitana di settantacinque chilometri, autostrade, aeroporti, alberghi, palazzi altissimi e di nuovissima generazione. Sono stati anche costruiti otto stadi che ospiteranno le partite. Il tutto secondo un rigorosissimo cronoprogramma che ha visto le scadenze addirittura anticipate.

La cosa curiosa è che gli stadi, anche di quarantamila posti, come Al Thumama, sono al chiuso e quindi funzionano con l’aria condizionata, indipendentemente dal fatto che il tetto si possa aprire o chiudere. Ovviamente il tutto è automatizzato, per cui vi sono i sensori che comandano sia il tetto che il sistema di condizionamento.
Come vedete, quando c’è un’efficiente organizzazione, le cose funzionano. Non è mai e solo una questione di soldi, che pure ci vogliono.

Il Qatar è uno stato relativamente piccolo, grande all’incirca come l’Abruzzo, ma con un Pil pro capite tre volte superiore a quello italiano.
Gli stadi sono relativamente vicini, per cui i turisti che volessero andare a trascorrere alcune settimane in quel Paese per assistere alle partite, potrebbero tranquillamente oziare durante le giornate e poi spostarsi con i mezzi rapidissimi da uno stadio all’altro durante i ventotto giorni di manifestazione.
Quel Paese attende centinaia di migliaia di turisti da alloggiare in centotrentamila camere d’albergo.

Tutto questo è conseguenza del fatto che la famiglia regnante Al Thani già da decenni manda i propri figli e nipoti nelle migliori Università del mondo. Essi hanno seguito quello che da noi è dimenticato e cioè che la forza più importante di un popolo è la competenza, con cui si producono risorse finanziarie e quindi il benessere per tutta la popolazione. Peraltro, essa è inferiore a quella di Roma perché è intorno a 2,5 milioni di abitanti. Come prima si accennava, stanno tutti bene.
Nel Qatar non c’è democrazia, ma nessuno se ne lamenta e questo deve farci pensare se essa possa essere il miglior modo di autogestirsi, per un popolo.

Altro Paese dalla crescita impetuosa è la Cina, evidentemente con una dimensione gigantesca perché la sua popolazione è di 1,4 miliardi di persone.
Il Pil, anche nel periodo Covid, è cresciuto tre volte più di quello statunitense ed europeo e ora ha ripreso la sua marcia viaggiando fra il sette e l’otto percento l’anno. Cosicché, come è previsione di molti economisti, entro il 2030 il Pil della Cina supererà quello degli Stati Uniti, diventando il primo nel mondo.

Anche in quel Paese, governato con pugno fermo e con grande intelligenza dall’ingegnere Xi Jinping – numero uno del Partito Comunista e della Repubblica Cinese – la linea più importante che è stata seguita riguarda la formazione e l’acquisizione di competenze. I cinesi, figlioli di chi occupa tutti i vertici – sono decine e decine di migliaia – sono andati a studiare nelle migliori Università del mondo, cosicché stanno importando nel loro Paese i meccanismi delle economie avanzate.

Anche in Cina non vi è democrazia. La domanda conseguente è: se ci fosse stata la democrazia, intesa in senso occidentale, questo enorme sviluppo economico e sociale ci sarebbe stato in ogni caso? Probabilmente no.

Dal che sorge la domanda: se sia meglio vivere in uno Stato con tutti coloro che chiedono diritti e diritti, senza prima fare i propri doveri e quindi con uno sviluppo bassissimo e con una diffusa iniquità – perché la ricchezza non è uguale a tutti i livelli – oppure vivere in uno Stato ove non vi è democrazia, con un partito unico, ma con le attività economiche aperte a tutti, con una grande concorrenza interna e con una libertà di manovra assoluta.

Certo, va anche detto che in Cina non vi sono libertà politiche e neanche libertà di pensiero, perché il Governo è saldamente nelle mani del Partito Comunista e il pensiero è unico: vale a dire quello dello stesso Partito Comunista.
Il quadro che vi abbiamo appena rappresentato suggerisce ovvia meditazione.

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