I cittadini iblei fanno più fatica a risparmiare - QdS

I cittadini iblei fanno più fatica a risparmiare

redazione

I cittadini iblei fanno più fatica a risparmiare

Pierpaolo Galota  |
giovedì 20 Giugno 2024

Emerge dalla ricerca condotta dal Centro Studi delle Camere di commercio Guglielmo Tagliacarne, che fotografa la provincia ragusana come uno dei fanalini di coda del Mezzogiorno in termini di benessere

RAGUSA – I cittadini iblei sono i meno oculati d’Italia, o per meglio dire fanno più fatica a mettere da parte qualche risparmio, è quanto emerge dalla ricerca condotta dal Centro studi delle Camere di commercio Guglielmo Tagliacarne.

Si tratta della prima indagine statistica che quantifica la propensione al risparmio delle famiglie a livello provinciale. La provincia più oculata è quella di Biella. I risultati dell’indagine pubblicati a metà maggio fotografano la situazione. Non solo l’area iblea nel gradino più basso della classifica, ma anche le province di Crotone e Siracusa. In questi territori il risparmio delle famiglie è inferiore al 4,6% del reddito, meno di un terzo di quanto si riesce a fare nella migliore provincia in Italia, Biella, dove mediamente le famiglie riescono a “mettere da parte” il 15,4% del reddito.

Nel Mezzogiorno si fatica a risparmiare

Certo la foto scattata dal Centro Studi Tagliacarne mette a fuoco la situazione di difficoltà che attraversa il Mezzogiorno dove si fa fatica ad accantonare un piccolo gruzzoletto per il futuro. Certamente i fattori sono diversi a partire dalle minori entrate e il costo elevato della vita. “Tante realtà del Mezzogiorno si trovano nelle posizioni di fondo, ma occorre considerare che il reddito familiare al Sud è di circa il 32% inferiore a quello del Centro-Nord, il che si traduce anche in una necessaria maggiore propensione al consumo, in particolare di beni primari. Basti pensare che dal 2014 al 2022 l’incidenza della spesa media mensile per prodotti alimentari nel Sud è passata dal 21,7 al 23,5% sul totale degli acquisti. E questo anche in virtù di una brusca accelerazione dei prezzi di questi beni che, dopo la pandemia, sono cresciuti in misura maggiore nel Mezzogiorno rispetto al complesso del paese” ha spiegato Gaetano Fausto Esposito nel presentare i dati.

A commentare i dati anche Vera Carasi, segretaria generale dell’Ust Cisl Ragusa Siracusa, la quale si sofferma sul dato ibleo, sottolineando come nessuno si è espresso in merito a questi indicatori dove è evidente che in provincia di Ragusa si fa fatica a mettere da parte qualche euro per il futuro. Sicuramente i fattori ad incidere sul fenomeno sono diversi a partire dall’aggravio di costi dovuto all’insularità, dalle minori entrate rispetto al Nord e non va dimenticato anche che gli stipendi non sono equiparati a quelli di altre zone italiane.

“Il problema è naturalmente molto più complesso – afferma Vera Carasi -. E affonda le radici in un’assenza di strategie per la crescita economica che di fatto impedisce alla popolazione di questo territorio di programmare il futuro con la giusta oculatezza, determinando tra l’altro, così dicono i dati, una maggiore propensione al consumo, in particolare di beni primari. Ecco perché stiamo parlando di una crescita economica ancora insufficiente e non omogenea, che taglia fuori larghe fasce di popolazione, con un persistente squilibrio territoriale tra Nord e Sud e una bassa natalità. E quello che sta accadendo in provincia di Ragusa lo testimonia”. Senza dubbio quanto emerge dalla ricerca dovrebbe scuotere quanti sono chiamati a governare questo territorio visto che molte volte si è parlato della provincia di Ragusa come un volano per l’intera Isola.

Le soluzioni secondo Vera Carasi

Quale soluzione? Vera Carasi spiega che non serve a nulla avere nuove leggi dall’alto. “Per fare crescere – sottolinea Carasi – il Paese bisognerebbe costruire le condizioni di un patto tra governo e parti sociali con l’obiettivo di aumentare salari e produttività, ridurre fortemente la tassazione su lavoro e pensioni, rinnovare tutti i contratti, favorire gli investimenti pubblici e privati, velocizzare l’attuazione del Pnrr, investire molto di più su capitale umano, formazione delle nuove competenze, innovazione, sanità, scuola. Da tempo, anche per la provincia di Ragusa, proprio perché i segnali procedevano lungo la direzione che adesso l’istituto Tagliacarne ha certificato, chiediamo la stipula di un patto che sarebbe dovuto partire da un grande accordo locale sul tema salute e sicurezza, verificando quelli che avrebbero potuto essere i protocolli da attuare sulle verifiche e sui controlli, anche e soprattutto per quanto concerne la prevenzione e formazione nei luoghi di lavoro e nella scuola. La politica dovrebbe favorire responsabilmente ed unitariamente le condizioni di una rinnovata concertazione per il bene del territorio e dei più deboli. Come Cisl continueremo a fare sentire la nostra voce sapendo che l’attenzione su queste tematiche non può scemare”.

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