Legge insularità, le proposte della Regione: “Partire dal sostegno alle imprese isolane” - QdS

Legge insularità, le proposte della Regione: “Partire dal sostegno alle imprese isolane”

redazione

Legge insularità, le proposte della Regione: “Partire dal sostegno alle imprese isolane”

Roberto Greco  |
martedì 23 Aprile 2024

L’assessore Falcone audito dalla Commissione Bicamerale per il contrasto degli svantaggi delle Isole. Procede il percorso per arrivare a una norma che dia attuazione al principio inserito in Costituzione nel 2022

PALERMO – Il percorso per arrivare a una reale attuazione del principio di insularità, presente in Costituzione dal 2022 ma ad oggi ancora inattuato, prosegue attraverso le audizioni della Commissione bicamerale per il contrasto degli svantaggi isolani, presieduta da Tommaso Calderone. Nei giorni scorsi è stato audito l’assessore regionale all’Economia, Marco Falcone, che, partendo dai numeri che restituiscono un quadro di oggettiva difficoltà, si è fatto portavoce delle proposte della Sicilia.

“Siamo oggi chiamati a dare attuazione al principio d’insularità senza cadere nel piagnisteo, bensì partendo dalla realtà dei dati – ha messo in evidenza l’assessore Falcone -: ogni siciliano spende circa 1.300 euro l’anno in più in maggiori costi dovuti al solo fatto di vivere in Sicilia. In totale sono circa sette miliardi l’anno i costi per la nostra economia, come ricostruito nelle nostre analisi. Rimuovere gli svantaggi dovuti all’insularità significa garantire la coesione e l’integrità territoriale dell’Italia, della Sicilia e della Sardegna”.

Basso Pil pro capite, disoccupazione, pochi laureati e servizi meno efficienti sono solo alcuni degli elementi contenuti nel dossier che l’Ufficio parlamentare di bilancio ha trasmesso alla Commissione bicamerale per gli svantaggi derivanti dall’insularità e si cui si è basata la relazione dell’assessore Falcone.

Nei prossimi 20 anni la Sicilia rischia di perdere oltre il 12% degli abitanti

I dati Istat e della Banca d’Italia mostrano innanzitutto la distanza guardando al Pil pro-capite che in Sicilia vale il 60% della media italiana. Lo spopolamento, inoltre, viaggia a una velocità ben superiore al resto del Paese e nei prossimi vent’anni l’isola rischia di perdere oltre il 12% degli abitanti. Emerge il dato che ci sono meno laureati, un sistema economico fragile che offre pochi posti di lavoro, spesso non qualificati e nel 18% dei casi in nero. Il risultato è la grave difficoltà di quasi il 10% dei siciliani ad acquistare beni e servizi essenziali, il doppio della media italiana.

Non di secondaria importanza, come segnalato nel rapporto, è la stima elaborata che indica, se si intervenisse in modo forte per ridurre i costi di trasporto per la Sicilia, che in 7 anni il Pil regionale potrebbe aumentare quasi del 7%, ossia di 6 miliardi.

Ridurre gli svantaggi dovuti all’insularità

Anche sulla base di questi dati, dall’assessore Falcone sono arrivate in Commissione alcune proposte che mirano a ridurre gli svantaggi dovuti all’insularità “Sono quattro le nostre proposte su cui, a Roma come a Bruxelles, si può lavorare da subito – ha spiegato Falcone – a partire dagli aiuti alle imprese. Gli imprenditori di Sicilia e Sardegna patiscono maggiori difficoltà su logistica e trasporti, quindi occorre innalzare la soglia degli aiuti ‘de minimis’ (a oggi ferma a 300mila euro annui, ndr) e poter così compensare meglio gli svantaggi. Per le nostre isole d’Italia – è la proposta dell’assessore all’Economia – serve un ‘de minimis differenziato’, attingendo a maggiori aiuti pubblici. La nostra condizione di partenza è diversa e deficitaria rispetto ad altre aree geografiche”.

L’assessore Marco Falcone ha poi evidenziato altre tre proposte che potrebbero riequilibrare il rapporto finanziario Stato-Regione: “Occorre rendere strutturale, almeno fino al 2030 – ha detto l’assessore – lo stanziamento da 100 milioni annui, stabilito dal Governo nazionale, per l’attuazione della legge sull’insularità. In tema di riforma fiscale, poi, occorre recuperare gli esborsi aggiuntivi, evitando potenziali scostamenti al ribasso nelle entrate delle Regioni a statuto speciale. Ultimo punto, sempre sul piano finanziario: chiediamo di fissare la compartecipazione della Sicilia alla spesa sanitaria al 42,5%, dopo l’aumento previsto dalla legge finanziaria del 2007 che lo ha portato al 49,11%, tornando in sostanza al vecchio limite”, ha concluso Falcone.

Qualche giorno prima, nella seduta dello scorso 3 aprile, la Commissione Bilaterale ha audito Marinella Fossetti, professoressa ordinaria di tecnica delle costruzioni della facoltà di ingegneria e architettura dell’Università degli Studi di Enna “Kore”, che ha illustrato le caratteristiche essenziali di un progetto che è stato presentato in occasione del bando n. 204/2021 dell’Agenzia per la coesione territoriale.

Si tratta di un ecosistema dell’innovazione con sei centri di ricerca: un centro di ricerca nel settore dei rischi naturali, un centro di ricerca nel settore del patrimonio culturale, marino e terrestre, un centro di ricerca nel settore della biodiversità e della biologia marina; questi centri di ricerca verticali sono poi coordinati da ulteriori due centri di ricerca, uno per il trasferimento tecnologico e l’alta formazione, in quanto il progetto prevede la realizzazione di almeno tre o quattro corsi universitari e un centro di ricerca che gestirà tutti i dati che provengono dagli altri.

Si prevede così la realizzazione di uno dei più grossi data center del Meridione, che consentirà lo sviluppo sinergico multidisciplinare di tutte le attività con i concetti moderni dell’intelligenza artificiale. Per l’ubicazione di questo hub è stato reperita un’area industriale dismessa, anche in virtù della necessità di tenere in considerazione le indicazioni contenute dal bando dell’Agenzia della coesione.

Secondo la professoressa Fossetti, dunque, occorre intervenire anche con riguardo a specifici territori depressi come quello della Sicilia nord-orientale. “Ovviamente, con il progetto si potrebbe bonificare uno dei siti catalogati più pericolosi nella Regione – si legge nel resoconto dell’audizione -. Ricordiamoci che da queste azioni correttive dobbiamo partire se veramente si vuole incidere sullo sviluppo socioeconomico di un territorio marginalizzato “.

Nello specifico, la zona individuata ha la caratteristica di trovarsi prospiciente al mare e in una posizione baricentrica rispetto all’arco eoliano. Si tratta di un’area industriale che consente, con una destinazione urbanistica già idonea, la realizzazione dell’hub tecnologico sfruttando ben 60.000 metri cubi di edificato, conforme agli strumenti urbanistici vigenti. Sono state tenute in considerazione, inoltre le indicazioni dell’Agenzia per la coesione che prevede il recupero di un contesto urbano marginalizzato ed economicamente depresso e la realizzazione, attraverso la riqualificazione di un centro e di un ecosistema che vede l’attività sinergica tra i vari soggetti che sono le pubbliche amministrazioni, il terzo settore, le università, gli enti di ricerca e le imprese, in modo da poter creare ricerca e sviluppo e quindi garantire lo sviluppo socioeconomico di un territorio. Il progetto è arrivato al cinquantesimo posto della graduatoria e sarebbe il primo finanziabile in Sicilia.

Aldo Berlinguer, presidente dell’Osservatorio Insularità e aree interne dell’Eurispes

“Ridurre il divieto degli aiuti di Stato. Occorre varare un quadro organico”

Aldo Berlinguer, avvocato, professore ordinario all’Università di Cagliari specializzato in Diritto europeo, privato e commerciale, bancario e metodi alternativi di risoluzione delle controversie (Adr) e presidente dell’Osservatorio Insularità e aree interne dell’Eurispes
Aldo Berlinguer

Interviene al QdS Aldo Berlinguer, avvocato, professore ordinario all’Università di Cagliari specializzato in Diritto europeo, privato e commerciale, bancario e metodi alternativi di risoluzione delle controversie (Adr) e presidente dell’Osservatorio Insularità e aree interne dell’Eurispes.

Professore, rispetto applicazione del comma aggiuntivo all’articolo 119 della Costituzione, che prevede che “la Repubblica riconosce le peculiarità delle Isole e promuove le misure necessarie a rimuovere gli svantaggi derivanti dall’insularità”, ci sono novità o siamo in quel “mare magnum” della difficoltà di attuazione?
“Ci sono novità nel senso che, intanto, la Commissione Bicamerale sull’Insularità ha svolto diverse audizioni, compresa la mia che è avvenuta lo scorso 15 novembre, e ha dato il via alla raccolta di istanze, materiali, documenti e le diverse esigenze perché il primo problema da affrontare è capire quali siano, come dice la norma costituzionale, le peculiarità delle isole per poi rimuovere gli svantaggi derivanti. Questa norma si rivolge genericamente alle isole senza darne una definizione esatta e, peraltro, si rivolge a tutte le isole, marittime, fluviali, lagunari e lacustre ben diverse tra loro perché un conto è l’isola Tiberina o la Comacina risetto a Lampedusa”.

Quindi il problema di fondo non è ancora stato dipanato…
“No, perché è necessario fare un’introspezione culturale, geografica, morfologica e infrastrutturale per capire quali politiche varare per realtà così diverse tra loro e quali siano gli svantaggi che ne conseguono. È evidente che un conto è un’isola a cento metri dalla riva, altro è un’isola molto grande come la Sicilia, relativamente vicina al Continente e che con il compimento del progetto relativo al ponte sullo Stretto lo sarà ancor di più, o le micro isole molto lontane o le isole minori delle grandi isole, la c.d. sub insularità. La Commissione Bilaterale sta facendo un lavoro molto approfondito al termine del quale dovrà tirare le somme e fare le opportune proposte. Nel contempo, anche le diverse realtà che operano del settore, come la nostra, stanno presentando le loro proposte. Noi, come Eurispes, ci siamo occupati della parte relativa al piano del mare, in accordo con il competente ministero, e abbiamo in essere diverse iniziative con il Cnr, come quella prevista a Palermo il 18 giugno prossimo in cui presenteremo il report sulle ‘isole sostenibili’. Sarà l’occasione per fare l’analisi sulla sostenibilità ambientale delle isole che si vedono invase nel periodo estivo, decuplicando la popolazione, ma che non hanno le infrastrutture e gli strumenti necessari, compresi quelli sanitari, per far fronte alla domanda ma anche per parlare del dissesto idrogeologico, vedi il caso Ischia, un’isola in cui avviene il c.d. overtourism, ossia il sovraffollamento turistico, con un impatto antropico elevatissimo e una sfrenata richiesta abitativa che hanno generato, ce lo racconta anche la cronaca, fenomeni speculativi non controllati e che in caso di pioggia intensa si verificano crolli. Tra i soggetti molto attivi c’è anche Ancim, l’Associazione Nazionale Comuni Isole Minori, sta portando avanti la battaglia per il miglioramento delle condizioni delle isole minori e potenziarne lo sviluppo economico, sociale e culturale, secondo piani organici e programmatici in sintonia con la programmazione nazionale, regionale e comunitaria. A questo si somma la grande attenzione del Ministro Musumeci che, tra l’altro, vuole inserire nella nostra Costituzione la parole ‘mare’ che, può sembrare strano ma non è presente sulla Carta”.

Cosa manca, quindi?
“Riuscire a varare un quadro organico che faccia parlare tra loro le diverse politiche, evitando che Regioni e Governo imbocchino strade diverse e si crei invece la convergenza sugli obiettivi e sulle necessarie politiche necessarie per raggiungerli”.

Il 17 aprile scorso, l’Assessore per l’Economia della Regione Sicilia Marco Falcone, audito in Commissione Bilaterale ha lanciato alcune proposte: alzare la soglia degli aiuti per le isole creando un ‘de minimis’ differenziato, rendere strutturali i fondi per insularità, una riforma fiscale recuperare gli esborsi aggiuntivi e il ritorno a una percentuale di compartecipazione alla spesa sanitaria al 42,5%, dopo l’aumento previsto dalla legge finanziaria del 2007 che lo ha portato al 49,11%. Ritiene che queste proposte vadano nella giusta direzione?
“Senz’altro sì, si tratta di contributi concreti che la politica nazionale può mettere al servizio di esigenze sacrosante. Come dicevo prima, quest’oscillazione di domanda turistica impatta sulle strutture sanitarie con costi ed esigenze che, in buona parte, sono assicurate da strutture che, spesso, non sono del tutto in grado di soddisfare la domanda. Basta pensare al periodo di Ferragosto o ai vari momenti di picco turistico. È evidente che servono fondi aggiuntivi. Queste isole, che noi identifichiamo spesso solo come una sorta d’intrattenimento estivo, con tutte le domande che ne derivano, devono essere dotate di servizi pubblici che facciamo il paio con questa domanda a fisarmonica, con la capacità di incontrare la domanda che arriva. Non possiamo altresì dimenticare che chi genera questa domanda paga le tasse nelle regioni di provenienza pur impattando direttamente sui servizi. Un esempio, quello dei rifiuti. I diportisti, che conferiscono il sacchetto dell’immondizia nei luoghi di vacanza, in realtà non contribuiscono ai servizi che utilizzano e il loro contributo potrà essere, al massimo, legato al fatto che cenano o pranzano in un ristorante”.

E sul de minimis?
“Chiediamo, per esempio, una riduzione del divieto degli aiuti di Stato e il de minimis, una formula europea che indica che sotto una certa soglia economica, mancando il pregiudizio al mercato comune, non è considerabile un aiuto, non lo è. È chiaro che sia però necessario capire quale sia la soglia superata la quale il de minimis diventa aiuto e l’Assessore Falcone, con la sua richiesta di innalzarlo, giustamente, indica che per la Sicilia non si tratta di un aiuto ma una compensazione. Finora non abbiamo saputo dare attuazione diretta all’art. 174 del Trattato Europeo in cui si dice che le isole sono oggetto di particolare attenzione da parte dell’Unione. Questa particolare attenzione, in realtà, nessuno sa cosa significhi, può essere la compartecipazione alla spesa sanitaria, l’aumento della soglia del de minimis o il ponte stesso. Siamo anche in attesa del pronunciamento della Corte Costituzionale a seguito dell’impugnazione della legge di bilancio dello scorso anno da parte della Regione Sardegna, perché conteneva pochi stanziamenti per le isole, Sardegna e Sicilia”.

Il nodo rimane però sempre lo stesso, la definizione di “isola”…
“Sì, mancando questa definizione che tenga conto anche delle isole terresti e di quelle marittime, non è possibile definire peculiarità, obiettivi, politiche e stanziamenti per rimuovere gli svantaggi che ciascuna isola, sulla base della sua condizione, vanta. Una volta le isole erano all’interno della c.d. Questione Meridionale, e non abbiamo mai affrontato la questione insulare in sé e per sé. Le isole non sono solo nel mezzogiorno e lo dimostra la Toscana, che oggi viaggia a tre velocità: la più veloce è all’interno, le città d’arte, la seconda è quella costiera e la terza, e più lenta, è quella delle isole che sono quasi in stato di abbandono o comunque ritardo”.

Dalla Costituzione alla Bicamerale. Per ora il principio è solo su Carta

A seguito della legge costituzionale 7 novembre 2022, n. 2, relativa alla modifica all’articolo 119 della Costituzione, è stato inserito nella Carta fondamentale il “riconoscimento delle peculiarità delle Isole” e la necessità del “superamento degli svantaggi derivanti dall’insularità”. È ovvio che questa specificità tutta isolana vada intesa in un’accezione ampia, inclusiva della promozione delle specificità di carattere culturale, storico, naturalistico di tali territori. Inoltre la riduzione dei disagi derivanti dalla condizione d’insularità dipende non solo dalla posizione geografica, ma anche da altri fattori quali la demografia, l’esistenza di servizi pubblici essenziali e la disponibilità di collegamenti marittimi e aerei, condizione imprescindibile per garantire effettività alla libertà di circolazione tutelata dall’articolo 16 della Costituzione.

Il dato importante è che è stata riconoscita a livello costituzionale l’esigenza di garantire a tutti i cittadini uguali condizioni di godimento dei diritti fondamentali, così attenuando gli svantaggi derivanti dalle difficoltà di connessione, un’ulteriore e puntuale specificazione del principio di uguaglianza sostanziale sancito dall’articolo 3, secondo comma, della Costituzione, là dove si impegna la Repubblica a rimuovere gli ostacoli che limitano la libertà e l’uguaglianza dei cittadini. La disposizione, inoltre, si pone in linea con le misure europee sulla continuità territoriale che trovano fondamento nell’art. 45 della Carta di Nizza sui diritti fondamentali dell’Unione europea e nell’articolo 21, paragrafo 1, del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea, relativi alla libertà di circolazione e di soggiorno.
Per dare piena attuazione a tale disposizione è stata costituita la Commissione parlamentare per il contrasto degli svantaggi derivanti dall’insularità – istituita dall’articolo 1, commi 808-814, della legge 29 dicembre 2022 n. 197 – si è costituita per la prima volta nel corso della XIX legislatura, il 26 luglio 2023. Composta da dieci deputati e dieci senatori nominati, rispettivamente, dal Presidente del Senato della Repubblica e dal Presidente della Camera dei deputati in proporzione al numero dei componenti dei gruppi parlamentari, comunque assicurando la presenza di un rappresentante per ciascun gruppo. La legge istitutiva prevede, tra i poteri della Commissione, l’acquisizione d’informazioni, dati e documenti sui risultati delle attività svolte da pubbliche amministrazioni e da organismi che si occupano di questioni attinenti alle peculiarità e agli svantaggi derivanti dall’insularità.

Inoltre, tra i compiti della Commissione rientrano lo svolgimento di una ricognizione delle risorse finanziarie stanziate, a livello nazionale ed europeo, destinate alle isole da effettuarsi con cadenza annuale; l’individuazione dei principali settori destinatari di interventi compensativi, con particolare riferimento alla sanità, all’istruzione e all’università, ai trasporti, alla continuità territoriale, nonché all’energia; l’individuazione, entro sei mesi dalla sua costituzione, avvalendosi dell’Ufficio parlamentare di bilancio, degli indicatori economici necessari a stimare i costi degli svantaggi derivanti dall’insularità nei settori individuati; la proposta di misure e interventi idonei a compensare gli svantaggi derivanti dall’insularità, anche valutando opzioni praticabili nell’ambito delle deroghe ammesse dalla normativa europea in materia di aiuti di Stato; la segnalazione al Governo dell’eventuale esigenza di modifiche e correttivi da proporre alla normativa europea in materia di aiuti di Stato al fine di compensare gli svantaggi derivanti dall’insularità, senza alterazione del funzionamento del mercato unico europeo; la proposta di correttivi al sistema dei LEP per compensare gli svantaggi derivanti dalla condizione di insularità, anche allo scopo di contrastare lo spopolamento e di assicurare servizi sulla base delle specificità demografiche e geografiche dei territori.

Dall’insularità derivano svantaggi e il nuovo sesto comma dell’art. 119 della Carta Costituzionale è chiaro in tal senso. Ma in cosa si traduce l’impegno a promuovere misure utili a rimuovere questi svantaggi? Ad oltre un anno dalla reintroduzione del principio di insularità nella Costituzione sembra solo essersi riaperto il dibattito, mentre sono pochissime le occasioni in cui si è tentato di individuare strumenti concreti. Nel maggio 2023 è stato convertito in legge il dl 34/2023 che ha istituito un fondo, 2 milioni di euro per il 2023, volto a sostenere le imprese a forte consumo di energia elettrica presenti nelle regioni insulari. Pubblicato in Gazzetta Ufficiale solo alla fine del dicembre scorso, il decreto del Ministero delle Imprese e del Made in Italy individua i beneficiari e stabilisce modalità di utilizzo del fondo, salvo rinviare ad un successivo provvedimento l’individuazione degli schemi per la presentazione della domanda e, in ogni caso, subordina l’operatività delle disposizioni alla notifica alla Commissione Europea ed alla successiva approvazione del regime di aiuti da parte della Commissione stessa. In sostanza, potremmo dire, nulla di concreto. Nel caso specifico l’urgenza è nei fatti poiché sono beneficiarie del fondo le imprese che hanno già attivo un tavolo di crisi presso il Mimit e che, evidentemente, hanno incontrato già ulteriori difficoltà oltre a quelle derivanti dall’insularità.

Nel novembre scorso, in occasione dell’istituzione della Zona economica speciale unica per il Mezzogiorno, è stato precisato che una sezione specifica del piano strategico della Zes sia dedicata “agli investimenti e agli interventi prioritari, necessari a rimuovere, in coerenza con quanto previsto dall’articolo 119, sesto comma, della Costituzione, gli svantaggi dell’insularità, nelle regioni Sicilia e Sardegna”. Questo intervento, rispetto ai precedenti, sembra esser ancor più solo programmatico in quanto mira a redigere una relazione sugli investimenti e sugli interventi prioritari per le isole maggiori, senza declinare ulteriori aspetti maggiormente operativi.

Nessuna previsione specifica è prevista nella legge di bilancio 2024 in quanto le Regioni insulari continuano ad essere accomunate a quelle del Mezzogiorno. È il caso dell’autorizzazione di spesa, pari a 40 milioni di euro per il 2025, destinata alle istituzioni scolastiche statali del c.d. “Sud e Isole” al fine di ridurre i divari territoriali, contrastare la dispersione scolastica e l’abbandono precoce, nonché prevenire processi di emarginazione sociale.

Luci e ombre, infine, nel bilancio di previsione 2024 della Presidenza del Consiglio dei Ministri in cui per il fondo per l’insularità si conferma la dotazione di 2 milioni di euro, mentre si elimina la dotazione di 1,5 milioni di euro a favore delle isole minori. Si aumenta, invece, alimentando con 10 milioni di euro, il fondo per le aree svantaggiate confinanti con le Regioni a Statuto Speciale, fondo che, dal 2007, è rivolto unicamente alle zone attigue a Valle d’Aosta, Trentino Alto Adige e Friuli Venezia Giulia. Tutti questi interventi non sembrano sinora essere stati in grado di individuare adeguate misure di compensazione.

Più in generale appare necessario domandarsi se i fondi rappresentino la risposta migliore al problema dell’insularità. I dati sull’attuazione della politica di coesione mostrano, a livello nazionale, una pessima performance. Tra gli Stati membri Ue, l’Italia è al secondo posto in termini di risorse assegnate, oltre 64 mln di euro, ma al penultimo in termini di risorse spese, con una percentuale pari a circa il 60% del programmato contro una media europea dell’80%. Tra le Regioni, il ritardo significativo è di quelle meno sviluppate o in transizione e, quindi, di tutte le aree insulari del Mezzogiorno. Il quadro che emerge è implicante; a queste Regioni, e nello specifico a quelle insulari, probabilmente non servono solo le risorse ma anche gli strumenti per impiegarle e spenderli.

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