Claudio Villa, la morte durante il Festival di 35 anni fa - QdS

Claudio Villa, la morte durante il Festival di 35 anni fa

Antonino Lo Re

Claudio Villa, la morte durante il Festival di 35 anni fa

Valerio Barghini  |
lunedì 07 Febbraio 2022

È appena calato il sipario sulla 72esima edizione del Festival di Sanremo ma era proprio dal palco dell’Ariston, il 7 febbraio di 35 anni fa che Pippo Baudo annunciava la morte del Reuccio

“Devo dare una brutta notizia e mi sembra doveroso interrompere per un momento questo spettacolo che è fatto di festa, di gioia e di canzoni per rivolgere l’ultimo applauso a Claudio Villa”. È appena calato il sipario sulla 72esima edizione del Festival di Sanremo ma era proprio dal palco dell’Ariston, il 7 febbraio di 35 anni fa che Pippo Baudo annunciava la morte del Reuccio della canzone italiana. E mai luogo fu più azzeccato, visto che Sanremo era casa sua: tredici partecipazioni e quattro vittorie.

Il malore e la morte

Capodanno 1987, giorno del suo 61esimo compleanno. È pomeriggio e il Reuccio fa uno sforzo per spostare quello che era uno dei suoi più grandi amori, la motocicletta. Un attimo dopo, una fitta al petto. Pronti via: ambulanza e ricovero al Policlinico Gemelli. Inizialmente la diagnosi parla di “infarto”, successivamente di “angina pectoris”. A fine gennaio, la sentenza: “Occorre installare un by pass coronarico”. Trasferimento all’ospedale di Padova dove il 27 gennaio, dopo nove ore di sala operatoria, di by pass gliene mettono quattro.

Il decorso post-operatorio sembra andare per il meglio. “Tornerò, sono un leone io”. Ma quel maledetto 7 febbraio il quadro clinico precipita e il leone, fra l’incredulità collettiva, smette di ruggire. Proprio il giorno della finale di un Festival che proclamerà la vittoria di Si può dare di più del trio Enrico Ruggeri, Umberto Tozzi e Gianni Morandi, il quale, con le lacrime agli occhi, annunciava di avere perduto il suo “più caro nemico”, facendo memoria di quando, fine anni Sessanta, il cantante di Monghidoro venne catalogato proprio da Villa fra gli “urlatori”, coloro i quali, cioè, con un genere musicale all’epoca avveniristico e in piena Contestazione, erano riusciti a mettere in sordina la tradizione melodica italiana.

Il calvario di Manuela Villa

Ma quel 7 febbraio 1987 è un giorno particolare anche per un’altra ricorrenza strettamente connessa: il compleanno di colei la quale proprio in quel periodo aveva imbastito una lunga ed estenuante battaglia legale (insieme al fratello, Claudio jr.) per vedersi riconosciuto quanto le spettava d’ufficio, vedersi riconosciuto lo status di figlia naturale: Manuela Villa.

Quel giorno Manuela compiva 21 anni: “Mi trovavo al lavoro in un locale. Subito si sparse la voce della sua morte. Non volevo crederci e, sulle prime, ho pensato ad uno scherzo di cattivo gusto. Quando ho realizzato, mi è crollato il mondo addosso”. In fondo lei di essere figlia naturale del Reuccio lo aveva appreso solo pochi anni prima. Proprio a Catania (città di origine della madre e a cui ancora oggi Manuela è molto legata, ndr), la soubrette e ballerina Noemi Garofalo (scomparsa nel 2013) con cui il Reuccio intrattenne una relazione di sette anni, dalla quale nacquero appunto Manuela nel 1966 e Claudio jr. nel 1962.

“Avrò avuto 12 anni – racconta Manuela – mi trovavo in collegio, dove c’era una mia zia suora. Dopo una ragazzata, di quelle normali a quell’età, una consorella di mia zia mi disse una frase sibillina, Ringrazia Dio che sei mantenuta da quell’uomo, altrimenti staresti qui. Un’espressione che ancora oggi, a distanza di oltre quarant’anni, ho scolpita nella mente ma che, nell’immediato, destò la mia curiosità. Dopotutto, per me, la mia famiglia era mamma e papà Elio, l’uomo che mi ha cresciuta”. Finché la zia suora non le raccontò tutto. Una verità, però, che sull’istante non scalfì più di tanto le certezze di Manuela, “in fondo stavo bene. Così per qualche tempo ho deciso di mantenere il segreto”. Ma la curiosità di conoscere colui il quale le aveva dato la vita era forte.

Le battaglie legali

L’occasione arriva tre anni dopo, nei locali di Radio Lazio: “Il primo incontro è stato meraviglioso, ne conservo un ricordo bellissimo. Lui era molto emozionato. Dietro quella corazza da finto burbero, si nascondeva una persona fragile e dal cuore tenero”. Il Reuccio, però, si era risposato e aveva avuto altre due figlie. E per Manuela e Claudio, divenuti nel frattempo maggiorenni, inizia (con il supporto morale di mamma Noemi) un estenuante calvario legale, fatto di udienze, sentenze, ricorsi, controricorsi, test del Dna, conclusosi nel 2004 con il dispositivo di Cassazione che li “autorizzava” ad aggiungere il cognome del padre.

Il percorso del padre

Fin da subito c’era chi si domandava: “Ma come? Non basta sentirla cantare?”. Già, perché Manuela ha intrapreso fin da ragazza i percorsi artistici paterni. Come dimenticare, ad esempio, i duetti virtuali (“con il rammarico più grande che siano rimasti solo tali”, si cruccia ancora oggi Manuela) con il padre sulle note di Un amore così grande o Granada? Poi, Sanremo, con la Squadra Italia. Ma anche le parti canore di Pocahontas. Per arrivare, in anni recenti, alla partecipazione all’Isola dei Famosi (nel 2007), reality che le valse la vittoria. Ma anche scrittura nel curriculum di Manuela Villa con quei romanzi che “evidentemente partono da me, dal mio vissuto, dalla mia storia”. Come proprio in quel 2007 L’obbligo del silenzio o nel 2021 L’Alimentatore, un libro che sottolinea gli effetti che può provocare la mancanza di figure di riferimento.

Il singolo “Se fossi un uomo”

Una donna dal cuore d’oro, Manuela. Tanto che – ma lo diciamo noi, perché la generosità autentica non vuole mai apparire – durante il lockdown si è prodigata anche solo per dare una mano ad un anziano per la spesa al supermercato. Ma siccome chiusa in casa c’era anche lei (“e spero che tutto questo finisca presto perché chi fa il mio mestiere ha bisogno di tornare ad esibirsi, di sentire il calore della gente in un teatro o in una piazza”), non ha smesso di produrre. E ha pensato alle tante donne che, magari in quel preciso istante, stavano vivendo, in silenzio, situazioni di sopruso o di violenza da parte di uomini che mancavano loro di rispetto. Così, di getto, le parole del singolo Se fossi un uomo, “ho fatto dieci passi indietro e ho deciso non di cantarlo ma di interpretarlo”. Un video di circa 4 minuti durante i quali “io come donna elenco tutto ciò che, come dice il titolo, non farei se fossi un uomo”. Ma da Un amore così grande non poteva che nascere un cuore così grande.

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