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Clubhouse, App a stanze in cui si usa la voce, ecco come funziona

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Clubhouse, App a stanze in cui si usa la voce, ecco come funziona

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giovedì 04 Febbraio 2021

Attualmente l’app è scaricabile solo su piattaforma IOS. Prodotto social per chiacchierare e raccontare storie e idee. Già 2 milioni di utenti.

Febbraio
2020: mentre il mondo comprendeva i rischi drammatici connessi alla pandemia da
Covid 19, nasceva Alpha Exploration, la società che ha ideato Clubhouse,
l’app che sta letteralmente spopolando a livello mondiale tra gli utenti del
web.

Dopo
investimenti da oltre 10 milioni di dollari, Clubhouse ha attirato l’attenzione
del fondo di venture capital Andreessen Horowitz, tra i primi a credere
in Twitter, Facebook, Airbnb ecc. che lo scorso gennaio, improntando freschi capitali,
ha fatto schizzare la valutazione dell’app a 1 miliardo di dollari.

Scaricabile,
ma non per tutti

Gli utenti di Clubhouse, oggi, sono circa 2 milioni ma i numeri sono
destinati a crescere.
Prima di scoprire come funziona, però, bisogna ricordare che attualmente l’app
è scaricabile solo su piattaforma IOS, ed è disponibile dunque solo per dispositivi
Apple
, e non ancora per Android.

Le caratteristiche

Sul sito ufficiale, Clubhouse
viene descritto come: “Un nuovo prodotto social basato sulla voce che
permette alle persone, ovunque si trovino, di chiacchierare, raccontare
storie, sviluppare idee, approfondire amicizie e incontrare nuove persone
interessanti in tutto il mondo
”.

La chiacchiera, dunque, è il sale di Clubhouse; ma il vero unicum dell’app è che non ci si può iscrivere liberamente: infatti si può accedere solo per invito di un altro utente.
L’app non accede alla voce dell’iscritto se la sua impostazione è “in muto”.

Clubhouse è organizzato
in “stanze” nelle quali gli utenti possono scambiarsi messaggi vocali (tutti
criptati) e, una volta chiusa la stanza, questi non vengono registrati ma si
dissolvono.


Le regole e i ruoli

Come le altre app di social networking anche Clubhouse ha le sue regole.
Chi accede deve farlo con il proprio nome e verificare l’identità: ci si può
iscrivere solo dopo aver compiuto 18 anni e non sono consentiti “abusi,
bullismo e molestie nei confronti di nessuna persona o gruppo”. 

All’interno della stanza, inoltre, vi sono dei ruoli definiti: si può
essere moderatori, speaker o ascoltatori. Ai moderatori, come è facile
intuire, il compito di gestire i ritmi della conversazione, invitando gli
speaker, concedendo e togliendo loro la parola o ancora espellendo utenti dalla
stanza.

Gli altri due ruoli, va da sé, si rifanno a chi parla (speaker) e
chi ascolta (listener), con la possibilità di intervenire nella
discussione. Qualsiasi utente, indipendentemente dal proprio ruolo, può
segnalare un abuso.

Segnalazione degli abusi

Per quanto riguarda il nodo legato agli abusi, a causa dei ristretti tempi e modi d’indagine, questi risultano più efficaci se segnalati in real time (proprio perché dopo aver chiuso la stanza, come detto, gli audio vengono cancellati). Nel caso di violazioni segnalate, gli audio vengono trattenuti per la verifica.

Il problema etico, invece, riguarda le persone che frequentano la
stanza, spesso accomunate dagli stessi interessi. Di conseguenza, determinati
contenuti offensivi potrebbero avere il “tacito consenso” passando inosservati
perché approvati dal gruppo stesso.

Le sanzioni

Nel caso venissero
accertati degli abusi, la piattaforma prevede una serie di provvedimenti che
vanno dall’ammonimento alla sospensione, fino all’espulsione e alla
segnalazione alle forze dell’ordine.

L’evento

Il 31 gennaio
Elon Musk – fondatore di Space Exploration Technologies Corporation (SpaceX)
– ha discusso su Clubhouse circa le sue aziende toccando diversi temi e, cosa
più importante, ha attirato più dei 5 mila iscritti consentiti in una stanza.

Questo caso-guida
mostra una realtà digitale sempre più interessata ai contenuti talk ma in cui i
filtri dell’intermediazione si riducono all’osso, mantenendo, allo stesso
tempo, più riservatezza possibile.

E proprio le
stanze di Clubhouse potrebbero rappresentare, dunque, un crocevia tra la spiccata
privacy da un lato e le minacce digitali dall’altro, con il rischio per gli
utenti di incontrare contenuti offensivi, razzisti e sessisti.

Gioacchino Lepre

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