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L’emorragia di negozi dalla città dello Stretto, i numeri della crisi del commercio

L’emorragia di negozi dalla città dello Stretto, i numeri della crisi del commercio
Negozi chiusi e crisi commercio -foto Imagoeconomica

Boom di chiusure e tessuto economico sempre più facile: ecco cosa dicono i dati Istat sulla salute economica messinese.

Meno 355 e meno 132. Sono i numeri che fotografano lo stato di salute del commercio nella provincia di Messina e in riva allo Stretto. Una situazione a dir poco allarmante, come fotografano gli ultimi dati elaborati dalla Camera di Commercio peloritana.

Nel capoluogo, il bilancio tra aperture e chiusure di attività commerciali registra un preoccupante saldo negativo di 132; peggio in provincia, dove si arriva a toccare quota -355. Numeri che riflettono una crisi profonda, nonostante un leggero aumento nel numero degli addetti al settore: 11.653 nel comune di Messina e 31.943 in tutta la provincia. Dati che, se ce ne fosse bisogno, confermano il ruolo trainante che il commercio continua a svolgere per l’economia locale.

Commercio a Messina e provincia, boom di chiusure e fragilità

A Messina, le nuove iscrizioni di attività commerciali ammontano a 82, mentre le cessazioni sono ben 214. In provincia, il divario è ancora più marcato: 219 nuove aperture contro 576 chiusure. Si tratta di un fenomeno che solleva molte domande e che richiede un’analisi più approfondita. Cosa sta mancando per garantire la sopravvivenza di queste attività? Quali sono le cause principali di questo tracollo?

Tra i fattori che pesano sul settore, la concorrenza delle vendite online, la presenza di ipermercati e centri commerciali – per quanto, in proporzione, la città dello Stretto neppure si avvicini ai numeri dei “mall” di Catania – e l’espansione di negozi di merce a basso costo, spesso di provenienza asiatica. Quest’ultimi hanno ormai invaso le vie un tempo definite del “salotto buono”. Di buono, ad oggi, non ci sono più né le vie né i salotti.

Il resto è annoverato nella sfilza di franchising che resistono strenuamente – molti sono gestiti da società catanesi – e ristorazione di ogni genere. Concetto, quest’ultimo, che incarna alla perfezione lo stereotipo del “Foodification” in atto, tema del quale abbiamo parlato in una recente inchiesta del QdS.

L’insieme di questi elementi sta stravolgendo le dinamiche tradizionali del commercio ante litteram, mettendo in difficoltà soprattutto i piccoli negozi e le attività situate nei centri storici, da sempre il cuore pulsante del tessuto economico locale. Quelle attività tramandate di generazione in generazione e che, nel centro di Messina, hanno abdicato a un generale rinnovamento e alla digitalizzazione.

Centri storici in crisi

Non si spiega diversamente la serrata generale che contraddistingue via Primo Settembre, proprio a pochi passi dal Duomo. Qui cibo di ogni genere, produzione e – soprattutto – nazionalità campeggia notte e giorno, insieme agli schiamazzi degli studenti universitari che animano le serate dei fine settimana: unico momento nel quale si torna a respirare vita e gioventù anche in quelle centralissime latitudini. La qualità non fa molta differenza: se c’è, meglio; ma sembra andar bene un po’ di tutto.

A soffrire maggiormente restano i negozi di abbigliamento, di articoli da regalo ed elettrodomestici situati nel centro di Messina. Le vie principali, un tempo animate da vetrine scintillanti e da un costante afflusso di clienti, oggi presentano un panorama desolante: serrande abbassate e locali vuoti. Il motivo non risiede solo nella scarsa affluenza dei cittadini, che prediligono la comodità di internet a prezzi maggiorati e parcheggi difficili da trovare.

Il motivo è spesso correlato con il costo di locazione di quelle attività commerciali. Qui, dati Immobiliare.it alla mano, il costo degli affitti per una modesta bottega di appena 37mq, è di 1.000 euro al mese. Nella stessa zona, a qualche centinaio di metri di distanza, il costo arriva addirittura a 4.000 euro al mese per un totale di 170mq.

Sul viale San Martino, un tempo rinomata via dello shopping che l’amministrazione Basile sta tentando di riportare al suo antico splendore con una serie di iniziative tra cui l’isola pedonale permanente, la base di partenza è di 1900 euro mensili. E per un’area neppure così in vista nel complesso dell’arteria.

La crisi del commercio è tracciata in maniera più evidente se si considera il contrasto con il flusso turistico che attraversa la città: Messina, infatti, è frequentata ogni anno da migliaia di visitatori, soprattutto provenienti da quel crocierismo che ha permesso di vivere un vero e proprio boom tanto qui quanto a Palermo.

Il loro passaggio, nonostante la “navetta shopping” adibita dall’Atm per incentivare il flusso di crocieristi da spingere verso le vie del centro, sembra non bastare a sostenere l’economia locale. Eppure il 2023, ultimo dato al momento disponibile in termini di analisi generale del fenomeno, è stato un anno da record per il crocierismo in Sicilia. Questo grazie alla spinta di Palermo (939mila passeggeri), Messina (525mila) e Catania (236mila).

Commercio a Messina VS numeri e tendenze nazionali

Il contesto locale si inserisce in un quadro nazionale altrettanto preoccupante sul fronte del Commercio. Secondo i dati Istat di novembre, le vendite al dettaglio in Italia sono calate dello 0,4% in valore e dello 0,6% in volume rispetto al mese precedente. Su base annua, si registra un aumento dell’1,1% in valore, ma una diminuzione dello 0,2% in volume. Aumentano i costi al dettaglio, mentre il numero dei disoccupati continua a salire.

Come detto, le difficoltà del commercio tradizionale non possono essere attribuite a un solo fattore. La concorrenza del commercio online, sempre più aggressivo grazie a sconti massicci e a un assortimento di prodotti vastissimo, ha profondamente cambiato le abitudini dei consumatori. A questo si aggiungono le pressioni esercitate dai grandi centri commerciali e dai negozi di merce a basso costo, che attraggono i clienti con prezzi difficilmente sostenibili per le piccole attività locali, soprattutto nell’ambito dell’artigianato.

Una città da ripensare

La crisi del commercio a Messina solleva interrogativi sul futuro economico di una città già costretta a una costante emorragia di abitanti: dal 1981, secondo i dati Istat, il capoluogo conta un passivo superiore alle 40.000 unità. Oltre un sesto degli abitanti della città sono scomparsi, nel saldo nascite, trasferimenti in provincia o al di fuori dell’Isola.

Centrale resta dunque la necessità di trovare strategie mirate per rilanciare il settore. Potenziare il turismo, incentivare l’innovazione tecnologica per i piccoli commercianti e creare sinergie tra le realtà locali potrebbero essere alcune delle soluzioni per invertire la rotta. Fondamentale resta il dialogo tra istituzioni, associazioni di categoria e gli imprenditori che hanno scelto di credere e investire nel territorio.

I numeri parlano chiaro: le chiusure superano di gran lunga le aperture, mentre i lavoratori si trovano sempre più spesso a fronteggiare l’incertezza occupazionale. Con un futuro alle porte che, stante lo sviluppo infrastrutturale al quale sta andando incontro la città e a quello al quale potrebbe andare incontro con il progetto del ponte sullo Stretto.