Novità nell’ambito delle indagini su Matteo Messina Denaro: il giudice per l’udienza preliminare del Tribunale di Palermo, Paolo Magro, ha disposto la confisca dell’ultimo covo del boss.
Si tratta dell’appartamento in cui viveva il boss prima dell’arresto seguito al blitz dei carabinieri alla clinica “La Maddalena” di Palermo.
Il gup di Palermo ha disposto la confisca del covo di via Cb31 o vicolo San Vito, a Campobello di Mazara. Quello stesso covo scoperto subito dopo la cattura del boss di Castelvetrano e che custodiva alcuni dei segreti più intimi del mafioso: pizzini, quadri, film preferiti, poster de “Il Padrino” e perfino armi e documenti fondamentali per le indagini.
Pare che il covo fosse stato acquistato dal geometra Andrea Bonafede – prestanome del boss e recentemente condannato a 14 anni – con soldi di Messina Denaro in contanti. Il giudice competente lo ha quindi ritenuto “provento di reato” di associazione mafiosa.
Gli inquirenti lavorano per scoprire i segreti della lunga latitanza di Messina Denaro, nonostante il boss sia morto. Cercano soprattutto le “talpe”, quei familiari ma anche quei professionisti “insospettabili” che hanno contribuito a far vivere l’allora latitante “come un fantasma“. A tal proposito, il procuratore Maurizio De Lucia – in un’intervista per Adnkronos a cura di Elvira Terranova – ha dichiarato: “Quelli che proteggevano Messina Denaro 30 anni fa non sono quelli che lo hanno protetto fino al giorno della sua cattura, o quasi”.
In più, per De Lucia “è chiaro che ci sono pezzi dello Stato che lo hanno aiutato, come fu per Bernardo Provenzano”.
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