Congedi parentali ai papà? Meglio di no e a pagare sono sempre le donne - QdS

Congedi parentali ai papà? Meglio di no e a pagare sono sempre le donne

redazione

Congedi parentali ai papà? Meglio di no e a pagare sono sempre le donne

sabato 21 Maggio 2022

Dopo la nascita di un figlio perdono lavoro 5 volte più degli uomini

La cura dei figli in Italia pesa ancora in misura maggiore sulle madri. Stereotipi di genere derivati da una cultura fortemente patriarcale limitano drasticamente l’adozione di pratiche più eque di condivisione della cura. Il risultato? Pochi padri usufruiscono dei congedi parentali e di paternità e le madri continuano a pagare, in termini di ridimensionamento della carriera lavorativa, indipendenza economica ed empowerment.

Un’indagine per indagare sull’uso dei congedi parentali

È quanto emerge dall’indagine “Papà, non mammo. Riformare i congedi di paternità e parentali per una cultura della condivisione della cura”, commissionata a Ipsos da WeWorld – organizzazione italiana indipendente impegnata da 50 anni a garantire i diritti di donne, bambine e bambini in 25 Paesi.
Obiettivo della ricerca indagare l’uso, o il mancato uso dei congedi di paternità e parentali, per elaborare nuove politiche che rispondano ai bisogni di padri e madri, promuovendo l’empowerment femminile e una più equa condivisione della cura.

Scarsa consapevolezza della normativa

Dall’indagine emerge in prima battuta una scarsa consapevolezza sulla normativa vigente: solo 1 genitore su 5 sa che attualmente il congedo di paternità ha una durata di 10 giorni, e solo 1 genitore su 4 sa che i congedi parentali sono retribuiti al 30%.

Sono principalmente le donne a fare uso dei congedi parentali

Ancora oggi sono principalmente le donne a fare uso dei congedi genitoriali e questo porta conseguenze significative in termini di partecipazione al mondo del lavoro: secondo l’indagine, in Italia la quota di donne che hanno lasciato il lavoro dopo la nascita dei figli e delle figlie è 5 volte superiore rispetto a quella degli uomini: 25% contro 5%. Il 12% delle donne (18% tra le occupate), contro il 7% degli uomini, ha deciso di passare al part-time definitivamente. Da notare, infine, che la quota di donne che dall’arrivo dei figli/e non hanno mai iniziato a lavorare è 3 volte superiore a quella degli uomini (15% contro 5%).

Per quanto riguarda l’uso dei congedi, 1 padre su 2 (53%) sostiene di aver usufruito almeno una volta nella vita del congedo di paternità. Tale quota sale sensibilmente tra i genitori più giovani: tra i 18-44 anni è circa il 60%. Guardando al congedo parentale, che è facoltativo e utilizzabile da entrambi i genitori, emerge che quando a lavorare sono sia padre che madre, le madri lo utilizzano in misura maggiore o esclusiva in 6 casi su 10, mentre i padri in poco più di 1 caso su 10.

Risultati incoraggianti vengono dai padri più giovani

Un risultato incoraggiante viene dai padri più giovani (18-34) che in 6 casi su 10 ne fanno ricorso. Guardando alle motivazioni per il mancato utilizzo del congedo di paternità, le risposte di padri e madri sono diverse. Il 36% dei padri non ha usufruito del congedo perché la madre al momento non lavorava. Per le donne lavoratrici, la motivazione principale (31%) per cui i partner non hanno usufruito del congedo di paternità è che non volessero prenderlo, motivazione presente anche tra i padri: 1 su 5 dichiara di non averlo voluto prendere, quota che sale a 1 su 4 tra i padri lavoratori.

Per il padre troppo complicato assentarsi dal lavoro

Tra le motivazioni al principale utilizzo del congedo parentale da parte della madre, la prima (29%) è dettata dal fatto che per il padre fosse troppo complicato assentarsi dal lavoro. Le ragioni economiche spingono le coppie a scegliere un congedo parentale più lungo per la madre: poiché il congedo parentale viene retribuito al 30% dello stipendio, l’impiego più “sacrificabile” risulta quello delle donne, che tendenzialmente percepiscono salari più bassi rispetto agli uomini.

Ma cosa pensano madri e padri dell’attuale normativa?

Gli intervistati concordano su due punti: i congedi sono troppo brevi e troppo poco retribuiti. Il 64% dei padri vorrebbe un congedo di paternità di almeno 2 mesi, e il 37% di almeno 4 mesi, contro gli attuali 10 giorni. Tra le madri il 73% vorrebbe un congedo di paternità di almeno 2 mesi, il 54% indica almeno 4 mesi come durata ideale e il 41% almeno 6 mesi.

La strada per una più equa condivisione della cura, però, è ancora lunga, sottolinea il rapporto di WeWorld. La pandemia ha acuito alcune problematiche strutturali, ribadendo la necessità di introdurre una serie di strumenti di welfare, ma anche di ripensare modelli di sviluppo economico che non consentono un adeguato bilanciamento tra vita privata e lavorativa.

Le proposte di Weworld prevedono di “estendere la durata del congedo obbligatorio di paternità da 10 giorni a 3 mesi; introdurre un congedo parentale specifico e riservato alla madre e uno riservato al padre della durata di 6 mesi da considerarsi diritto individuale e, quindi, non trasferibile da un genitore all’altro; estendere i congedi a tutte le categorie di madri lavoratrici e padri lavoratori (inclusi i dipendenti pubblici), prevedendo l’introduzione di soluzioni alternative (come i sussidi) per lavoratori e lavoratrici autonome e liberi professionisti”.

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