Consumo di suolo lungo i fiumi, un grande rischio per il territorio - QdS

Consumo di suolo lungo i fiumi, un grande rischio per il territorio

Rosario Battiato

Consumo di suolo lungo i fiumi, un grande rischio per il territorio

venerdì 22 Novembre 2019

Gli ambientalisti chiedono una vera riforma strutturale e non un approccio tematico. Studio del WWF: la Sicilia è una delle regioni più colpite del Mezzogiorno

PALERMO – I numeri del cemento fanno sempre paura, soprattutto se accostati al consumo di suolo nelle aree a vincolo urbanistico, come i corsi d’acqua, che di fatto, se non adeguatamente protetti dalle aggressioni, costituiscono potenziali pericoli per le città e per gli abitanti.

L’allarme è stato lanciato dal WWF che nei giorni scorsi ha presentato uno studio sulle forme di urbanizzazione nei pressi dei fiumi.

UN PERICOLO MOLTIPLICATO
In mezzo secolo negli ambiti fluviali di tutta Italia si è consumato suolo per circa 2 mila kmq, circa 310 mila campi da calcio. La copertura del suolo, che comprende la cementificazione e anche gli sbarramenti lungo i fiumi che spesso sono stati una “finta soluzione di sicurezza”, ha moltiplicato il rischio e quindi aperto le porte al dissesto. E le tragedie degli ultimi anni lo confermano.

FIUMI ABBANDONATI
Lo stato di conservazione dei fiumi di fatto costituisce una “cartina tornasole della piaga del nostro territorio”, spiegano dal WWF, perché tantissimi comuni si sono sviluppati in maniera del tutto autonoma e incuranti del contesto territoriale, esponendo i cittadini a rischi incalcolabili. L’assenza di strumenti di gestione del territorio e la crescita indiscriminata dell’abusivismo, soprattutto al Sud, sono stati i grimaldelli che hanno forzato tutte le resistenze, rendendo di fatto anche le aree a vincolo dei punti friabili all’accesso del cemento.

I DATI DELL’ISPRA
A confermare l’aggressione del cemento nei confronti dei fiumi, ci sono gli ultimi dati del rapporto sul consumo di suolo realizzato dal Sistema nazionale per la protezione dell’Ambiente dell’Ispra. Secondo il centro studi del ministero dell’Ambiente, il consumo di suolo nelle aree a vincolo per coste, laghi e fiumi, vale 356.193 ettari pari circa all’8% della sua estensione, una percentuale lievemente più elevata rispetto al dato ricondotto all’intero territorio nazionale (7,6%). In Sicilia, dove incide particolarmente la porzione relativa alle aree costiere, il dato scivola al 6,48%, con un incremento (2017-2018) che vale 33 ettari, il secondo più elevato del Meridione.

LA RICERCA DEL WWF
Andando nel dettaglio, secondo quanto rilevato dal WWF in relazione al periodo che va dal 1950 al 2000, la Sicilia ha convertito ad uso urbano circa 70 kmq negli ambiti fluviali, ben poco rispetto a quanto registrato altrove: “la Lombardia e il Piemonte hanno convertito ad uso urbano, contribuendo in pari misura, circa 500 kmq di suolo vicino ai fiumi, mentre la Toscana, l’Emilia Romagna e il Veneto, insieme, si attestano su circa 620 kmq. Per il centro-sud il Lazio ha avuto un consumo paragonabile alle regioni del nord con 150 Kmq”. La Sicilia resta comunque una delle regine del Mezzogiorno, battuta alla Calabria (84,54 ettari).

L’ALLARME
A confermare tutti i rischi, soprattutto in fase di prevenzione, è stato il WWF: “nella prima parte di questo secolo le regioni confermano una preoccupante inerzia rispetto ai tentativi di arresto delle modificazioni in prossimità dei corsi d’acqua”. La riduzione dell’ultimo decennio non ferma comunque l’avanzata – “il fenomeno non si arresta”, dicono gli esperti – e quindi “non è più sufficiente un approccio tematico al problema (ambientale, paesaggistico, culturale) ma è necessaria una vera riforma strutturale, così come è necessario riprogrammare la spesa pubblica verso forme di controllo degli strumenti di pianificazione e non solo su puntuali azioni di opere di difesa o compensazione ambientale”.

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