Passeggeri che lasciano porti e aeroporti senza essere controllati, scali che devono ancora essere attrezzati e che non saranno pronti prima della prossima settimana, governatori che firmano provvedimenti in contrasto con quelli del governo.
Il consueto caos all’italiana ha seguito l’ordinanza del ministro della Salute Roberto Speranza prevede tamponi obbligatori per chiunque entri in Italia da Spagna, Grecia, Malta e Croazia (o, in alternativa, un test sierologico negativo fatto non più di 72 ore prima dell’ingresso nel nostro Paese).
La Sicilia aveva anticipato il provvedimento con un’ordinanza del governatore Nello Musumeci (dall’elenco mancava solo la Croazia) e adesso molte regioni si stanno adeguando con propri provvedimenti alle disposizioni ministeriali: lo hanno fatto la Liguria, la Sardegna, il Veneto, il Piemonte, il Lazio dove sono attivi 16 drive-in nei quali chi rientra dai quattro paesi deve recarsi per eseguire i test.
La solita Lombardia ha detto, invece, no alla quarantena.
“Nelle ore precedenti l’effettuazione del tampone e in attesa del suo esito – ha scritto su Facebook il presidente della regione Attilio Fontana, della Lega Nord, rivolto a chi rientra dai quattro paesi – mantenete il distanziamento e utilizzate la mascherina sia all’aperto sia in presenza dei vostri amici e conoscenti”.
Secondo la Fiavet, la federazione degli agenti di viaggio, ci sono almeno diecimila italiani che in questo momento si trovano tra Spagna, Croazia, Grecia e Malta. E per i primi che sono rientrati non è scattato alcun test.
Non li hanno fatti a Malpensa dove, anzi, non li faranno proprio.
“Non si possono fare – spiegano dall’Usmaf, il locale Ufficio di sanità marittima, aerea e di frontiera – perché a Malpensa c’è un posto di pronto soccorso e non un ospedale per la diagnostica. Una situazione estendibile a tutta Italia”, poiché “non ci sono aeroporti dove si possano fare accertamenti con tamponi, a meno di piccolissimi scali con cento passeggeri al giorno, non certo i seimila previsti nel periodo di Ferragosto tra Malpensa e Linate”.
E infatti sui passeggeri non sono stati fatti controlli.
“All’imbarco in Grecia – hanno riferito i componenti di una famiglia di ritorno da Rodi appena sbarcata a Malpensa – si parlava di queste nuove misure” ma “una volta atterrati non abbiamo visto nulla, quindi andiamo a casa tranquilli”.
Più o meno stessa situazione a Fiumicino, dove ci si è limitati a informare i passeggeri dell’obbligo di segnalare alla Asl il rientro e fare il tampone entro 48 ore.
Negli altri scali, a Bologna ad esempio, in Sardegna o a Perugia e negli aeroporti pugliesi ci si sta ancora attrezzando mentre a Lamezia Terme non è stata prevista alcuna postazione per i test.
E non è andata diversamente nei porti. Ad Ancona, dove arrivano la maggior parte dei traghetti dalla Croazia e parte di quelli dalla Grecia, non è stato fatto neanche un tampone: impensabile logisticamente, ha spiegato il presidente dell’autorità portuale Rodolfo Giampieri, eseguire i test senza provocare degli assembramenti.
Ai passeggeri in entrata – cinquecento persone dalla Grecia e 230 dalla Croazia – è stato dunque solo spiegata la procedura da seguire: tornare tranquillamente a casa e comunicare entro 48 ore il rientro in Italia per fare il tampone. Non proprio quello che è scritto nell’ordinanza.
Anche in Emilia Romagna niente obbligo di isolamento fiduciario in attesa dell’esito del tampone come invece previsto esplicitamente dall’ordinanza della Salute.
“Abbiamo convenuto con il Ministero – ha detto l’assessore alla Sanità Raffaele Donini – per quanto ci riguarda, i test che verranno fatti all’arrivo dai Paesi citati nell’ordinanza del ministro sono da considerarsi come una indagine epidemiologica. Per questo, non si prevede l’isolamento fiduciario della persona né per quanto riguarda il periodo di attesa per essere sottoposto a tampone, né per quanto riguarda l’attesa di ricevere l’esito del test. Resta confermato l’obbligo di informare le autorità sanitarie dell’arrivo da quei Paesi, per essere poi sottoposti al test”.

