Coronavirus, i big del web sempre più ricchi e tirchi - QdS

Coronavirus, i big del web sempre più ricchi e tirchi

redazione web

Coronavirus, i big del web sempre più ricchi e tirchi

sabato 16 Maggio 2020

Secondo un calcolo del Centro studi del Cgia di Mestre con l'e-commerce hanno guadagnato moltissimo ma pagano seicento volte meno delle Pmi e danno lavoro soltanto a diecimila addetti contro i dieci milioni delle piccole imprese italiane

Seicento volte meno che dalle piccole e medie imprese. Il calcolo del Centro studi di Mestre è stato effettuato sulle controllate in Italia appartenenti a una quindicina di big tech, che peraltro danno lavoro ad appena diecimila addetti

In tempi di difficoltà economiche la Cgia alza il tiro contro le multinazionali del web, le uniche non toccate dalla crisi innescata dal coronavirus e che in Italia “producono fatturati milionari”.

A fronte di questi fatturati, però, le cosiddette big tech versano al nostro erario “pochissime imposte”.

Nel 2018, per esempio, l’aggregato “delle controllate in Italia appartenenti a una quindicina circa di big tecnologici ha fatturato 2,4 miliardi di euro” (ossia lo 0,3 per cento del totale WebSoft mondiale).

Gli addetti che lavorano nel nostro Paese sono quasi diecimila e al fisco italiano questi colossi dell’hi-tech versano soltanto briciole: 64 milioni di euro, sottolinea la Cgia.

Nello stesso anno, invece, le nostre micro e piccole imprese, con meno di cinque milioni di fatturato, hanno generato un volume di affari di 926,7 miliardi, dando lavoro a più di dieci milioni di addetti.

Il contributo fiscale giunto all’erario da queste piccole realtà è stato di quasi 39,5 miliardi di euro: un importo di seicento volte superiore al gettito versato dalle multinazionali del web.

Per il coordinatore dell’Ufficio studi Paolo Zabeo “ormai è diventata una questione di giustizia sociale”.

“Grazie al boom dell’ e-commerce – ha spiegato – in questi due mesi di lockdown le multinazionali del web presenti in Italia hanno aumentato i ricavi in misura esponenziale, mentre la grandissima parte delle piccole imprese è stata costretta a chiudere l’attività per decreto”.

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