Coronavirus, "Stop ai vaccini e cure interrotte, il prezzo pagato dai bimbi" - QdS

Coronavirus, “Stop ai vaccini e cure interrotte, il prezzo pagato dai bimbi”

redazione

Coronavirus, “Stop ai vaccini e cure interrotte, il prezzo pagato dai bimbi”

venerdì 27 Novembre 2020

Lo denunciano i pediatri italiani. Corsello (Sip): "Il costo più alto per i più fragili, il 40% ha interrotto i controlli". Una famiglia su tre ha gestito emergenze in proprio. Lo rivela un'indagine condotta da SimgePed, Uniamo e Associazioni amiche di Telethon

Vaccinazioni rinviate, fuga dai pronto soccorso anche in situazioni gravi, ritardo diagnostico per patologie in cui il tempo è prezioso, terapie interrotte in bambini fragili e aumento delle diseguaglianze. Sono gli effetti indiretti della pandemia da Sars Cov-2 sulla salute e sul benessere generale dei bambini e degli adolescenti a cui si aggiungono, ma non da ultimi, i rischi psicologici e i deficit formativi legati all’isolamento e alla chiusura delle scuole. Uno scenario sul quale si confrontano i pediatri italiani al Congresso straordinario digitale della Società italiana di pediatria, ‘La Pediatria italiana e la pandemia da Sars-cov-2″, che si apre oggi ed è in programma sino al 28 novembre.

La paura di frequentare luoghi sanitari considerati a rischio di contagio, soprattutto nella prima ondata della pandemia, l’impatto improvviso e violento del virus su un sistema sanitario non preparato a questa emergenza e la conseguente necessità di dirottare il personale medico nei reparti Covid-19 sono all’origine dei danni indiretti arrecati dalla pandemia su tutto il sistema della prevenzione in età pediatrica. “A farne le spese sono soprattutto i bambini più fragili – spiega Giovanni Corsello past-president Sip nella conferenza di presentazione – ovvero quel milione con patologie croniche complesse, che durante le fasi più acute della pandemia si sono trovati nella impossibilità di seguire i controlli previsti, di raggiungere i centri ospedalieri e spesso anche gli ambulatori dei pediatri di famiglia, con conseguenze negative sia sul piano clinico sia psicologico”. I bambini fragili pagano più volte la pandemia, ha ricordato il pediatra, “perché hanno anche maggiori rischi legati ad un’eventuale infezione da coronavirus”.

Secondo un’indagine condotta da SimgePed, Uniamo e Associazioni amiche di Telethon, circa il 40% dei bambini ‘fragili’ ha interrotto i controlli spesso su indicazione stessa dei centri di riferimento. Controlli in molti casi decisivi per evitare complicanze della patologia. Circa una famiglia su tre di fronte a un evento critico acuto del bambino (come una crisi epilettica) ha deciso di non accedere a un servizio di Emergenza, ma di gestirlo in proprio, certamente con molti rischi.

A livello complessivo, secondo stime Simeup (Società italiana di medicina emergenza urgenza pediatrica), durante la pandemia il calo medio dell’utenza pediatrica nei pronto soccorso è stato del 40%, con punte dell’80% in alcuni territori. Il minor accesso ai servizi sanitari ha influito sul ritardo diagnostico anche per patologie in cui la tempestività della diagnosi può essere decisiva per evitare complicanze anche fatali. “Il caso più eclatante è quello dei bambini con diabete 1 per i quali una diagnosi tardiva significa correre il rischio della chetoacidosi, condizione potenzialmente fatale, e del coma”, aggiunge Corsello.

Secondo la Siedp (Società italiana endocrinologia e diabetologia pediatrica), il numero di chetoacidosi gravi riscontrate all’esordio del diabete è passato dal 36% del totale nel periodo pre Covid al 44% durante il lockdown: quasi in un caso su due, quindi, l’accesso del paziente al pronto soccorso è stato tardivo, esponendolo a un rischio molto elevato. E ancora, Aieop (Associazione italiana di ematologia oncologia pediatrica) fa sapere che nel periodo marzo-maggio 2020 a causa del Covid-19 le diagnosi di tumore pediatrico si sono ridotte rispetto allo stesso periodo dello scorso anno.

L’appello: “Riaprire subito le scuole, rischio crisi sociale ed educativa”
“è urgente l’apertura delle scuole per evitare che alla crisi sanitaria ed economica se ne aggiunga una educativa e sociale dalle conseguenze pesanti per tutti i bambini. Lo Stato può intervenire, sulla parte economica, con ristori, ma non può sostituire i benefici portati dalla frequenza scolastica. Un bambino di 6 anni non avrà più 6 anni e ciò che perde in questi mesi lo avrà perso per sempre. è importante valutare, in modo razionale, i costi benefici. E sappiamo con certezza che non usufruire di una scuola ‘in presenza’ crea danni”. è l’accorato appello di Rino Agostiniani, vicepresidente della Società italiana di pediatria (Sip).

La scuola è uno dei luoghi più sicuri: ci sono le regole e chi le fa rispettare”, sottolinea Agostiniani ricordando che “non mancano i problemi come il trasporto pubblico e il tracciamento, ma è su questi elementi in cui si deve agire”. Le infezioni da Sars-Cov-2, ricorda ancora Agostiniani nel corso della conferenza stampa di presentazione del congresso Sip, “sono più basse nei bambini rispetto agli adulti e sembrano seguire la situazione piuttosto che guidarla. è più facile che sia un adulto ad infettare un bambino che viceversa. Secondo gli ultimi dati del ministero dell’Istruzione, diffusi il 15 ottobre, gli studenti contagiati erano 5.793, lo 0,08% del totale, i docenti 1.020,cioè lo 0,1%, e il restante personale scolastico 283, cioè lo 0,14%, a testimonianza che le scuole sono luoghi sicuri”, conclude Agostiniani sottolineando che, a fronte della forte denatalità del nostro Paese che pesa sul futuro, “disinvestire sull’infanzia è un grave errore”.

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