Coronavirus, Pa, in Sicilia smart working solo... per metà - QdS

Coronavirus, Pa, in Sicilia smart working solo… per metà

Luigi Solarino

Coronavirus, Pa, in Sicilia smart working solo… per metà

sabato 04 Aprile 2020

Secondo i dati del Dipartimento Funzione pubblica, aggiornati al 31 marzo, l’Isola arriva al 60% e si colloca sotto la media Italia (68,5%). In Abruzzo raggiunta la copertura totale (100%). Bene anche Lazio (96,6%) e Lombardia (88,7%)

PALERMO – Ancora una volta la Sicilia si conferma fanalino d’Italia: accade anche al tempo del Coronavirus. Infatti, secondo i dati diffusi dal dipartimento della Funzione pubblica e aggiornati al 31 marzo, nell’Isola poco più di un lavoratore su due impiegato nella pubblica amministrazione svolge la propria attività in smart working. Più nel dettaglio, ha la possibilità di fruire del lavoro agile esattamente il 60% dei lavoratori, una percentuale ben inferiore rispetto a quella mediamente registrata a livello nazionale (la media delle percentuali disponibili è pari al 68,5%; mancano all’appello i dati di Toscana, Campania e Provincia autonoma di Trento).

Poche altre realtà territoriali sono riuscite a fare peggio di noi e tra queste troviamo anche due regioni meridionali: in particolare, si tratta di Basilicata (48,5%) e della cenerentola d’Italia per eccellenza, ovvero la Puglia (in questa regione accedono allo smart working appena due lavoratori su cinque, più precisamente il 41,5%). A sorpresa, a fare peggio della Sicilia troviamo anche tre realtà settentrionali: infatti, faticano ancora ad adeguarsi e a mettere in atto la norma del decreto “Cura Italia” (decreto Legge 18/2020) le pubbliche amministrazioni di Veneto (51,9%), Valle d’Aosta (54,3%) e Friuli Venezia Giulia (55,7%).

Ad ogni modo, non bisogna fare di tutta l’erba un fascio e assimilare a Mezzogiorno il concetto di arretratezza ed inefficienza: a dimostrarlo sono proprio i dati relativi ai dipendenti della pubblica amministrazione abruzzese che hanno la possibilità di lavorare da casa, regione in cui si è riusciti rapidamente a raggiungere una copertura totale (100%).

Quasi la stessa cosa è accaduta anche nel Lazio, regione in cui la copertura totale è prossima a verificarsi (96,6%). In generale, buoni risultati sono stati totalizzati anche dalla Lombardia (88,7%), Marche (83,5%) ed Emilia Romagna (78,8%). In Sardegna, oltre a rilevare la buona rispondenza all’adeguamento (al 31 marzo, ben il 78,7% dei lavoratori ha avuto la possibilità di lavorare in smart working), bisogna anche evidenziare la velocità messa in atto nell’accogliere le sfide imposte dall’emergenza sanitaria: basti pensare che nell’Isola al 25 marzo aveva la possibilità di svolgere lavoro agile solo il 21,3% dei lavoratori impiegati nella pubblica amministrazione. In crescita rispetto al monitoraggio precedente, risalente allo scorso 25 marzo, appare anche il Piemonte (passato da una copertura del 57,9% ad una del 68,2%).

Ad ogni modo, come anche dichiarato dal dipartimento della Funzione pubblica, questi dati sono da leggere con la consapevolezza di un futuro rialzo: “numeri ancora in divenire e tuttavia molto incoraggianti. Tutte le regioni stanno rispondendo alle necessità e alle prescrizioni in materia di lavoro agile. Ad ogni modo, il massiccio ricorso al lavoro agile, che è naturalmente dovuto in primo luogo all’emergenza coronavirus, non deve rimanere confinato a questo periodo. Si tratta di un patrimonio di competenze, esperienze, best practise per servizi più efficienti e per un maggior benessere organizzativo che rimarrà”.

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