Sequestri per oltre 230mila euro. Nel mirino anche il primo cittadino di Maletto (CT) e l'ex candidato sindaco del centrodestra alle ultime elezioni comunali a Messina.
Sono tredici gli indagati dell’inchiesta della Procura di Messina che riporta al centro dell’attenzione la corruzione nel mondo degli appalti siciliano. Oltre a Maurizio Croce, il capo della struttura commissariale per il contrasto al rischio idrogeologico finito ai domiciliari, c’è anche il sindaco di Maletto e imprenditore Giuseppe Capizzi.
L’appalto da 25 milioni di euro al centro dell’indagine condotta dalla Guardia di Finanza, e riguardante la riqualificazione e il risanamento del torrente Cataratti-Bisconte a Messina, è stato infatti aggiudicato – a maggio del 2019 – dal Consorzio stabile progettisti costruttori di Maletto, il cuore nevralgico delle attività della famiglia Capizzi. Il consorzio, poi, avrebbe individuato come ditta esecutrice la Scs, anch’essa appartenente alla piccola galassia di società degli imprenditori di Maletto.
Per Giuseppe Capizzi, il tribunale di Messina ha disposto la misura della capacità di contrarre con la pubblica amministrazione, interdizione che gli consentirà di mantenere la propria carica di sindaco del piccolo centro montano. L’imprenditore, negli anni scorsi, era finito anche nella maxi-inchiesta della Dda di Catanzaro denominata Rinascia e la cui storia processuale si era chiusa con la concessione del giudice della messa alla prova.
Corruzione appalti a Messina, arrestato Maurizio Croce: il finanziamento
Per i magistrati tra Capizzi e Croce ci sarebbe stato un accordo a valle dell’aggiudicazione dell’appalto. L’indagine, infatti, ha inquadrato i rapporti tra l’impresa e la stazione appaltante, individuando presunte prebende elargite dalla società a favore di Croce, in una fase in cui quest’ultimo era impegnato anche politicamente.
Croce, infatti, è stato candidato sindaco di Messina in occasione dell’ultima tornata di elezioni amministrative. Nello specifico Capizzi, con l’intento di garantirsi migliori condizioni di gestione dell’appalto e oliare i rapporti con la struttura commissariale, avrebbe erogato utilità a diversi funzionari coinvolti nell’appalto per il torrente Cataratti-Bisconte. Nell’indagine, stando a quanto risulta a questa testata, è coinvolto anche il direttore dei lavori.
In mano agli investigatori ci sono elementi che dimostrerebbero come Capizzi avrebbe garantito l’esecuzione di lavori per 80mila euro in immobili di proprietà dei funzionari e avrebbe pagato a uno di essi tasse universitarie per 7mila euro.
L’imprenditore di Maletto, inoltre, avrebbe contribuito a formare una provvista da 60mila euro per finanziare la campagna elettorale di Croce. Tale somma – stando all’impianto accusatorio – sarebbe stata creata tramite un sistema di fatture per operazioni inesistenti e riconducibili, sulla carta, alla contabilità dell’appalto pubblico e nello specifico a rapporti che l’impresa di Capizzi avrebbe avuto con altre imprese per normali rapporti commerciali. Tale presunto raggiro ha fatto scattare la contestazione del reato di illecito finanziamento ai partiti nei confronti di otto persone.
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Spese di lusso per l’intermediario di Maurizio Croce
Nell’inchiesta non mancano anche i riferimenti a spese di lusso di cui avrebbero beneficiato i pubblici ufficiali. Tra questi un orologio Rolex Daytona del valore di oltre 20mila euro di cui avrebbe beneficiato l’intermediario delle dazioni illecite; l’uomo avrebbe ricevuto anche lavori di ristrutturazione in un negozio di abbigliamento di Messina.
Un altro intervento in una struttura ricettiva privata, quantificato in centomila euro, sarebbe stato infine effettuato a favore di un altro intermediario, ritenuto legato da rapporti di fiducia con il commissario Croce.
Corruzione negli appalti a Messina, la “truffa dei pali”
Stando a quanto ricostruito dai magistrati, tra impresa e stazione appaltante ci sarebbe stato anche un piano per risparmiare nell’apposizione di un numero di pali in meno rispetto a quanto previsto in progetto. Nello specifico, l’accordo avrebbe portato a rinunciare all’impianto di 291 pali, con l’obiettivo di recuperare 1,2 milioni di euro, in quanto gli stessi sarebbero comunque configurati in contabilità.
Una storia molto simile a quella che si sarebbe potuta verificare a San Marco d’Alunzio, se in quel caso il titolare dell’impresa esecutrice dei lavori – l’acese Consolidamenti speciali – non avesse deciso di rivolgersi alla guardia di finanza e denunciare il tentativo di corruzione ricevuto dal direttore dei lavori Basilio Ceraolo, già condannato in primo grado a tre anni e mezzo e in attesa di conoscere il verdetto di secondo grado.
Simulazione nella gestione dei rifiuti
Tra i reati che l’impresa sarebbe stata in procinto di commettere, secondo gli inquirenti ci sarebbe anche una cattiva gestione dei rifiuti. In discarica, con la contabilità dell’appalto, la società avrebbe conferito materiale proveniente da un altro cantiere, in questo caso privato. L’ordinanza di custodia cautelare ha disposto anche il sequestro di somme per 230mila euro.