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La geografia europea dei rifiuti dal 1995 a oggi

redazione

La geografia europea dei rifiuti dal 1995 a oggi

Chicco Testa  |
giovedì 07 Marzo 2024

Solo sette paesi ne hanno ridotto la produzione. Ue ancora sotto il 50% di riciclo. Il recupero energetico è passato da 30 mln di tonnellate a 60 mln

Eurostat ha recentemente pubblicato i dati di produzione e gestione dei rifiuti urbani nell’Unione europea, con aggiornamento al 2022 e una serie storica che parte dal 1995. Una grande quantità di dati, non facili da decifrare per trarre qualche valutazione sullo stato di avanzamento dell’economia circolare, paradigma lanciato nel 2018 dalla Commissione europea.

Partiamo dai dati di produzione

Nel 2022, la quantità di rifiuti urbani prodotti nella UE è stata di 229 milioni di tonnellate, per una produzione pro capite di 513 kg, 19 kg in meno rispetto al 2021 (532 kg) e 46 kg in più rispetto al 1995 (467 kg, pari al +10%).

Per l’Italia i dati disponibili si fermano al 2021, quando la produzione pro capite di rifiuti si attestava a 495 chili pro capite, pari a un aumento del 9,1% rispetto al 1995. Nel 2022 si regista un leggero calo quindi, ma guardando bene si nota che all’appello mancano ancora molti Paesi e in alcuni casi il dato è stimato. Prudenza, quindi, a registrare una effettiva inversione di tendenza.
La serie storica lunga ci fornisce invece un dato interessante considerato che dal 1995 al 2022 i rifiuti urbani sono aumentati “solo” del 10% a fronte di un Pil pro capite europeo che è aumentato di circa il 45%. Si è trattato di un periodo di 27 anni molto turbolento, con una lunga crisi economica nei primi anni 2000, la pandemia, la guerra e la crisi energetica e questo ha di sicuro influito.

Il dato nei diversi Paesi è molto variegato

Austria, Danimarca e Lussemburgo sono stati i maggiori produttori di rifiuti urbani, rispettivamente con 831, 787 e 721 kg pro capite, seguiti dal Belgio (677). La quantità più bassa è stata prodotta in Romania (301 kg), Polonia (364 kg) ed Estonia (373 kg). Sul quantitativo di rifiuti pro capite prodotti incide sicuramente la ricchezza di un Paese (Pil pro capite), ma anche i sistemi di raccolta e assimilazione, con particolare riferimento al turismo. Rispetto al 1995, solo sette Paesi Ue hanno prodotto meno rifiuti urbani pro capite nel 2022: Bulgaria (-35,9%), Slovenia (-18,2%), Ungheria e Romania (-11,8%), Paesi Bassi (-12,3%), Spagna (-7,7% ) e Germania (-4,8%). In tutti gli altri casi la produzione è aumentata, anche se non di molto.

Veniamo al riciclaggio

Nel 2022 l’Ue ha registrato una media di 249 kg a persona, in calo rispetto alla media del 2021, che era pari a 264 kg a persona. Si riducono i rifiuti ma si riduce anche il riciclo. Non siamo ancora al 50% di riciclo sul totale dei rifiuti urbani, previsto dalla precedente direttiva, ma ci siamo vicini ormai, anche se con grandi differenze fra i diversi Paesi membri.

Poco sopra la media europea, l’Italia con 257 kg a persona. Austria (516 kg), Danimarca (411 kg) e Germania (409 kg) hanno registrato la più alta quantità di rifiuti riciclati per persona. Fanalino di coda, Romania e Malta, rispettivamente con 36 e 75 kg pro capite. Differenze gigantesche che pesano sulle previsioni di raggiungimento del target di riciclo previsto dalla nuova direttiva.

L’avvertimento della Commissione europea è netto: 18 Stati membri dell’Ue su 27 potrebbero non riuscire a raggiungere uno o più obiettivi per il settore. La normativa prevede che i paesi siano in grado di riciclare l 55% dei rifiuti urbani e il 65% dei rifiuti di imballaggio per il riutilizzo o il riciclo entro il 2025 (65% al 2035) e di ridurre lo smaltimento in discarica dei rifiuti urbani a meno del 10% entro il 2035. Per i soli rifiuti urbani l’elenco vede mal posizionate Estonia, Finlandia, Francia, Irlanda, Lettonia, Portogallo, Spagna e Svezia. Invece Bulgaria, Croazia, Cipro, Grecia, Ungheria, Lituania, Malta, Polonia, Romania e Slovacchia potrebbero mancare sia l’obiettivo sui rifiuti urbani, che su quelli totali di imballaggio. Un dato che ci dice che la spinta del “pacchetto” economia circolare della Commissione, avviato nel 2018, non sta producendo ancora i risultati attesi. Nel frattempo la capacità impiantistica di trattamento per il riciclo in Europa si è contratta.

Ma il dato del “riciclaggio” deve essere letto confrontandolo con due indicatori di cui Eurostat ci fornisce l’aggiornamento. L’indice di circolarità (materia riciclata rispetto a flusso di materia totale dell’economia) e indice di produttività delle risorse (materiale usato nei settori economici rispetto al Pil. L’indice di circolarità migliora anche se di poco in Europa, con un valore di 11,5 % nel 2022, contro un dato di 10,8 % nel 2010 (in Italia è 21,6 nel 2022, contro l’11,5% del 2010). Può sembrare una percentuale bassa, ma va confrontata con il totale del materiale usato: nel 2022 in Europa si sono riciclati 1 miliardo di tonnellate di rifiuti, ma si sono usati 8,2 miliardi di tonnellate di materiali. Nel 2010 si era riciclato 900 milioni di tonnellate, ma si erano usati 7,9 miliardi di tonnellate di materiali.

Negli ultimi anni l’indice non è cresciuto molto e su scala mondo si è addirittura ridotto (dal 9,1% al 7,2% negli ultimi 5 anni). Il riciclo è in costante aumento, ma aumenta ancora di più l’uso di materiali nei processi produttivi e conseguentemente lo sfruttamento delle risorse naturali vergini. Questo è il punto. Migliori i risultati in termini di indice di produttività delle risorse, migliorato in Europa del 37 % dal 2000 ad oggi. Significa che produciamo più valore con un minore uso di risorse materiali. Vuol dire che il Pil aumenta di più di quanto aumenti il prelievo di risorse dalla natura.

Veniamo alle altre forme di gestione dei rifiuti urbani

Il recupero energetico si è molto sviluppato nel corso dei 27 anni presi in esame: nel 1995 valeva 30 milioni di tonnellate, nel 2022 circa 60 (26,2% del totale), anche se in leggera diminuzione rispetto al 2020 e 2021. Si riduce di molto l’uso della discarica: nel 1995 valeva 121 milioni di tonnellate, nel 2022 siamo circa 53 (23,1 %), anche se in leggera risalita rispetto al 2021. Lontani dal 10 % al 2035.

Infine l’import/export

L’Europa ha esportato 32,1 milioni di tonnellate di rifiuti (complessivi non solo urbani) quantità diminuita del 3% rispetto al 2021. La Turchia è stata la principale destinazione, con 12,4 milioni di tonnellate di rifiuti, ha rappresentato il 39% delle esportazioni totali di rifiuti. La seconda destinazione è stata l’India, che ha ricevuto 3,5 milioni di tonnellate di rifiuti dall’UE nel 2022, seguita dal Regno Unito (2 milioni di tonnellate), dalla Svizzera, dalla Norvegia e dall’Egitto (1,6 milioni ciascuna), dal Pakistan (1,2 milioni), dall’Indonesia (1,1 milioni), dal Marocco e dagli Stati Uniti (entrambi 0,8 milioni). Quanto alle materie esportate, il 55% è rappresentato da rifiuti di metalli ferrosi (17,8 milioni di tonnellate), il 15% è rappresentato da rifiuti di carta (4,9 milioni di tonnellate) e circa il 3,5% è rappresentato dalla plastica (1,1 milioni di tonnellate).

Riguardo le importazioni, l’Eurostat ha registrato che l’Unione Europea ha ricevuto 18,7 milioni di tonnellate di rifiuti da Paesi terzi, pertanto il dato è diminuito del 5% rispetto allo scorso anno. Di questi rifiuti, 4,2 milioni di tonnellate sono metalli ferrosi (22% di tutte le importazioni di rifiuti) e 2,4 milioni di tonnellate sono di carta (13% di tutte le importazioni di rifiuti). Le maggiori quantità di tali rifiuti provenivano dal Regno Unito.

Dati su cui riflettere

La transizione “circolare” è più complessa e lenta di quanto previsto, in mancanza di una vera strategia di prevenzione (ecodesign) e di una politica industriale per gli sbocchi dei materiali da riciclare. Le differenze poi fra i diversi Paesi sono ancora enormi, ed in fondo legate ad una differenza di ricchezza: il Lussemburgo ha un PIL pro capite di 119.000 euro, la Bulgaria di 18.000.

Chicco Testa
Presidente AssoAmbiente

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