Crisi dei call center, i sindacati scrivono al Governo nazionale - QdS

Crisi dei call center, i sindacati scrivono al Governo nazionale

redazione

Crisi dei call center, i sindacati scrivono al Governo nazionale

mercoledì 06 Maggio 2020

Nota di Slc Cgil, Fistel Cisl, Uilcom e Ugl sul futuro del settore. Obiettivi puntati su un piano industriale per intercettare le possibilità della rivoluzione digitale

Un incontro con il Governo “per attivare una vera politica
industriale sui call center, attraverso un fondo dedicato al settore e con un
intervento sulla formazione per tutti i lavoratori su apprendimento automatico,
digitalizzazione e uso delle nuove piattaforme multimediali”. Questa la
richiesta avanzata da Palermo dai sindacati delle comunicazioni Slc Cgil,
Fistel Cisl, Uilcom e Ugl.

“I processi nel mondo – ha sottolineato il segretario Slc Cgil
Palermo, Maurizio Rosso – sono ormai governati dall’intelligenza artificiale e
dal machine learning e i call center possono diventare il segmento fondamentale
dei servizi creando una sostenuta occupazione”.

In una lettera inviata al Mise, al ministero del Lavoro, ai
committenti territoriali Tim, Wind, Alitalia, Trenitalia, Sky, Enel, i
sindacati hanno chiesto di riprendere il dialogo, interrotto per l’emergenza
Covid, “per stabilire come intercettare le possibilità offerte dalla
rivoluzione digitale nel settore”.

Con l’emergenza sanitaria, che ha ridisegnato priorità e
obiettivi, e incrementato la remotizzazione in ambito domiciliare e lo smart
working, alla filiera delle telecomunicazioni, con particolare riferimento ai
call center, è stato affidato il ruolo di “servizio pubblico essenziale”.

I sindacati, pertanto, hanno chiesto “regole nuove per dare
a tutti i lavoratori le stesse possibilità professionali, salariali e di
sviluppo, per non creare inutili disparità”.

I rappresentanti dei lavoratori hanno denunciato anche la
mancata conoscenza dei dati sui volumi lavorati nelle aziende presenti sul
territorio, ripartiti per singola commessa e, nel caso di Almaviva, anche la
mancata conoscenza dei dati sulla ripartizione del personale che opera in smart
working. E ancora la mancata rotazione di tutti i lavoratori, con un
“inverosimile numero di soggetti messi a zero ore”; la lentezza, “addebitata ai
committenti”, nell’attivazione delle postazioni di smart working; i costi
economici delle anomalie tecniche/organizzative e dei tempi di disconnessione
scaricati sui lavoratori.

Riflettori anche sulle procedure di controllo a distanza dei
lavoratori in smart working “non supportate da preventiva autorizzazione
dell’ispettorato al lavoro e in assenza di accordo con le organizzazioni
sindacali”.

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