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Cuffaro (DC) scrive ad Alemanno: “La speranza è l’unica cosa non confiscabile”

Cuffaro (DC) scrive ad Alemanno: “La speranza è l’unica cosa non confiscabile”
Totò Cuffaro, foto imagoeconomica

“Il carcere mi ha ricordato che la politica vera non si fa soltanto nei Palazzi”, la lettera del leader della Dc a Gianni Alemanno

“Ti scrivo da fratello nella prova, e da uomo che ogni giorno, senza interruzioni, legge e medita le pagine del tuo Diario di Cella. Ogni parola che metti su carta è un frammento di verità che attraversa le mura, ogni immagine che descrivi è una lama che penetra e si imprime in chi, come me, conosce la stessa aria, lo stesso odore di umidità, lo stesso rumore sordo delle chiavi e lo stesso silenzio che pesa più del ferro”. Comincia così una lunga lettera che Totò Cuffaro scrive a Gianni Alemanno, in riferimento all’ultima riflessione dello scorso 12 agosto dal titolo “Diario di cella 18. Arriva Ferragosto, la politica è andata in ferie, lasciandoci come cani abbandonati sull’autostrada”.

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Cuffaro: “Io vedo anche un’urgenza che ci chiama: trasformare la nostra condizione da condanna muta a testimonianza viva”

“Hai ragione – continua Cuffaro – la politica, che dovrebbe essere madre, si comporta come una matrigna distratta, lasciandoci — come scrivi tu — ‘cani sull’autostrada’. Eppure, in questa fotografia amara che tu scatti con sofferta precisione, io vedo anche un’urgenza che ci chiama: trasformare la nostra condizione da condanna muta a testimonianza viva. Spes Contra Spem, Gianni, perché anche nel vuoto dell’estate politica, la speranza è la nostra unica risorsa non confiscabile”.

“Il passaggio di uomini che hanno avuto potere, responsabilità e governo della cosa pubblica — e che oggi sono qui, dietro le sbarre — non può e non deve essere reso vano. Sarebbe un inutile errore, un fallimento di noi stessi e del Paese, se questa caduta non si trasformasse in motivo di rinascita. Noi sappiamo cosa significa guidare e decidere e oggi sappiamo cosa significa essere dimenticati. Questa doppia esperienza, dura come pietra, deve diventare parola, proposta, ammonimento. È così che il dolore può diventare seme, e il seme, se coltivato, può generare frutto. Spes contra Spem, perché anche la pietra più dura può essere levigata dal tempo e dalla misericordia” prosegue Cuffaro.

“Il carcere mi ha ricordato che la politica vera non si fa soltanto nei Palazzi”

“Papa Francesco ci ha lasciato un insegnamento che dovremmo scolpire nel cuore: persino la porta di sbarre può essere ‘parimenti sacra’ della Porta Santa. Ogni volta che usciamo dalla nostra cella per un’ora d’aria o per un colloquio, se lo vogliamo, stiamo attraversando un varco che può cambiarci. La cella, con tutto il suo dolore diventa un Santuario di sbarre . Spes contra spem, perché la sacralità può germogliare anche qui, dove il mondo pensa ci sia solo condanna”.

“Il carcere mi ha ricordato che la politica vera non si fa soltanto nei Palazzi. La politica vera è quando ti alzi per aiutare chi non ha voce, quando difendi chi nessuno difende, quando rifiuti di voltarti dall’altra parte. La politica che ha abbandonato i detenuti si è dimenticata che la dignità è un diritto inalienabile. Ma noi che siamo mendicanti che abbiamo creduto di essere Re, noi che siamo stati ai vertici e oggi siamo nel fondo, possiamo essere il ponte tra questi due mondi. Spes contra spem, perché un ponte è utile solo se qualcuno, prima o poi, decide di attraversarlo”. Continua a scrivere, Gianni – conclude Cuffaro – Continua a raccontare. Io continuerò a leggerti e a risponderti. Perché se la politica ha preso ferie, la nostra coscienza e la nostra fede non chiudono mai. Spes Contra spem, amico mio perché non dobbiamo solo avere speranza dobbiamo essere speranza, perché la speranza è una cosa buona e come tutte le cose buone, anche se alla fine, vincono sempre”.