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Giovanni Pizzo  |
mercoledì 15 Giugno 2022

Nella maggior parte dei posti, per le dimensioni delle sfide, i partiti si sono nascosti dietro una dimensione civica o sono stati pressoché simpatizzanti, spesso assenti

Ben 120 comuni siciliani sono andati al voto. Nella maggior parte dei posti, per le dimensioni delle sfide, i partiti si sono nascosti dietro una dimensione civica o sono stati pressoché simpatizzanti, spesso assenti.

Nei due capoluoghi di Provincia, Palermo e Messina, o in alcuni comuni del catanese o dell’agrigentino, invece ci sono state delle sfide politiche, di quelle che misurano le forze in campo per la madre di tutte le battaglie nostrane. Le regionali.

La partita della Regionali

Le regionali in Sicilia non sono come nelle altre regioni. Politicamente, sul piano operativo e di percezione, un assessore regionale conta quasi come un ministro in Sicilia, per questo “l’inciuria” post assessorato rimane, a seconda del ministero e dell’assessorato anche di più. Questo sia per il nostro statuto speciale, sia per il nostro profondo provincialismo. Noi siamo ombelico del mondo, e ce lo guardiamo fino a diventare strabici.

Queste amministrative sul piano dei rapporti di forza regionali qualcosa hanno detto. La valanga nera sovranista, che nell’isola è stata coadiuvata da altri due gruppi parlamentari regionali, Diventerà Bellissima e Attiva Sicilia, non ha sfondato da nessuna parte, va maluccio perfino nella provincia di elezione, Catania. Qui hanno fatto risultato Sammartino e Lombardo. Si proprio lui, il solito immarcescibile, immarcabile Raffaele, che ti sguiscia tra le gambe peggio di Garrincha. A Messina, ormai Catenopoli, De Luca come Caligola ha eletto il suo cavallo. Risultato di una prova di forza imbarazzante. Questo peserà e tanto sulle regionali.

La vittoria di Miccichè

A Palermo non c’è dubbio che la partita l’ha vinta Miccichè. Aveva suggestionato per prima il nome di Lagalla, poi si è smarcato, con una finta alla Del Piero, ben sapendo la forza dell’invidia altrui, l’ha fatto flirtare con gli altri e poi si è ripreso il comando delle operazioni per portare FI come primo partito del centrodestra, caso forse unico in Italia. Ha avuto ragione, nonostante i mugugni di Armao e Savona, che hanno votato per altre liste, a fare nuovi ingressi in FI, i quali hanno fatto volare la lista oltre le previsioni, nonostante le defezioni.

Ha perso il centrosinistra con il PD che fa da campiere del campo largo, trebbiando i 5stelle. Vorrebbe, visto che vuole mettere in cascina altro grano, fare le primarie per molire del tutto, o quasi, gli alleati in vista del voto nazionale. I 5stelle sembrano Suicide Squad, per quanto hanno dato e per quanto poco hanno ricevuto. I siciliani non hanno gratitudine, se li tieni precari ti votano, ma se li liberi con una legge tanti saluti. Fossi in Cancellieri starei molto attento a lanciarmi nel vuoto senza paracadute delle primarie.

È andata abbastanza male per Prima l’Italia, se questo simbolo doveva essere più inclusivo non si intravedono cambiamenti con il vecchio. Sarà arduo affrontare le regionali con questi risultati. Si rischia di ballare sul filo del 5%, una cifra che sembra il teschio con le ossa incrociate.

Un dato esemplificativo su due grossi personaggi del governo regionale, Musumeci e Falcone. Entrambi perdono nei loro comuni, Militello Val di Catania e Mirabella Imbaccari. Nemo profeta in patria.

Sicuramente questi dati non aiutano la ricandidatura di Musumeci, e la Meloni ora deve decidere se salvare l’unità del centrodestra o salvare Nello Ryan. Nel secondo caso il centrodestra si spacca e tutto è possibile in questa terra di Sicilia.

Così è se vi pare.

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