Infrastrutture viarie, occorre metterle in sicurezza - QdS

Infrastrutture viarie, occorre metterle in sicurezza

Rosario Battiato

Infrastrutture viarie, occorre metterle in sicurezza

mercoledì 27 Novembre 2019

Rischio idrogeologico e arterie stradali e ferroviarie: nella nostra regione novemila episodi tra 2002 e 2016. I geologi: “Quanto verificatosi sulla A6 è simile a quanto avvenuto al viadotto Scillato in Sicilia”

PALERMO – C’è una pericolosa combinazione di rischio naturale e infima qualità delle arterie viarie, e delle infrastrutture connesse, che continua a preoccupare gli addetti ai lavori, nonostante negli ultimi anni si stia investendo molto sulla messa in sicurezza – 1,6 miliardi a disposizione in tutta Italia fino al 2023 secondo l’intesa sancita alla Conferenza Stato-Regioni nel febbraio dello scorso anno – e sulla prevenzione. E gli ultimi crolli confermano che tutta l’Italia, Sicilia inclusa, non può dirsi al sicuro.

IL CROLLO DELLA A6. “L’evento che si è verificato sull’autostrada A6 Torino-Savona è simile a quello di qualche anno fa in Sicilia, che interessò il viadotto di Scillato”. Le parole di Francesco Peduto, presidente del Consiglio Nazionale dei Geologici, evidenziano le criticità di “tipo idrogeomorfologico che interessano le infrastrutture del Paese”. Secondo dati stimati dall’Ordine e dichiarati dal presidente, circa il “90% delle problematiche legate alle infrastrutture italiane sono determinate non da fattori strutturali, bensì dovute a criticità idrogeologiche”. Per i tecnici le parole d’ordine, spesso inascoltate, sono sempre le stesse: “Prevenzione, manutenzione del territorio e delle infrastrutture, monitoraggi strumentali, satellitari e tecnico-esperti attraverso il presidio territoriale”.

SICILIA A RISCHIO. Esiste un indice di vulnerabilità redatto dall’Istat per frane alluvioni, che include strade e popolazioni esposte al rischio, e che vede Palermo, a livello regionale, stabilirsi al primo posto, valore complessivo di 1,67% sul totale nazionale, seguita da Messina a quota 0,8% e quindi da Agrigento (0,71%) e Catania (0,60%). A denunciare la pericolosità correlata al dissesto in rapporto alle strade siciliane erano stati anche i dati contenuti nel “Piano regionale di protezione civile: la vulnerabilità delle infrastrutture stradali ai fenomeni di dissesto idrogeologico”, redatto dal Centro funzionale decentrato multirischio integrato della Regione siciliana. I numeri dicono che, tra il 2002 e il 2016, si sono registrati oltre 9 mila episodi di dissesto che hanno coinvolto in maniera diretta le strade siciliane, registrando danni per circa 50 milioni di euro all’anno.

I dati in dettaglio dicono che su 113 tratti di strade statali, ben 79 hanno avuto dissesti osservati (70% del totale). In valore assoluto, significa che 3.252 km su 3.786, pari all’86% del totale, hanno fatto segnalare delle criticità legate agli eventi calamitosi. Una media che resta preoccupante anche se si abbassa notevolmente per le strade provinciali: su 1.540 tratti censiti ce ne sono stati 707 con dissesti osservati (46% del totale), pari a 6.714 km su 11.377 (59%).

INCROCI PERICOLOSI. Un sistema ad alto rischio che risulta conosciuto in lungo e in largo anche dal dipartimento della protezione civile regionale che qualche anno fa ha mappato i punti di intersezione tra rete idrografica e infrastrutture viarie. Si chiamano nodi e costituiscono quelle situazioni di potenziale rischio per interferenze tra acque superficiali ed elementi antropici. Nel complesso sono stati calcolati 15.228 nodi a rischio potenziale e tra questi ce ne sono più di 2 mila lungo le strade statali, 5.448 sulle strade provinciali e 109 su quelle comunali.

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