Definizione agevolata delle liti fiscali pendenti in Cassazione: i primi dubbi - QdS

Definizione agevolata delle liti fiscali pendenti in Cassazione: i primi dubbi

Salvatore Forastieri

Definizione agevolata delle liti fiscali pendenti in Cassazione: i primi dubbi

martedì 04 Ottobre 2022

L. 130/22: obiettivo della riforma della giustizia tributaria è rottamare quante più pratiche possibili. Una sentenza, seppur definitiva, può essere ancora “discutibile”: ecco i rischi

ROMA – Definizione agevolata delle controversie pendenti in Cassazione, i primi dubbi.
La scorsa settimana abbiamo parlato della novità contenute nella recente Riforma della Giustizia Tributaria (legge 130 del 31 agosto 2022), comprese quelle riguardanti la definizione agevolata delle controversie pendenti in Cassazione.

Abbiamo pure detto che l’articolo 5, comma 14, della Legge 130 del 31 agosto 2022 concede di definire in modo agevolato le liti pendenti in Corte di Cassazione, ma a condizione che i contribuenti non siano stati integralmente soccombenti nei precedenti gradi di giudizio (quelli di merito) e che per la controversia non ci sia già una sentenza “definitiva”.

Abbiamo pure detto che, in verità, la legge originaria fa riferimento alle controversie pendenti alla data del 15 luglio 2022, anche se, a seguito della disposizioni contenute nel “Decreto Aiuti” (decreto-legge 17 maggio2022, n. 50, convertito nella Legge del15 luglio 2022 n. 91 ) la data in cui è necessaria la “pendenza” ai fini della definizione agevolata dei giudizi tributari in Cassazione è quella di entrata in vigore della legge 130, ossia il 16 settembre 2022.

La data “spartiacque”, pertanto, diventa quella del 16 settembre di quest’anno, o, più precisamente, la data in cui il ricorso per Cassazione è stato notificato alla controparte (entro il 16 settembre), purché, come più volte ripetuto, a quella data (quella della presentazione della domanda) non sia intervenuta una sentenza definitiva.
Eppure qualche dubbio sul concetto di “sentenza definitiva” esiste.
Anche una sentenza di Cassazione può essere impugnabile. È impugnabile, per esempio, per revocazione ai sensi dell’art. 324 Cpc.

Tale articolo del codice di rito dice infatti che si intende “passata in giudicato” la sentenza che non è più soggetta a regolamento di competenza, né ad appello, né a ricorso per Cassazione, né a revocazione per i motivi di cui ai numeri 4 e 5 dell’articolo 395 dello stesso Codice di Procedura Civile.
I detti numeri 4 e 5 dell’articolo 395 riguardano rispettivamente l’esistenza di un errore di fatto e l’esistenza di altra precedente sentenza contraria che abbia autorità di cosa giudicata.

Da quanto emerge dal Codice di Procedura civile (compreso l’articolo 391 bis riguardante la revocazione delle sentenze della Corte di Cassazione), Codice al quale certamente non può non farsi riferimento anche in materia di contenzioso tributario, quindi, anche in certi casi in cui esiste una sentenza “definitiva” della Cassazione la controversia potrebbe (il condizionale è d’obbligo) essere ancora discutibile e, quindi, ora, anche “definibile”. Occorre vedere, più in particolare, se anche la sentenza passibile di revocazione è da considerare, prima dell’istanza di revocazione, definitiva o meno.

Si ricordi, comunque, che la revocazione si propone con ricorso ai sensi degli articoli 365 e seguenti, nel senso che valgono le regole generali sui criteri di formulazione del ricorso per cassazione.
è veramente auspicabile un chiarimento sul citato problema.

È molto probabile, comunque, che quel condizionale prima adoperato sarà superato da un “imperativo”, nel senso che, pur di definire (“rottamare”) quante più pratiche possibili giacenti nella sezione tributaria della Cassazione, qualunque ulteriore disquisizione tecnico-giuridica risulterà assolutamente inutile.

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