Digitalizzazione e Southworking così Palermo riconquista i giovani - QdS

Digitalizzazione e Southworking così Palermo riconquista i giovani

Vito Manca

Digitalizzazione e Southworking così Palermo riconquista i giovani

sabato 19 Giugno 2021

Intervista esclusiva all’assessore Paolo Petralia Camassa, esponente più giovane dell’Amministrazione Orlando. Un bilancio del primo anno di attività e uno sguardo al futuro

PALERMO – Controcorrente, ma ben saldo nel sistema. Innovativo ma legato e collegato al passato, perché è memoria ed esperienza. Progressista, riformista ma pronto a comprendere e, se necessario, a confrontarsi con chi si fa incantare dal populismo. Tutto ciò è la sintesi di un tentativo di fare nuova politica senza alzare i toni, senza schierarsi contro qualcuno o qualcosa, ma proponendo dopo avere verificato, monitorato, approfondito. Paolo Petralia Camassa ha le idee chiare. La sua chance, la nomina nella Giunta del sindaco Leoluca Orlando, intende giocarsela fino in fondo. Da giovane, appena 28 anni, che affronta temi vecchi – come l’efficienza della Pubblica amministrazione – con servizi nuovi e digitalizzati.

Da esponente del Partito democratico e sostenitore delle Sardine, poco più di un anno fa è stato lanciato nella mischia da Orlando e lui ha risposto “presente”, accettando deleghe di frontiera: Innovazione, Rapporti funzionali con Sispi (Sistema Palermo Innovazione), Sport e Politiche giovanili.

Assessore, nella sua recente sintesi su un anno di attività amministrativa ha sottolineato che ha studiato tanto. In un momento in cui la politica sembra essere solo propaganda, slogan e polemiche di piccolo cabotaggio, vuole fare una sorta di rivoluzione?
“Nessuna rivoluzione, piuttosto cerco di onorare il ruolo che mi è stato chiesto di ricoprire. Quando si vuole dare seguito a una seria azione politica serve sempre tempo: l’idea che le cose cambino o migliorino solo perché con uno slogan si dice che vi si sta lavorando è cultura politica populista, non legata al futuro. Il cambiamento deve essere anche culturale: il tempo deve darci la misura per organizzare le priorità e il percorso. Siamo stanchi di individualismi e personalismi gridanti che non portano a nulla se non ad una manciata di like”.

Come giudica Palermo sul fronte della digitalizzazione?
“Tantissimi territori soffrono un deficit di infrastrutture digitali. Questo tempo drammatico, ma di indotti e necessari cambiamenti, ci ha fatto percepire l’importanza del digitale una volta per tutte. Esso serve a semplificare l’accesso ai servizi, ad avere un’organizzazione trasparente, a condividere dei percorsi più velocemente, ma ha bisogno di due imprescindibili elementi: l’infrastruttura e la formazione. Palermo ha iniziato il percorso di digitalizzazione infrastrutturale nel 2017 e oggi ha l’estensione più elevata di fibra tra le città italiane. Dal 2019 al 2020 abbiamo scalato 64 posizioni tra le città digitali, passando dal 77° al 13° posto. Abbiamo digitalizzato quasi tutti i procedimenti interni, talvolta aggiornandoci con software più all’avanguardia. Abbiamo stabilito un piano triennale per l’informatica che determinerà diverse novità in favore della gestione interna e dei cittadini. Serve adesso impegnarsi per rendere sempre più conoscibili i vantaggi del digitale e guidare la cittadinanza a coglierne l’utilità”.

La digitalizzazione spesso non viene avvertita dai cittadini. È un limite di comunicazione o politico?
“I cittadini devono essere consapevoli dei vantaggi e della semplicità degli strumenti digitali. Talvolta questa mancata consapevolezza è anche frutto di una comunicazione degli Enti locali non all’altezza, nella maggior parte dei casi a causa di risorse limitate. Oggi un Comune non dovrebbe a mio avviso prescindere da un capace social media manager, da un esperto di marketing territoriale e da un brand manager. Sono figure essenziali per coordinare una comunicazione efficace, anche con riferimento a campagne di promozione turistica e culturale. Il limite della politica è talvolta non aver capito l’importanza di governare il digitale, in termini di rischi e di vantaggi. Le città hanno bisogno di architetture invisibili, di un lavoro di organizzazione e digitalizzazione che, un giorno fruibile, potrà costituire un servizio”.

Perché è così importante digitalizzare i procedimenti interni?
“Prima di tutto i processi di digitalizzazione delle procedure interne consentono un risparmio di risorse e di carta. Inoltre, digitalizzare i procedimenti interni consente di aumentare la trasparenza. Digitalizzare vuol dire aumentare la tracciabilità dei procedimenti e semplificare, per esempio, il reperimento di un documento o qualsivoglia altro atto”.

Tra le sue deleghe c’è anche quella allo Sport…
“Il settore ha vissuto una delle fasi più dure della sua storia durante l’ultimo anno. Per ripartire servono condizioni che favoriscano la possibilità di muoversi all’aperto, superare le difficoltà di alcuni impianti sportivi, far riprendere l’attività di base e di stimolare bambini e bambine a riprendere consapevolezza del proprio corpo. Servono impegno e risorse, ma la condizione finanziaria di moltissimi Comuni è difficilissima”.

Quando Palermo potrà dire di essere una città per i giovani? Cosa deve cambiare?
“In parte già lo è. Nonostante il trend, più volte riportato dallo Svimez, faccia registrare un progressivo spopolamento del Mezzogiorno, molti giovani stanno scommettendo su Palermo. Dalle start-up giovanili a diverse aziende, la tendenza va raccolta e potenziata attraverso una cooperazione sempre più strutturale tra istituzioni e settore privato. Il cosiddetto fenomeno del ‘Southworking’ è partito proprio da Palermo, oggi considerata l’ottava meta più attraente per i lavoratori nomadi. Le caratteristiche che più creano attrazione sono i prezzi degli affitti, della vita quotidiana e l’estensione della fibra, che consente un’accessibilità a internet ottimamente distribuita. Questo dimostra che la scelta sulle infrastrutture digitali è stata indovinata. Ora serve un sistema molto più esteso di marketing territoriale, non solo in chiave turistica, per rendere il territorio sempre più attraente, a partire anche dalle politiche attive del lavoro, materia di competenza regionale”.

Cosa si può fare per rendere Palermo ancora più internazionale?
“I servizi pubblici costituiscono un elemento da cui partire, anche immaginando una nuova organizzazione. Ma la crescita di un territorio non può dipendere solamente dall’intervento dell’Amministrazione comunale, di qualsiasi colore essa sia. L’impegno deve essere corale ed è centrale il contributo dei cittadini. A questa città manca ancora molta autostima: gli spazi pubblici talvolta vengono vissuti come spazi di nessuno, mentre sono spazi di tutti. È un po’ la sindrome siciliana, ben descritta in diversi testi di nostri celebri autori. Dobbiamo amarci di più, consapevoli che si migliora tutti insieme e che i cambiamenti non arrivano mai senza impegno e senza avere rispetto del tempo”.

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