Documentazione fiscale tardivamente esibita: quando scatta la sanzione - QdS

Documentazione fiscale tardivamente esibita: quando scatta la sanzione

Salvatore Forastieri

Documentazione fiscale tardivamente esibita: quando scatta la sanzione

venerdì 07 Ottobre 2022

La Corte di Cassazione è intervenuta sulla questione con ordinanza n. 26245 del 6 settembre. Si applica quando il ritardo è legato a condotta intenzionale del contribuente

ROMA – Documentazione tardivamente esibita. La questione è abbastanza nota.
Esistono delle norme, gli articoli 31 e 32 del Dpr 600 del 1973 e l’articolo 51 del Dpr 633/72, che impediscono al contribuente di utilizzare a proprio favore documenti che, ritualmente richiesti in sede di accessi, ispezioni o verifiche, oppure attraverso appositi questionari notificati dall’Ufficio fiscale, non vengono esibiti tempestivamente (o nel termine, non inferiore a quindici giorni, previsto dal questionario).

Se si tratta di documenti non esibiti in sede di accesso da parte di funzionari dell’ufficio, secondo la Corte di cassazione (ordinanza n. 16757, del 14 giugno 2021), il cosiddetto “rifiuto di esibizione” che consegue alla mancata tempestiva esibizione dei documenti, è subordinato ad una condotta intenzionale del contribuente, ossia ad un vero e proprio rifiuto di esibire quanto richiesto.

Viceversa, in caso di rifiuto o di tardiva esibizione dei documenti che consegue alla notifica di un questionario, ai sensi dell’articolo 32, Dpr n. 600/1973 o anche dall’articolo 51 del decreto sull’Iva, la documentazione eventualmente esibita in ritardo è considerata “tamquam non esset”, nel senso che non può essere più presa in considerazione a favore del contribuente né in sede amministrativa né in sede contenziosa.

Purtroppo, però, la legge non prevede casi particolari nei quali la sanzione della inutilizzabilità della documentazione può essere superata per eccessivo rigore della stessa sanzione rispetto alla violazione commessa.

Se, per esempio, per escludere l’applicazione dell’imposta su una plusvalenza conseguente alla rivendita di un immobile nei cinque anni dall’acquisto, ma tale immobile è stato venduto nell’esercizio d’impresa con regolare fattura (magari con fattura elettronica), regolarmente registrata e “pagata”, pare proprio esagerato fare scattare l’inutilizzabilità del documento seppure tardivamente trasmesso, quando è assolutamente evidente che l’ipotesi non comportava l’applicazione dell’Irpef essendo stata regolarmente pagata l’Iva, quando – in pratica – la regolarità sostanziale del contribuente risultava abbondantemente dimostrata.

Diverse volte il Garante del contribuente è intervenuto su questo argomento, ma purtroppo con esito sempre negativo. Recentemente è intervenuta ancora una volta la Corte di Cassazione con Ordinanza n. 26245 pubblicata in data 6/9/2022. ricordando che la disposizione di riferimento si identifica nell’articolo 32 Dpr n. 600/1973, per l’imposizione reddituale, e nel connesso articolo 51 Dpr n. 633/1972, in materia di Iva.

Secondo il Collegio di legittimità, tuttavia, non è applicabile né l’articolo 32 del Dpr n. 600/1973, per le imposte sul reddito, né l’articolo 52, comma 5 Dpr n. 633/1972, in materia di Iva in quanto la norma prevede chiaramente, come elemento essenziale della condotta, che causa la preclusione, quello della intenzionalità di non consentire l’esame della documentazione.
Ipotesi che può verificarsi solo nei casi di ispezione, con ciò intendendo l’attività di esame e controllo svolta dai verificatori in sede di accesso presso il contribuente o in luoghi a questi collegati, al di fuori dell’ufficio, ma non nei casi in cui i documenti sono richiesti con l’invio di apposita comunicazione o questionario.

Quindi, secondo la Cassazione, se in sede di accesso nei locali aziendali di personale dell’Amministrazione Finanziaria il contribuente riesce a dimostrare che la documentazione tardivamente esibita non è dipesa da una sua condotta omissiva ed intenzionale, allora la sanzione non si applica. Altrettanto capita quando nel questionario, seppure regolarmente notificato, non risulta descritta analiticamente la documentazione richiesta.

Ed è stato proprio questo il motivo che ha indotto la Corte di Cassazione a rigettare il ricorso dell’Agenzia delle Entrate. Nella fattispecie, infatti, non era stata indicata con sufficiente chiarezza la documentazione della quale l’ufficio voleva venire in possesso.

Se, invece, in caso di questionario, non solo debitamente notificato ma anche ben circostanziato in ordine alle richieste dell’ufficio, la documentazione non viene esibita o viene tardivamente esibita, purtroppo scatta la grave sanzione prevista dal citato articolo 32 del Dpr 600/1972.
Comunque, si tratta di una norma da rivedere.

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