Nucleare sostenibile, la strategia del Governo verso il ritorno dell’atomo nel nostro Paese - QdS

Nucleare sostenibile, la strategia del Governo verso il ritorno dell’atomo nel nostro Paese

Nucleare sostenibile, la strategia del Governo verso il ritorno dell’atomo nel nostro Paese

Hermes Carbone  |
martedì 08 Ottobre 2024

Al lavoro un gruppo tecnico e uno giuridico. I piani del Ministero guidato da Pichetto Fratin

Un passo strategico in direzione dell’indipendenza energetica, da un lato, una potenziale minaccia per la sicurezza degli italiani, dall’altro. Ad oggi, restano queste le fazioni contrapposte in merito al possibile ritorno all’energia nucleare tanto voluto dal Governo Meloni. Di fatto, le stesse cristallizzate nel tempo al novembre del 1987 e al giugno del 2011. In entrambe le occasioni, con una maggioranza schiacciante, i cittadini votarono no all’impiego dell’energia nucleare in Italia. Un dibattitto che, a distanza di anni e in maniera ciclica, si riaccende in base ai colori dei partiti politici della maggioranza presenti in Parlamento.

Il dibattito sull’energia nucleare si è riacceso

Nelle precedenti occasioni, l’esplosione alla centrale nucleare di Chernobyl (1986), prima, e quella altrettanto devastante di tre reattori della centrale di Fukushima (2011), poi, influenzarono in maniera importante l’opinione pubblica, scrivendo la parola fine sul tema. Negli ultimi mesi, però, il dibattito sull’energia nucleare in Italia si è riacceso. L’annuncio del ministro dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica, Gilberto Pichetto Fratin, riguardante l’introduzione di nuove norme per agevolare l’utilizzo del nucleare entro il 2024, ha suscitato una discussione che tocca temi chiave come quelli riguardanti l’indipendenza e la sostenibilità energetica a lungo termine.

Aspetti di rilievo se si pensa quanto la crisi energetica abbia influito – e continui a farlo – sulle tasche degli italiani tra pandemia e guerra in Ucraina. E con imponenti venti di guerra all’orizzonte, il governo ha scelto di volersi schierare in favore di soluzione energetiche alternative. Un passaggio chiave per levigare, se possibile, un rapporto di forza che persiste con la Francia, Paese che si alimenta a energia nucleare e che vende quella energia proprio all’Italia. Favorevole non poteva che essere la grande industria, settore energivoro per antonomasia. Le parole di Carlo Bonomi, Presidente di Confindustria, che ha definito il nucleare una “scelta strategica” per il Paese, tracciano un sentiero che Picchetto Fratin intende percorrere.

Eppure l’Italia ha una storia lunga e complessa con l’energia nucleare. Nel 1963 fu inaugurata la prima centrale nucleare a Latina, seguita da quelle di Caorso, Garigliano e Trino. Poi, appunto, il disastro di Chernobyl e referendum abrogativo. In quell’occasione, con un ampio consenso popolare, fu deciso l’abbandono dell’energia nucleare e la chiusura progressiva delle centrali esistenti. Il dibattito è rimasto in sospeso per oltre due decenni, fino a un nuovo tentativo di rilancio nel 2008, che però non trovò mai una vera attuazione a causa del secondo referendum del 2011, ad appena tre mesi di distanza dall’incidente di Fukushima.

Le fragilità del sistema energetico italiano ed europeo

L’attuale crisi energetica, accentuata dalla guerra in Ucraina, ha messo a nudo le fragilità del sistema energetico italiano ed europeo, in particolare la forte dipendenza da forniture estere di gas e petrolio. Già alla fine del 2021 si registrava un aumento delle bollette di luce e gas intorno al 40% rispetto ai prezzi pre-pandemia del 2019. Durante il picco della crisi energetica (2022), le bollette del gas sono aumentate di un altro 70%-80% rispetto all’anno precedente; quelle dell’elettricità hanno subito un incremento tra il 50% e il 60%. Dopo vari interventi governativi e una leggera stabilizzazione dei prezzi del gas, si è assistito a una riduzione parziale degli aumenti, ma i costi rimangono elevati rispetto al 2019, con un aumento complessivo di circa 50%-70% per il gas e 40%-50% per l’elettricità. Questo contesto di perenne instabilità, aggravato dall’attuale crisi in Medioriente e dai movimenti interni nei paesi Nordafricani, ha spinto il governo a cercare soluzioni a lungo termine: in primis, quella del ritorno al nucleare.

L’energia nucleare “sostenibile”

Il ministro Fratin ha reso noto lo scorso settembre l’impegno per produrre un quadro normativo che favorisca l’introduzione di un “nucleare sostenibile”. Questa iniziativa prevede la stesura di nuove leggi entro la fine del 2024, che saranno il punto di partenza per una transizione verso un sistema energetico più indipendente.

Fondamentale sarà il ruolo della Piattaforma per il nucleare sostenibile. Si tratta di un organismo di coordinamento nazionale riunitosi per la prima volta al Mase nel settembre del 2023 e che metterà insieme esperti, istituzioni e ricercatori, con il Ministero dell’Ambiente, l’ENea e l’Rse alla guida. Sullo sfondo, una roadmap che dovrebbe condurre al ripristino di una nuova forma di energia nucleare. A far parte di quella Piattaforma, tra gli altri, c’è anche Pietro Alessandro Di Maio, ordinario di Impianti nucleari presso il Dipartimento di Energia, Ingegneria dell’Informazione e Modelli Matematici dell’Università degli Studi di Palermo. Di Maio è anche delegato del Rettore per le attività propedeutiche alla dismissione del reattore nucleare di ricerca AGN 201 “Costanza” e componente del Gruppo di Lavoro 3 “Tecnologie di fusione” della Piattaforma impegnato nel gruppo di “Formazione ed educazione”. “Non è possibile entrare nel merito delle informazioni relative ai lavori in corso da parte della Piattaforma”, spiega Di Maio ai microfoni del Quotidiano di Sicilia facendo riferimento alla firma apposta sul non-disclosure agreement da tutti gli esperti reclutati dal governo.

Tra questi anche il Professor Giovanni Guzzetta, giurista, ordinario di Istituzioni di Diritto pubblico presso l’Università di Roma Tor Vergata, al vertice di un gruppo legislativo per definire il possibile ritorno del nucleare in Italia. Un passaggio che secondo le intenzioni del ministero dovrebbe compiersi entro la fine del 2024.

“Riceviamo convocazioni di volta in volta in merito alla Piattaforma, il prossimo appuntamento non è ancora stato fissato. C’è un calendario per il quale è più opportuno interpellare l’ufficio stampa del Mase, come concordato all’atto dell’incarico. Stiamo lavorando, posso dire solo questo”, aggiunge Di Maio a denti strettissimi. Perché il tema è caldo e la rivolta delle opposizioni è dietro l’angolo. Secondo quel calendario, la Piattaforma avrebbe dovuto pubblicare un documento definitivo entro 9 mesi (giugno 2024) dall’inizio dei lavori. Ad oggi, gli studi non sono ancora pronti.

Il problema dello smaltimento delle scorie radioattive

Secondo i dati diffusi da fonti ministeriali, la dipendenza energetica dall’estero grava in modo significativo sulle finanze dello Stato, facendo lievitare i costi dell’energia quasi il doppio rispetto a molti altri Paesi europei. Il ritorno del nucleare in Italia rimane però in controtendenza rispetto agli obiettivi del Green Deal europeo. Così come resta il problema dello smaltimento delle scorie radioattive, una questione spinosa che non ha ancora trovato una soluzione definitiva. Lo scorso dicembre il Mase ha pubblicato l’elenco delle 51 aree individuate nella Carta nazionale delle aree idonee (Cnai) per la realizzazione del deposito nazionale dei rifiuti radioattivi e del parco tecnologico, mirati a consentire lo stoccaggio delle scorie di bassa e media attività. Nella Cnai elaborata dalla Sogin si trovano i 51 siti raggruppati in cinque zone localizzate in sei regioni. Tra queste, anche la Sicilia, con due aree di stoccaggio presenti a Trapani e Segesta. Secondo il Mase, il deposito avrà un’estensione di 110 ettari e dovrà contenere tutti e 78mila metri cubi di scorie. La provincia più a ovest dell’Isola è però stata chiara: niente stoccaggio sul territorio. Secondo recenti indiscrezioni di stampa, a essere tirata in ballo sarebbe anche la provincia di Enna dove ricadono le miniere dismesse di Bosco e Pasquasia.

Sull’argomento è intervenuta la deputata regionale del Movimento 5 Stelle Cristina Ciminnisi: “Schifani e la sua giunta dicano chiaramente ai siciliani cosa vogliono fare e come intendono misurarsi sull’argomento con il Governo nazionale per escludere Fulgatore e Segesta dalla carta dei siti idonei”. Intanto sul piano per il nucleare di nuova generazione l’esecutivo tira dritto.

Progetto Enea per gestire in sicurezza i rifiuti radioattivi

La provincia di Trapani non è l’unica ad aver fatto fronte comune contro la possibilità di deposito di scorie radioattive nel proprio territorio. Situazioni analoghe si sono verificate anche in Piemonte, Lazio, Sardegna, Puglia e Basilicata. Al di là delle proteste localizzate e legittime dei territori, in gioco c’è però il futuro delle politiche energetiche europee e la gestione in sicurezza dei rifiuti radioattivi. Uno dei progetti più interessanti in tal senso è quello del Predis, un’iniziativa europea da 23 milioni di euro finanziata dal programma Horizon 2020, che mira a sviluppare nuove tecnologie per la gestione e messa in sicurezza dei rifiuti radioattivi. Il progetto coinvolge 47 partner provenienti da 17 Paesi, tra cui sette italiani: Enea, Istituto nazionale di fisica nucleare (Infn), Ansaldo nucleare, Nucleco, Sogin, Politecnico di Milano e Università di Pisa.

I rifiuti radioattivi non sono tutti uguali: una delle difficoltà principali ha a che fare con la gestione dei rifiuti a bassa e media radioattività, per i quali non esistono ancora soluzioni tecnologicamente mature. Questi comprendono materiali metallici, rifiuti organici liquidi e solidi, per i quali Predis si propone di migliorare le tecniche di caratterizzazione, trattamento e condizionamento.

In assenza di un deposito nazionale centrale per il ciclo di smaltimento definitivo, molte soluzioni sono orientate allo stoccaggio temporaneo in sicurezza. L’Enea riveste un ruolo primario nello sviluppo di soluzioni per il trattamento dei rifiuti organici liquidi. Attraverso l’utilizzo di nuove formulazioni a base di geopolimeri, simili al cemento, Enea ha sviluppato matrici capaci di inglobare in modo efficace i liquidi radioattivi, garantendo robustezza e durabilità nel tempo.

Enea ha lavorato in collaborazione con Nucleco, una società specializzata nella gestione di rifiuti nucleari. I ricercatori hanno dimostrato come l’uso di scorie d’altoforno, materiali di scarto provenienti dall’industria siderurgica, possa essere sfruttato per produrre matrici sicure per il trasporto e lo stoccaggio dei rifiuti radioattivi. I test hanno confermato che queste matrici possono inglobare fino al 30% di liquidi organici e offrire una notevole resistenza alla compressione, condizione fondamentale per il loro utilizzo industriale.

Il lavoro di Predis proseguirà attraverso Eurad-2, la seconda fase del programma europeo di ricerca sulla gestione dei rifiuti radioattivi. Il progetto supporterà i Paesi dell’Ue nell’implementazione della direttiva 2011/70/Euratom, che richiede agli Stati membri di adottare strategie nazionali per la gestione sicura dei rifiuti radioattivi e del combustibile nucleare esaurito. L’ostacolo per un futuro energetico più sostenibile e sicuro per tutti è rappresentato dai costi iniziali. La costruzione di nuove centrali nucleari, con tecnologie avanzate, richiede ingenti investimenti e tempistiche lunghe per l’implementazione. Il percorso, attraverso la Piattaforma voluta dal Mase, è però già stato tracciato.

In questo contesto, non sono affatto casuali le prime dichiarazioni rilasciate alla stampa lo scorso giugno da Francesco Campanella, neo direttore dell’Ispettorato nazionale per la sicurezza nucleare e radioprotezione. All’atto del suo insediamento, Campanella ha sottolineato come l’Ispettorato dovrà farsi trovare pronto da subito “per le eventuali nuove sfide in termini di sicurezza e radioprotezione che dovesse proporre il “nucleare di domani”; un passaggio possibile “dimostrandosi in grado di dominare il “nucleare di oggi””.

“Quadro legislativo entro fine anno”

“Quello che manca al Paese, il vero differenziale competitivo che dobbiamo assolutamente colmare è quello del costo dell’energia“. Lo ha ribadito ieri il ministro dello sviluppo economico Adolfo Urso, a Genova dove ha inaugurato la Casa del Made in Italy. “Per questo – ha aggiunto – entro fine anno il ministro Pichetto ha annunciato che presenterà un quadro legislativo per consentire al nostro Paese di tornare a produrre energia nucleare. Per questo è nostra intenzione realizzare in Italia, produrre in Italia, con aziende e tecnologia anche italiana, impianti nucleari di terza generazione avanzata, poi quelli di quarta generazione e infine, quando sarà, anche quelli con la fusione nucleare. Produrre in Italia per installarla dove il mercato e le imprese lo chiederanno”.

Anche il ministro Fratin, lo scorso sabato, è tornato parlare di nucleare “Rafforzeremo la sicurezza energetica anche con il nucleare e proprio su questo stiamo avviando un percorso che, abbinando le rinnovabili con i piccoli reattori di nuova generazione, ci permetterà di avere energia pulita e risparmio in bolletta per imprese e cittadini”, ha detto il titolare dell’Ambiente alla Giornata dell’Economia, organizzata da Forza Italia a Milano.

“La decarbonizzazione – ha aggiunto – deve essere un volano di sviluppo industriale attraverso il pragmatismo, la neutralità tecnologica, la valorizzazione dei punti di forza del sistema Italia”.

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