Il presidente di Amt Catania, Bellavia,“il lavoro fatto è totalmente azzerato, puntiamo sul car sharing”. Il Trasporto pubblico locale, stritolato limiti da qualcuno considerati eccessivi, rischia di scomparire. Ma l'assessore regionale Falcone rassicura, "il servizio tornerà alla normalità"
PALERMO – A poche settimane dall’avvio della fase due, il ritorno graduale alla normalità ha riaffollato le strade, tornate ad essere inondate di mezzi a due e quattro ruote. Anche nelle città siciliane. Con il rischio di azzerare l’unico risultato positivo ottenuto durante il lungo periodo di misure restrittive adottate dal governo centrale per contenere la diffusione del Covid-19: la sostanziosa riduzione del tasso di inquinamento ambientale.
Percentuali alla mano, infatti, Arpa Sicilia ha rilevato che, grazie al netto calo del traffico veicolare connesso alla fase uno, a partire dalla fine di febbraio, le concentrazioni di ossidi di azoto e benzene si sono ridotte drasticamente, arrivando a diminuire di oltre il 60% nelle due città più popolose della Sicilia, Palermo e Catania.
“Il lavoro che si era fatto per creare una cultura della mobilità sostenibile oggi è totalmente azzerato”: a denunciarlo è Giacomo Bellavia, presidente dell’Amt di Catania, che, come è avvenuto in tutte le città che dispongono di un trasporto pubblico locale, ha dovuto riorganizzare il trasporto urbano adeguandosi alle linee guida stabilite per la fase due dal Governo e dalla Regione.
“Le prescrizioni più invasive – spiega Bellavia – sono quelle relative al rispetto del distanziamento sociale di un metro all’interno dei veicoli. Non funziona il limite del 40% di passeggeri rispetto alla normale capienza del mezzo perché 40 persone dentro l’autobus non avrebbero la distanza di un metro. Quindi la norma contenuta nell’ordinanza regionale di fatto è inapplicabile perché un mezzo che prima aveva una capienza di un centinaio di persone adesso ce l’ha appena di undici in quelli più grandi e di otto negli autobus più piccoli”.
Le maggiori difficoltà nella gestione di una domanda di mobilità che dal 4 maggio (e ancor di più dopo il 18) è tornata a crescere sono soprattutto nelle ore di punta che, segnala Bellavia, “si stanno ricreando visto che nessuna azienda pubblica e privata ha scaglionato gli orari di ingresso dei propri dipendenti: dalle sei alle otto di mattina e a ora di pranzo ci sono troppe persone che richiedono di salire sul bus e poche persone che invece possiamo ospitare. Abbiamo, nei limiti del possibile, potenziato i mezzi sulle linee più trafficate però è chiaro che abbiamo sempre lo stesso numero di autisti e di autobus. Auspichiamo che la regola del distanziamento sui bus possa gradualmente essere superata per avere la possibilità di ospitare una percentuale ridotta rispetto a quella originaria ma più larga rispetto a quella attualmente garantita. Questo è il grosso problema: se si togliesse il tema del distanziamento di un metro e si stabilisse una quota di posti omologati pari al 20 o al 30% della capienza si inizierebbe a ragionare. È una situazione che andrà gestita con le autorità governative perché non vale solo per Catania ma riguarda tutte le città”.
Di fatto le misure hanno comportato diversi problemi anche a Palermo: “Garantire la distanza sociale – chiarisce Ferdinando Carollo, a capo della Direzione esercizio gomma dell’Amat – significa avere il 15/20% dell’utenza rispetto alla normale capacità di un autobus: i nostri autosnodati, lunghi 18 metri e impiegati nelle linee portanti, delle normali 149 persone possono contenerne oggi massimo 45 persone, mentre gli autobus di 12 metri, che normalmente hanno una portata di 90 persone, ne contengono 15. Stiamo lavorando contro natura: è frustrante lasciare per terra la gente”.
Insomma, dopo aver sentito per mesi roboanti annunci da ministri e presidenti, a vario titolo, sulla necessità di ripartire dopo il lockdown in modo sostenibile, alla fine ci ritroviamo in una condizione addirittura peggiore di quella di prima. Una vera sciagura, soprattutto in Sicilia che già prima dell’epidemia non vantava certo grandi performance, per usare un eufemismo, in tema di trasporto pubblico. Secondo il rapporto Sustainable development goals (Sdgs – Obiettivi di sviluppo sostenibile), pubblicato dall’Istat, nella nostra regione due famiglie su cinque hanno difficoltà di collegamento con i mezzi pubblici, il 6% in più rispetto a quanto avviene mediamente a livello nazionale (33,5%). Guardando poi l’incidenza di quanti abitualmente usano solo mezzi privati per recarsi a lavoro emergono numeri assai più pesanti: quattro siciliani su cinque optano per il proprio veicolo, contro il 74,2% nazionale.
La Sicilia è indietro anche nella cosiddetta “mobilità dolce”. I dati Istat, elaborati dal Centro Studi Continental, hanno registrato che la quota isolana dei percorsi ciclabili non supera il 2% del totale. Ben altri numeri ci sono, per esempio, in Emilia-Romagna, leader nazionale con 1.285,8 chilometri. Al di là di proposte e interventi comunali – come il Piano di utilizzo del demanio marittimo di Palermo, ancora in fase di discussione, che prevede 25 km di pista ciclabile parallela alla costa o il recente annuncio di un Piano della mobilità sostenibile che coinvolge l’intero territorio etneo – la Regione ha provato a correre ai ripari recuperando 800 mila euro dalle risorse provenienti dal piano nazionale della sicurezza stradale e stanziandoli per nove interventi di messa in sicurezza di piste ciclabili.
La voglia di mobilità sostenibile c’è e le immagini di decine di persone in fila per acquistare una bicicletta sembrano confermarlo. Tocca alla politica fare la propria parte: un primo passo nel “Decreto Rilancio” è stato fatto con i “bonus bici”, che prevedono un contributo retroattivo, valido dal 4 maggio 2020 al 31 dicembre 2020, pari fino a 500 euro per l’acquisto di biciclette (anche elettriche), monopattini, hoverboard e segway. Questo da solo non basta però: serve un adeguato piano sulla realizzazione di nuove piste ciclabili.
Marco Falcone:
“Servizio tornerà alla normalità”
PALERMO – Sul futuro della mobilità nell’Isola, abbiamo intervistato l’assessore regionale alle Infrastrutture e ai trasporti, Marco Falcone.
Il lockdown, con la conseguente drastica riduzione del traffico, ha portato un’aria più pulita anche nell’Isola. Da più parti si è chiesto di ripartire favorendo la mobilità sostenibile, ma di fatto le disposizioni relative al trasporto pubblico stabilite per la fase due non rischiano di incentivare l’uso dei mezzi privati?
“Di fronte a delle limitazioni che interferiscono pesantemente, ma anche necessariamente, sulla vita quotidiana dei cittadini, stiamo scoprendo giorno dopo giorno delle ripercussioni che ci chiamano a saper interpretare di volta in volta le risposte più adatte. Il Governo Musumeci ha garantito la stabilità del sistema dei trasporti pubblici regionali, mantenendo i livello di contribuzione e rispettando i tempi delle liquidazioni a difesa di aziende e posti di lavoro. Un servizio che torna gradualmente alla normalità è già il migliore antidoto alla nostalgia dell’auto privata”.
Come conciliare le linee guida relative al trasporto pubblico con la necessità di proseguire la strada della tutela dell’ambiente?
“Usando buon senso. Rispettando le regole di contenimento dell’epidemia, sarà più semplice far funzionare al meglio il sistema e metterci alle spalle al più presto la crisi. Nel contempo, il Governo Musumeci garantisce gli investimenti sulla sostenibilità, a partire dal rinnovo delle flotte e l’acquisto di nuove vetture”.
Alla luce del “bonus bici” cosa bolle nella pentola della Regione per le piste ciclabili?
“Già da alcuni mesi abbiamo avviato un proficuo e costruttivo confronto con le associazioni, gli attivisti e gli appassionati per implementare le politiche a sostegno della ciclabilità. Primo passo sarà l’istituzione dell’Osservatorio regionale sulla mobilità ciclistica, così come già fatto dopo anni di attesa con i trasporti ferroviari, su gomma e così via. Dopo lo stop forzato dovuto all’emergenza, riprenderemo inoltre l’iter per la costituzione dell’Ufficio speciale di coordinamento per la mobilità ciclistica. L’idea è di armonizzare investimenti e pianificazione in atto attraverso la creazione di un interlocutore regionale unico dal punto di vista amministrativo”.
Parla Giacomo Bellavia, presidente dell’Amt di Catania
“Bisogna ripartire da capo. Puntiamo sul car sharing”
Presidente Bellavia, attualmente quante linee sono operative rispetto a quante erano in esercizio prima del coronavirus?
“Tutte, abbiamo ripreso il servizio appieno a partire dal 4 maggio”.
Il Governo Musumeci, su proposta dell’assessorato ai Trasporti, ha riconosciuto un debito verso la Partecipata catanese dei trasporti da lei presieduta di 2,3 milioni di euro, che contribuiranno al riequilibrio dei conti. Questi fondi per quanto tempo basteranno?
“La Regione ci dà tramite il Comune un contributo annuo di 18 milioni di euro. Quei 2,3 milioni sono legati ad un contenzioso tra l’azienda Amt e il Comune da un lato e la Regione dall’altro per il riconoscimento di una somma aggiuntiva per il 2017, 2018 e 2019: l’azienda ha mataurato un contributo superiore mentre la Regione aveva corrisposto solo i 18 milioni ordinari. Il riconoscimento di quel debito ha un iter, quindi non sono soldi che abbiamo ancora visto o che vedremo domani, si spera di riceverli entro l’anno. Ovviamente contribuiranno ad avere un ingresso in più che ci aiuterà quest’anno perché gli introiti di tutte le aziende di trasporto si sono ridotti molto: nei due mesi di lockdown siamo stati quasi a zero. Adesso pian piano stiamo un po’ recuperando però è chiaro che con le capienze che possiamo garantire i biglietti venduti sono pochi. Ci sono poi le misure del Decreto Rilancio che ha stabilito un fondo per il tpl di 500 milioni e questo ci servirà per reintegrare i mancati introiti provenienti da biglietti e abbonamenti. C’è anche la norma del Decreto Cura Italia che sostanzialmente garantisce un corrispettivo uguale anche se dovessimo quest’anno fare una percorrenza chilometrica inferiore, ma prevediamo di raggiungere l’obiettivo previsto dal contratto”.
Non pensa che le limitazioni attualmente vigenti – 40% di capienza e distanziamento sociale di un metro – possano spingere l’utenza a privilegiare il mezzo privato e quindi a perdere l’unico vantaggio che questo periodo di fermo ha portato, la riduzione delle emissioni inquinanti?
“Assolutamente sì, questo è un problema legato anche ad un fattore psicologico: le persone si sentono più sicure con mezzo privato. Bisognerà ripartire da capo per riavvicinare le persone ai mezzi pubblici. Noi ci stiamo attrezzando anche per offrire sistemi di mobilità alternative: faremo partire tra qualche settimana il car sharing e potenzieremo anche un servizio di bike sharing. Vogliamo puntare a servizi di mobilità alternativa integrati con i nostri mezzi: si potrà nei nostri parcheggi prendere il mezzo e lasciare la bici o l’auto e viceversa”.
Ferdinando Carollo, Direzione esercizio gomma Amat
“Nel 2020 prevediamo ricavi dimezzati”
Quante linee sono attualmente operative rispetto a quelle che erano in esercizio prima dell’emergenza coronavirus?
“Tutte le linee nella fascia oraria 6-21 sono operative dall’inizio della fase due, pur con le limitazioni nella capienza dei mezzi dettate dalle disposizioni nazionali e regionali. Per adeguarci abbiamo apposto per terra e sui sedili adesivi e cartelli che segnalano il distanziamento. Abbiamo inoltre isolato la cabina dell’autista e pedisposto che l’utenza entri dalla parte posteriore e scenda da quella centrale. Avendo sospeso per il momento le linee notturne, il personale di notte è stato spostato per potenziare le fasce di giorno: abbiamo predisposo che nelle tratte più utilizzate viaggino assieme due autobus per offrire un maggior numero di posti. E, visto che attualmente le strisce blu sono sospese, abbiamo fatto di necessità virtu, usando il personale impiegato nel controllo della sosta per contingentare l’utenza: nelle fermate più frequentate due addetti regolano l’entrata in vettura e controllano che la gente abbia il biglietto e lo per entrare sul mezzo”.
Sono stati sbloccati dalla Regione circa 15 milioni di euro destinati al trasporto pubblico palermitano. Tali risorse basteranno? Per quanto tempo?
“Non sono risorse aggiuntive, si tratta di risorse ordinarie in quanto somme relative al quarto trimestre del 2019 e al primo trimestre 2020, oltre che al riconoscimento degli obiettivi chilometri del tram per il 2019. Tali risorse saranno sufficienti sicuramente per il mese corrente e per il prossimo perché serviranno non solo a pagare gli stipendi ai dipendenti ma anche a pagare i fornitori”.
Nel vostro bilancio quanto incidono biglietti e abbonamenti?
“Nel 2019 abbiamo ricavato 8.5 milioni dalla vendita di biglietti e abbonamento, nel 2020 prevediamo un dimezzamento della somma. È una stima ottimistica perché nella fase uno l’utenza si è ridotta all’osso e nella fase due, con le restrizioni che dobbiamo rispettare, possiamo ospitare a bordo poche persone e di conseguenza stacchiamo pochi biglietti”.