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Il potenziale flop del Pnrr, i ritardi e l’ombra del riarmo: tutti i dati sulla Sicilia

Il potenziale flop del Pnrr, i ritardi e l’ombra del riarmo: tutti i dati sulla Sicilia
Pnrr – Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza – Fondi Pnrr Sicilia – Imagoeconomica

La mappa dell’utilizzo dei fondi del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza. Sicilia in fondo alle classifiche nazionali, ma ci sono piccoli segni di miglioramento.

Da catalizzatore per il futuro dell’Isola a potenziale flop storico, con eventuale riconversione delle risorse rimanenti per spese militari, come chiesto dall’Europa nelle scorse ore. Stiamo parlando dei fondi provenienti dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR), messo in campo dall’Ue all’alba del 2021 e del quale l’Italia è stato uno dei principali beneficiari.

Larga parte di quel fondo potrebbe essere non impiegato in progetti utili per la comunità e tornare a disposizione di Bruxelles, che ora spinge per il riarmo con lo stanziamento fino al 5% del PIL degli Stati membri. Secondo l’ultimo rilevamento di fine giugno, proveniente da fonti governative, le risorse spese ammontano al 30% di quelle a disposizione. Ma i numeri non tornano.

Un flop storico? I dati del PNRR

Il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) si inserisce all’interno del programma Next Generation EU (NGEU), il pacchetto da 750 miliardi di euro, costituito per circa la metà da sovvenzioni, concordato dall’Unione Europea in risposta alla crisi pandemica.

La principale componente del programma NGEU è il Dispositivo per la Ripresa e Resilienza che ha una durata di sei anni e una dimensione totale di 672,5 miliardi di euro (312,5 sovvenzioni, i restanti 360 miliardi prestiti a tassi agevolati). Come riporta il sito del Mef, il PNRR contribuirà in modo sostanziale a “ridurre i divari territoriali, quelli generazionali e di genere”. Ma in Sicilia sta davvero andando così?

Pnrr Sicilia, solo il 9,4% dei progetti ha raggiunto i target

Quanto è rimasta attardata l’Isola sulla tabella di marcia lo racconta la bozza di sintesi del Defr 2026-28, al vaglio dell’Assessorato regionale all’Economia. I progetti che hanno raggiunto fin qui l’obiettivo sono appena il 9,4% del totale: 2.050 sui complessivi 22.275 ammessi a finanziamento per un totale di 15,66 miliardi di euro.

Circa il 33,8% dei progetti attivati sono con “target ancora da raggiungere”. Ben 12.388, pari al 56,8% del totale, con target definiti ma senza programmazione completa. Tradotto: per questi ultimi potrebbero non essere ancora stati elaborati progetti esecutivi. Considerando che la scadenza prefissata è al 30 giugno 2026, lecito attendersi che, in relazione alle grandi opere pendenti, non sussistano più i tempi tecnici.

Ancora più drammatici i numeri che vedono la Regione in qualità di soggetto attuatore attraverso i dipartimenti regionali. Appena 5 progetti su oltre 2000 (lo 0,2%) risultano con “tutti i target raggiunti”. Sono 727 (34,5%) quelli con “target ancora da raggiungere” e addirittura 1.378 (65,3%) quelli che risultano con target definiti ma senza programmazione completa. In alcuni casi, le responsabilità non sono solo in capo alla Regione ma anche ai Comuni.

I dati regionali

Negli ultimi tre mesi la Sicilia ha compiuto un leggero passo in avanti arrivando a spendere il 2% in più (15% totale) delle risorse assegnate. Numeri che continuano a collocare l’Isola tra le ultime regioni italiane per percentuale di utilizzo dei finanziamenti.

I dati ufficiali indicano che a giugno 2025 il Veneto è la regione italiana con la più alta percentuale di utilizzo delle risorse PNRR, avendo speso il 35% dei fondi assegnati. Seguono il Trentino-Alto Adige con il 29% e la Lombardia con il 24%. Fanalino di coda del Nord c’è la Valle d’Aosta, con il 15%.

Nel Mezzogiorno la situazione è molto più critica: Campania (18%), Sardegna (16%) e Calabria (13%) sono le regioni più in difficoltà. Penultima si colloca la Sicilia, con dati che sono confermati dai monitoraggi ufficiali del governo e da elaborazioni Openpolis e Svimez.

Ma quante risorse sono state spese e cosa rischia di non essere finanziato? Solo prendendo in considerazione i 17 progetti di cui RFI risulta soggetto attuatore in Sicilia (erano 22 il marzo scorso, ndr), nessuno di questi presenta una percentuale di pagamento al 100%. Di questi, ben 7 sono i progetti che presentano una percentuale di pagamento pari o inferiore al 5%. Lecito attendersi che alcuni (come la “Linea Caltagirone – Gela”, con pagamenti fermi allo 0,60% del totale) non siano più finanziabili attraverso il PNRR, con conseguenti ritardi e riprogrammazioni.

O ancora “la realizzazione del collegamento ferroviario del porto commerciale di Augusta alla linea Ct-Sr”, fermo attualmente allo 0,80% dei pagamenti sugli oltre 104 milioni di euro previsti. Ipotesi, al momento, che potranno però trovare una loro ulteriore verifica nei prossimi aggiornamenti previsti.

Non va meglio se al posto di Rfi si prende in considerazione in qualità di soggetto attuatore un altro colosso come a E-distribuzione S.P.A., che in Sicilia presenta due progetti attivi (fonte Openpolis) nella linea di spesa della “Transizione ecologica”. A essere coinvolti sono 33 territori, in questo caso, per un “progetto volto ad incrementare la capacità di rete di ospitare ed integrare ulteriore generazione distribuita da fonti rinnovabili e ad aumentare la capacità e potenza a disposizione delle utenze”. Il livello di avanzamento registrato nei pagamenti è di appena il 3% sui 412 milioni di euro previsti. Fermo, invece, allo 0% sui circa 22 milioni di euro messi a budget il progetto riguardante il “miglioramento della resilienza della rete elettrica di distribuzione a eventi meteorologici estremi”.

Ferrovie, la Catania – Palermo è già fuori dal finanziamento

Tra i progetti che già adesso hanno quasi certezza dell’impossibilità di completamento entro la scadenza del giugno 2026, c’è quindi anche un importante lotto della tratta ferroviaria che collega Palermo e Catania: il 5, quello che riguarda la tratta che va da Catenanuova a Dittaino. Ma Rfi è corsa subito ai ripari affermando che non vi sarà alcun ridimensionamento delle opere ferroviarie attualmente in fase di realizzazione in Sicilia”.

Piuttosto, è stata avanzata “una proposta di rimodulazione” dei progetti che, a causa dei ritardi nell’avanzamento dei lavori, non potranno rispettare la scadenza imposta dal PNRR. “I progetti che, allo stato attuale, presentano criticità tali” verranno riprotetti su altre linee di finanziamento nazionali.
Tema, quello dei ritardi nel completamento delle ferrovie siciliane, oggetto negli scorsi mesi di un’altra inchiesta proprio del QdS. A mesi di distanza, la conferma de facto di Rfi.

PNRR, l’Europa premia l’Italia: ok a settima rata

Eppure, per la Commissione europea i ritardi non sarebbero un problema. Potrebbe essere così interpretato l’ok al versamento della settima rata del PNRR all’Italia: 18,3 miliardi di euro. Fondi destinati a interventi strategici nel settore energetico, con particolare attenzione alle infrastrutture di trasmissione, ma anche progetti su cybersicurezza, mobilità, università e rete ferroviaria.

Tra gli obiettivi raggiunti figurano riforme normative come la legge sulla concorrenza, misure per accelerare i pagamenti della Pubblica Amministrazione e la revisione del servizio civile universale. Responsabile per il dossier PNRR è il ministro Tommaso Foti.

In questi fondi ci sono anche progetti per la Sicilia come “il collegamento elettrico sottomarino tra Sicilia, Sardegna e penisola. Infrastrutture fondamentali per implementare le reti di trasmissione dell’energia elettrica e per rafforzare l’autonomia energetica dell’Italia”, ha aggiunto il numero uno del dicastero.

Adesso tocca al Comitato Economico e Finanziario (EFC), che ha quattro settimane per esprimere il proprio parere. Con la settima rata si apre il tratto più impegnativo del Piano. Le ultime tre – l’ottava già richiesta il 30 giugno, la nona e la decima da richiedere entro il 31 dicembre 2025 e il 31 agosto 2026 – rappresentano il raggiungimento di obiettivi più complessi.

Nonostante la volontà del riarmo e il conseguente ritrovato idillio politico tra la Meloni e la Von der Leyen, non è affatto scontato che l’Italia sia in grado di centrarli e ricevere il corrispettivo economico atteso dall’Ue.

Ue: no a dilazione tempi PNRR, fondi inutilizzati sul riarmo

L’Italia è tra i Paesi europei più avanti nell’attuazione del PNRR. È in questo contesto che il Parlamento europeo, lo scorso 18 giugno, ha approvato una risoluzione per invitare la Commissione a valutare una possibile estensione di 18 mesi del Recovery and Resilience Facility (Rrf), lo strumento che finanzia i Pnrr dei singoli Stati.

Finora l’idea di andare oltre la scadenza del 2026 era rimasta fuori dal dibattito ufficiale. La Commissione, in una comunicazione di inizio giugno, aveva ribadito il carattere vincolante del termine. Cosa eventualmente fare con le risorse rimanenti che i singoli Paesi non sono riusciti a spendere lo suggerisce la Commissione, che spinge gli Stati membri a contribuire al programma europeo di difesa.

La risposta della Regione

Sul tema del PNRR non si è fatta attendere neppure la presa di posizione della Regione Siciliana. “In riferimento ai dati sull’attuazione del PNRR in Sicilia, Palazzo d’Orléans precisa che ad oggi sul sistema informativo Re.Gi.S., unica piattaforma ufficiale per il monitoraggio e la rendicontazione dei progetti, risulta che la percentuale dei pagamenti si attesta al 30%, per un importo di 4,7 miliardi di euro, per le risorse territorializzate”.

Secondo la Regione vi sarebbe dunque un disallineamento tra le statistiche proposte da Openpolis e quelle ufficiali del Ministero, inaccessibili per utenti non autorizzati, che vedrebbero addirittura raddoppiata la cifra di spesa da parte dei Comuni: 15% contro il 30%.

Ancora peggio va prendendo in considerazione i dati propri dell’amministrazione regionale in qualità di soggetto attuatore: in questo caso la spesa si attesta al 20% pari a 342 milioni di euro. E a fornire i numeri, in uno stringato comunicato stampa dello scorso 27 giugno, è proprio la Regione. Di fatto, da Palazzo d’Orléans ammettono che le cose non stanno andando affatto come era invece a più riprese stato spiegato dalla classe politica regionale. E quanto indietro sia rimasta l’Isola rispetto alla tabella di marcia prestabilita.

Ma al tempo stesso si prova a gettare acqua sul fuoco, rimarcando il concetto che l’attuale “avanzamento fisico dei progetti (…) di per sé non inficia il raggiungimento dell’obiettivo finale” con scadenza “per la maggior parte degli interventi, a giugno 2026”. Anche i se i numeri delle storiche incompiute presenti in Sicilia raccontano una storia diversa.

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Immagine di repertorioCredits: Carlo Carino by AI MID, via Imagoeconomica