Genitori picchiano figlio perchè gay: condannati

Genitori picchiano figlio perchè gay: condannati

Daniele D'Alessandro

Genitori picchiano figlio perchè gay: condannati

Redazione  |
lunedì 19 Dicembre 2022

Il Tribunale ha condannato due genitori egiziani che non avevano accettato l'omosessualità del figlio: il padre lo ha picchiato

Due genitori egiziani sono stati condannati dal Tribunale di Milano per aver offeso e picchiato il figlio dopo il coming out di quest’ultimo.

Il 15enne, senza amici e bullizzato a scuola, aveva inviato un messaggio a madre e padre contenente la confessione di essere gay.

La loro reazione, tuttavia, non è stata quella che il giovane si sarebbe aspettato.

Prima il rimprovero della madre, poi la lite col padre

Secondo quanto riportato dal Corriere della Sera, il giovane giunto quasi al punto di suicidarsi, aveva creato un gruppo WhatsApp con i genitori, inviando loro un video di un ragazzo arabo omosessuale, accompagnato da poche e semplici parole: “Anche io sono gay“.

Dopo essere tornato a casa, tuttavia, il ragazzo ha capito che avrebbe dovuto affrontarli. Prima ha subito il rimprovero dalla madre, secondo la quale nessun musulmano si sarebbe mai comportato così per rispetto del Corano e che la “colpa” dell’omosessualità del figlio fosse da attribuire alla scuola, poi ha dovuto fare i conti con il padre. Quest’ultimo prima lo ha fatto cadere dalla sedia con uno schiaffo violento, poi lo ha preso a calci anche in faccia e lo ha irriso pesantemente. “Vuoi sposarti con un uomo? Allora tirati giù i pantaloni che ti…”, gli ha gridato. 

Il giudice: “C’è l’aggravante della discriminazione sessuale”

Il giudice Luca Milani ha condannato la madre a un anno e il padre a due.

Secondo l’autorità giudiziaria, infatti, è fondata la contestazione dell’aggravante della discriminazione legata all’orientamento sessuale”, perché “l’aggressione perpetrata dal padre è stata nitidamente ispirata da sentimenti di odio verso l’autonomia manifestata dal minore sulle proprie scelte di genere”. E la madre, “nella propria posizione di garanzia, appunto in quanto madre, aveva l’obbligo giuridico di impedire le lesioni” e invece “nulla ha fatto”. 

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