Il 25 novembre 2024 si celebra la Giornata contro la violenza sulle donne, o meglio – utilizzando il nome ufficiale, adottato dalle Nazioni Unite con la risoluzione numero 54/134 del 17 dicembre 1999 – la Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne. Ancora una volta, purtroppo, i dati agghiaccianti diffusi dalle autorità suggeriscono che l’eliminazione della violenza fisica, economica, sessuale e psicologica e dei femminicidi è ben lontana dal trasformarsi in realtà. E, ancora una volta, i numeri ci restituiscono la dimensione di un fallimento sociale, culturale e umano.
Sono 96 i femminicidi stimati nel 2023 e il 35% delle vittime di omicidio sono donne: lo riferisce il report “Vittime di omicidio” dell’Istat, pubblicato appena pochi giorni prima della ricorrenza del 25 novembre. La violenza sulle donne, specialmente quella con esito mortale, è un fenomeno in rapida ascesa e che non risparmia nessuna nazionalità o classe sociale: più del 94% delle donne è vittima di italiani (in genere partner o ex), a volte anche della “stimata” classe media, mentre il 43,8% delle donne straniere uccise in Italia nel 2023 è morta per mano di connazionali.
Nel report si legge anche che “il contesto in cui avvengono gli omicidi di donne è prevalentemente quello familiare/affettivo (81% circa), senza differenze significative per età”. I mostri, quindi, sono soprattutto in casa. Sono partner, spesso (nel 41% circa dei casi), ma anche padri, zii, cugini, amanti respinti, amici di vecchia data, perfino figli.
Anche se il fenomeno del femminicidio – la suprema manifestazione della violenza contro le donne – è distribuito su tutto il territorio nazionale, il tasso di omicidi di donne è più alto nelle Isole (0,28 per 100mila donne residenti) e nel Nord-Est (0,24). A livello europeo l’Italia ha un tasso di femminicidi inferiore alla media, ma questo non rassicura affatto. Basta osservare il dato – ancora parziale – dell’Osservatorio Nazionale di Non Una di Meno relativamente al 2024: si contano già 91 femminicidi, ai quali si aggiungono 44 tentati omicidi, 5 suicidi di donne cis, un suicidio di un uomo trans, un suicidio di un uomo cis e 8 casi ancora in fase di accertamento.
I femminicidi arrivano più allo stomaco della gente e fanno clamore nel campo della cronaca, ma sono solo la punta dell’iceberg del fenomeno della violenza sulle donne per la cui eliminazione si manifesta e si combatte il 25 novembre e – per chi davvero ci tiene – tutto il resto dell’anno. Dietro c’è un mondo di storie che passano spesso sotto silenzio. Donne picchiate e segregate in casa, donne molestate sul lavoro, giovani e meno giovani stuprate e spesso colpevolizzate; e ancora, donne private di denaro e mezzi, donne manipolate psicologicamente e costrette a vivere un incubo, a rinunciare ai propri sogni o perfino alla più normale e semplice serenità.
In occasione della Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne del 25 novembre, QdS ricorda tutte le vittime di qualsiasi tipo di violenza e soprattutto di femminicidio. Quelle donne strappate alla vita per i motivi più futili e nei modi più brutali.
L’Osservatorio di Non Una di Meno indica che in Sicilia si sono registrati 10 episodi di femminicidio da gennaio 2024 a oggi. Alcuni di questi casi, però, non sono accertati come omicidi e di alcune vittime non si conoscono le generalità; altri casi, inoltre, non rientrano nelle modalità “classiche” del femminicidio (cioè non sono legati a motivi sentimentali e/o non sono perpetrati da un partner). Queste i nomi di alcune vittime note:
I nomi in alto sono solo una piccola fetta. Ci sono poi tutte quelle storie di violenza sulle donne che non hanno volti e nomi, quelle ancora da scoprire ma che vanno in scena ogni giorno, le violenze non fisiche che spesso rimangono nascoste. E, perché no, si potrebbero includere anche tutte quelle donne – spesso giovanissime – che si sono tolte la vita o si sono fatte del male perché vittime di una violenza fisica o psicologica.
C’è poi la forma di violenza più invisibile ma più dannosa, l’ignoranza. Ignoranza dei concetti di libertà, di consenso (tema, tra l’altro, della campagna di Una Nessuna Centomila di quest’anno), di diritto. Ignoranza che si insinua nella quotidianità con una semplicità quasi disarmante e che sta in mezzo a noi passando quasi inosservata.
Un semplice dato può dimostrarlo e deriva da uno studio di “Giovani Voci per Relazioni Libere“. Per il 30% dei giovani la gelosia è una forma di amore, per il 19% la geolocalizzazione è “accettabile” e il 61% degli intervistati ammette di aver subìto controlli sulle uscite. La domanda che emerge da questi dati è: quando si supera il confine che porta alla tossicità e alla violenza? Ma soprattutto: donne e uomini, giovani e meno giovani, sono in grado di riconoscere quel confine e mantenerlo lontano dai propri rapporti?
Se la risposta è no – e i dati su femminicidi ed episodi di violenza sulle donne ne sono palese dimostrazione – la giornata del 25 novembre non deve essere un momento per fare slogan e propaganda. Deve essere un momento per promuovere la questione culturale che sta dietro la violenza – in generale, contro uomini, donne, bambini – e porre fine alla cultura della prevaricazione sull’altro, prediligendo la via del dialogo e del rispetto.
Questo è il senso della giornata del 25 novembre.
QdS ricorda che l’amore non è mai violenza e che le vittime hanno il diritto e il dovere di chiedere aiuto. Il numero antiviolenza, attivo 24h al giorno tutti i giorni, è 1522. Si tratta di un servizio pubblico sempre attivo, con operatrici specializzate in grado di sostenere donne vittime di violenza e stalking. Oltre alla chiamata, le vittime possono usare una chat via app o tramite il sito www.1522.eu. L’accoglienza è disponibile nelle lingue italiano, inglese, francese, spagnolo, arabo, farsi, albanese, russo ucraino, portoghese, polacco. Questo affinché la lotta alla violenza non abbia barriere, né linguistiche né culturali. Perché è una lotta universale.