Giovanni Brusca, il boss che azionò il telecomando nella strage di Capaci, è dal primo giugno un uomo libero. Lo scorso 31 maggio, come si apprende in ambienti giudiziari, ha terminato la misura della libertà vigilata ed è diventato libero, senza più debiti con la giustizia. L’ex boss di San Giuseppe Jato ha fatto 25 anni di detenzione. Ha iniziato a collaborare dopo l’arresto.
Maria Falcone: “Provo dolore ma questa è la legge”
“Come cittadina e come sorella, non posso nascondere il dolore e la profonda amarezza che questo momento inevitabilmente riapre. Ma come donna delle Istituzioni, sento anche il dovere di affermare con forza che questa è la legge. Una legge, quella sui collaboratori di giustizia, voluta da Giovanni, e ritenuta indispensabile per scardinare le organizzazioni mafiose dall’interno”. Così Maria Falcone, sorella del giudice ucciso nella strage di Capaci sulla liberazione definitiva di Giovanni Brusca.
“Brusca ha beneficiato di questa normativa, ha avuto un percorso di collaborazione con la giustizia che ha avuto un impatto significativo sulla lotta contro Cosa Nostra. Le sue confessioni hanno contribuito all’arresto di numerosi mafiosi e alla confisca di beni illeciti – dice -Tuttavia non si può ignorare che la sua collaborazione non è stata, su ogni fronte, pienamente esaustiva. In particolare, rimane tuttora un’area nebulosa quella riguardante i beni a lui riconducibili, per i quali la magistratura ha il dovere di continuare a indagare e chiarire ogni dubbio: colpire i mafiosi nei loro interessi economici è la pena più dura, privarli del denaro è ciò che li annienta davvero”.
“Il mio giudizio personale, come sorella di Giovanni Falcone, oggi rimane distinto da quello istituzionale. Brusca è autore di crimini orrendi, come Il rapimento e l’uccisione del piccolo Giuseppe Di Matteo, figlio di un pentito, che fu tenuto prigioniero per 779 giorni e poi strangolato e sciolto nell’acido e non trovo parole per esprimere il mio dolore e rabbia personale che altrettanto e ancora più grande sarà da chi ha subito questi orrori. Ma proprio per questo, oggi rinnovo il mio impegno, e quello della Fondazione che porta il nome di Giovanni, a continuare a lavorare per il rispetto della legge, fondamento della nostra democrazia”, conclude.
Tina Montinaro: “Amareggiati, come se non fosse successo niente”
“Il ritorno in libertà di Giovanni Brusca ci amareggia molto, moltissimo. Questa non è giustizia per i familiari delle vittime della strage di Capaci e di tutte le altre vittime. Lo so che è stata applicata la legge ma è come se non fosse mai successo niente…”. E’ l’amaro con l’Adnkronos di Tina Montinaro, la vedova del capo scorta di Giovanni Falcone, Antonio Montinaro, morto nella strage di Capaci insieme con due colleghi e con il giudice e la moglie.
“Sì, è vero, ha iniziato a collaborare con la giustizia – dice Tina Montinaro, a capo dell’associazione Quarto Savona Quindici, il nome dell’auto di scorta del marito saltata in aria quel 23 maggio di 33 anni fa – ma non bisogna assolutamente dimenticare che anche i collaboratori sono dei criminali. Non sono diventate persone per bene E noi familiari delle vittime in questo modo non ci sentiamo rispettati”.
Autista Falcone: “La legge non è per persone oneste”
“Cosa posso dire davanti a una notizia del genere? Verrebbe da dire che la legge oggi non è per le persone oneste. Giovanni Brusca che ha sulla coscienza decine di morti, oltre alle vittime della strage di Capaci, è ora un uomo libero a tutti gli effetti. Mentre le sue vittime sono sotto terra e lo saranno per sempre”. Lo ha detto all’Adnkronos Giuseppe Costanza, l’autista del giudice Giovanni Falcone, sopravvissuto alla strage del 23 maggio 1992. “La libertà la danno solo agli attentatori e a coloro che sono morti no?…”, dice.
“E’ vero, la legge va applicata – dice Costanza – ma quando ci sono stragi con tante persone uccise, ci dovrebbero essere giudici più consapevoli, non così… Perché non è corretto che lui sia un uomo libero”. “Ha scontato 25 anni di detenzione ma chi è morto non torna più in vita”.
Poi aggiunge: “Provo sconforto più che amarezza, la legge non è più le persone oneste. Questa è gente che non dovrebbe più uscire dal carcere. E’ sotto protezione e chissà che ha un anche un vitalizio… viva l’Italia”.
Grasso: “Capisco la rabbia, ma è una legge voluta da Falcone”
“Lo so, la prima reazione alla notizia della liberazione di Brusca è provare rabbia e indignazione. Vale per tutti, anche per me. Ma dobbiamo evitare reazioni di pancia e ragionare insieme. La legge per cui ora, dopo 25 anni di carcere e 4 di libertà vigilata, è considerato libero l’ha voluta Giovanni Falcone, ed è la legge che ci ha consentito di radere al suolo la cupola di Riina, Provenzano e Messina Denaro, che negli anni 80 e 90 ha insanguinato Palermo, la Sicilia, l’Italia. Grazie ai segreti confessati da Brusca infatti abbiamo potuto evitare altre stragi, incarcerare centinaia di mafiosi e condannarli a pene durissime e centinaia di ergastoli”. Così Pietro Grasso, già procuratore nazionale antimafia e presidente della Fondazione scintille di futuro.
“Ripeto quello che ho detto quattro anni fa: con Brusca lo Stato ha vinto tre volte: quando lo ha catturato, quando lo ha convinto a collaborare, ora che è un esempio per tutti gli altri mafiosi. L’unica strada per non morire in carcere come Riina, Provenzano e Messina Denaro è collaborare con la giustizia. Certo è che se mai dovesse commettere un qualsiasi tipo di reato non avrà alcuno sconto. Quello che mi preoccupa, e dobbiamo vigilare che non accada mai, è che si rischia di concedere benefici a chi, come Graviano, non ha mai collaborato. Il modo in cui uno Stato onora le vittime è contrastando la mafia e cercando di sconfiggerla con tutte le forze e con tutta la forza del diritto”, conclude.

