Denaro sul piccolo Giuseppe Di Matteo: "Non fui io a farlo uccidere"

Matteo Denaro sul piccolo Giuseppe Di Matteo: “Non fui io a farlo uccidere”

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Matteo Denaro sul piccolo Giuseppe Di Matteo: “Non fui io a farlo uccidere”

Redazione  |
mercoledì 22 Marzo 2023

Il boss di Castelvetrano rivela un retroscena sul barbaro assassinio del dodicenne strangolato e sciolto nell'acido

Fu lui a ordinarne il sequestro ma non a commettere l’omicidio. Il superboss catturato il 16 gennaio di quest’anno rivela altri inquietanti retroscena sull’assassinio di Giuseppe Di Matteo – il 12enne rapito il 23 novembre del 1993 nel maneggio di Villabate (Palermo) dove andava a cavallo -, avvenuto per convincere il padre, Santino Di Matteo, collaboratore di giustizia, a ritrattare le sue rivelazioni. La responsabilità dell’ignobile atto, Matteo Messina Denaro, parlando al gip Alfredo Montalto, la scarica su Giovanni Brusca, autore materiale della soppressione del bambino, strangolato e sciolto nell’acido.

Una vicenda raccapricciante

Quello che viene ricordato come uno dei fatti di cronaca più sconvolgenti mai accaduti in Italia ebbe inizio a Campobello di Mazara, paese dell’ultimo covo di Denaro. Lì si trovava la prima masseria nella quale fu portato, incappucciato e chiuso nel bagagliaio di un’auto. Il ragazzino trascorse qui un periodo della sua orribile prigionia, ovvero nella casa di campagna di Giuseppe Costa, fedelissimo del boss. Era l’inizio di un calvario durato oltre due anni. Si concluse in un casolare-bunker nelle campagne di San Giuseppe Jato l’11 gennaio 1996 quando Brusca ordinò di farla finita. Di Giuseppe Di Matteo non è rimasta neppure una traccia. Ma la sua memoria, che in questi anni non si è mai affievolita, verrà rinnovata con un atto simbolico: a Castelvetrano sarà intitolata a lui la scuola elementare che Messina Denaro frequentò da bambino.

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