Forum con Giuseppe Drago, direttore generale Azienda sanitaria provinciale di Ragusa
Un confronto su questioni strutturali e non contingenti: ospite di questo Forum con il QdS, alla presenza del vice direttore Raffaella Tregua, il direttore generale dell’Asp di Ragusa, Giuseppe Drago.
Uno dei problemi più annosi della sanità siciliana è quello delle liste d’attesa. Qual è la situazione nella vostra Asp?
“Il problema delle liste d’attesa non è un problema siciliano ma è un problema internazionale, pesa molto al Sud ed è molto sentito. Ci sono due elementi da considerare: il primo è la domanda, che va governata e a volte non è appropriata e va a intasare il sistema. Un esempio pratico? Richiedere subito una risonanza per un mal di testa. Bisogna coinvolgere il medico di famiglia, che è il vero gestore del paziente e ricucire questo rapporto. Un primo lavoro dunque va fatto sull’appropriatezza della domanda e in tal senso segnalo, per esempio, che sull’Ecocolordoppler si registra un’inappropriatezza della domanda dell’80%. L’altro elemento che va governato è l’offerta: in termini di tecnologia disponibile, c’è un grosso rinnovamento del parco tecnologico grazie al Pnrr, e sul fronte della professionalità. Tutte le strutture sanitarie sono in grande difficoltà e in carenza di personale qualificato. Per le aziende territoriali il problema è particolarmente grosso e ancor di più per emergenza-rianimazione: senza anestesisti è difficile abbattere le liste d’attesa”.
Quali strategie state intraprendendo e contate di avviare per invertire il trend?
“Per le prestazioni con priorità abbiamo istituito i percorsi di tutela: se il paziente ha una prescrizione da eseguire entro trenta giorni, che noi verifichiamo essere appropriata, e la prenotazione eccede tale scadenza, il soggetto può richiedere di rientrare nel citato percorso. Con attività libero-professionale in una nostra struttura e a carico dell’azienda, il paziente avrà accesso alla prestazione entro trenta giorni. Abbiamo attivato il percorso nel mese di aprile e circa cinquecento richieste sono state soddisfatte. Abbiamo potenziato l’offerta e se il 9 luglio avevamo 12.000 prestazioni ambulatoriali out, quindi fuori dai tempi della priorità, oggi siamo a seimila. Le prestazioni out vanno ridotte dell’80%, ma si conta di azzerarle. Per quanto riguarda i ricoveri siamo partiti con 2.200 ricoveri out al 9 luglio e oggi siamo arrivati a 1.600. I ricoveri out dobbiamo ridurli del 70%, lasciandone un massimo di seicento. Abbiamo utilizzato 400.000 euro di bilancio dell’anno scorso e abbiamo contrattualizzato con i privati accreditati per fornire altre 7.000 prestazioni aggiuntive di cui 1.000 risonanze e 1.000 tac. Usiamo inoltre il meccanismo del recall: chiamiamo il paziente per avere la conferma che si presenterà all’appuntamento, se dichiara che non verrà, liberiamo e anticipiamo un posto per chi segue in lista. Stiamo facendo investimenti per automatizzare le liste d’attesa e per la digitalizzazione”.
Come ha riorganizzato la sua “squadra di lavoro”?
“Dal 9 luglio sono direttore generale e dal primo settembre mi avvalgo di due collaboratori: il direttore amministrativo, Massimo Cicero, e il direttore sanitario, Sara Lanza. Siamo tutti e tre ‘interni’ e lavorare nell’azienda in cui si è cresciuti è un valore aggiunto perché permette un’operatività immediata che deriva dalla conoscenza del contesto in cui si opera”.
Qual è il bacino d’utenza che servite?
“La provincia di Ragusa ha un bacino d’utenza di circa 300.000 abitanti e l’azienda, essendo virtuosa, ha un grosso livello d’attrazione su Gela, Niscemi e Caltanissetta: il 40% dei pazienti di chirurgia vascolare dell’Ospedale di Vittoria è fuori sede, per esempio. Le aziende meno virtuose hanno meno pazienti e di conseguenza hanno liste d’attesa più corte perché la scelta ricade sui centri che hanno una ‘fama’ e dei risultati migliori”.
La Sicilia è ancora indietro sul fronte della prevenzione
Come andrebbe riorganizzata la rete ospedaliera e la sanità in generale?
“Il ruolo del medico di famiglia è fondamentale. Si potrà dare un riscontro valido al paziente con le Case di comunità, in cui ci sarà il medico di famiglia, presente h24, che darà un indirizzo senza intasare il pronto soccorso. L’80% degli accessi nazionali sono inappropriati, codici bianchi o codici verdi. Altro fronte fondamentale è la domiciliarizzazione, la cura a casa, presente nel Decreto ministeriale 77, e la telemedicina, si pensi ai cardiopatici controllati da casa. Abbiamo attivato, per esempio, un servizio di chemioterapia domiciliare per i soggetti che non si possono spostare e per determinati trattamenti. C’è bisogno di una medicina proattiva: andare a casa del paziente, anche per controlli periodici, senza aspettare che si ammali o si aggravi”.
Quanto è importante la prevenzione?
“La nuova visione della medicina si avvale dell’approccio one-health: cioè non curare la malattia ma curare la persona e, nel curare la persona, la prevenzione ha un ruolo fondamentale con attività fisica e alimentazione adeguata. C’è una differenza tra la prevenzione e la cura nel riscontro che si può avere nei dati: il paziente che arriva in condizioni gravi in Pronto soccorso viene operato, guarisce e ha un risultato subito visibile. La prevenzione dà risultati a lungo raggio. Intanto, però, la Sicilia se si guarda agli screening che riguardano alcuni tipi di tumore, è ancora molto indietro”.
Carenze sul fronte del personale medico soprattutto all’interno dei Pronto soccorso
Quali sono i principali investimenti in cantiere sul territorio di vostra competenza?
“Anzitutto nove Case di comunità, sette di queste con lavori già avviati, mentre per i tre Ospedali di comunità i lavori sono già stati consegnati. Sul fronte delle tecnologie abbiamo a disposizione nuovi mammografi e angiografi. Credo che dal punto di vista strutturale e dell’innovazione tecnologica il lavoro fatto finora sia a buon punto e pronto a dare buoni frutti”.
Sul fronte delle professionalità disponibili quali ostacoli incontrate per il reclutamento?
“Quello delle professionalità è un grosso limite: basti pensare che per il reclutamento abbiamo stipulato convenzioni con le Università per assumere specializzandi, l’ultima con la Kore, e su 29 posti in Anestesia e Rianimazione si sono presentati solo in nove. Dalla scuola di specializzazione di Siena su 18 posti nessuna candidatura. Spesso ci si ferma a una motivazione di tipo economica, ma per un medico che lavora al Pronto soccorso c’è un’esposizione al rischio, alle aggressioni, alle denunce, diversa che in altre professionalità. La grossa carenza di personale è dunque nelle professionalità mediche, in particolare in Pronto soccorso: dovremmo avere 60 medici ma ne abbiamo 25. All’ospedale di Vittoria abbiamo un solo medico a turno che dovrebbe fare fronte a 160 accessi giornalieri”.
Cosa state facendo per difendere i medici dal rischio aggressioni?
“La provincia di Ragusa ha sei ospedali, quello più esposto sotto questo aspetto è quello di Vittoria. Con la Questura di Ragusa abbiamo istituito un Posto di Polizia in ospedale e da allora non si sono registrate aggressioni. Abbiamo anche potenziato il servizio di vigilanza privata da 12 a 24 ore. Stiamo lavorando nell’ambito dell’accoglienza: dalla poltrona comoda al display che indica i tempi d’attesa per codice colore”.