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Grandi opere pubbliche, 40 miliardi destinati al Nord ma il Ponte sullo Stretto ne costerà soltanto 13,5

Grandi opere pubbliche, 40 miliardi destinati al Nord ma il Ponte sullo Stretto ne costerà soltanto 13,5
Ponte sullo Stretto di Messina

Dalla Tav Torino-Lione al Mose di Venezia, fino al Terzo Valico dei Giovi e la Galleria del Brennero, nelle regioni settentrionali tanti investimenti e poche chiacchiere. E intanto al Sud i benaltristi “straparlano”

PALERMO – Con l’approvazione, da parte del Cipess, del progetto definitivo per la realizzazione del Ponte sullo Stretto di Messina, si sono riaccese con veemenza le voci critiche rispetto alla realizzazione della grande opera. Opinioni, ovviamente tutte legittime e meritevoli di ascolto ma che – a un’analisi attenta e scevra da pregiudizi – perdono di rilevanza. Da quelle pseudo ambientaliste di quanti – e si fa fatica a capire perché – giudicano più impattante sull’ecosistema la realizzazione dell’infrastruttura che il continuo passaggio di mezzi navali in un breve tratto di mare, a quelle benaltriste di chi sostiene che alla Sicilia serva altro, che sia prima necessario intervenire sulle altre evidenti lacune infrastrutturali dell’Isola, dimenticando però che il Ponte prevede comunque una serie di opere connesse che miglioreranno la viabilità delle aree limitrofe e le connessioni tra le grandi città siciliane e omettendo che, in oltre 75 anni di storia repubblicana in cui la grande opera è stata, al massimo un’idea o un progetto che doveva superare le Forche Caudine della burocrazia, degli interventi infrastrutturali richiesti non si è vista nemmeno l’ombra. Che servano minimo dieci ore, praticamente quelle che impiega un volo intercontinentale tra l’Italia e gli Usa, per spostarsi in treno da Trapani a Siracusa è emblematico e vergognoso. Ma questa non può essere una bandiera da far garrire al vento per dire “No” al Ponte.

Altro punto della discordia è quello relativo ai costi

Le stime aggiornate parlano di una spesa compresa tra i 13,5 e i 15 miliardi. Una cifra importante, ma che andrebbe messa in relazione anche con l’impatto stimato sul Pil italiano, che Open Economics quantifica in circa 23 miliardi. Polemiche aspre e tentativi di bloccare la realizzazione di un’infrastruttura storica, che nel 2025 appare cruciale. Tra questi tentativi anche quello di un referendum, che sembra ormai naufragato, ma che dà l’idea di quanto siano cervellotiche certe iniziative e certe recriminazioni. Anche perché, al Nord, di grandi opere se ne sono realizzate e se ne realizzeranno ancora, ma nessuno ha mai pensato – com’è giusto che sia – di chiedere il parere di siciliani, calabresi, campani e via discorrendo. Un modello, quello delle regioni settentrionali e centrali della nostra nazione, che non è ovviamente totalmente scevro da difficoltà e dagli atavici mali italiani, ma che ha anche numerosi pregi da prendere a modello per realizzare, anche da Roma in giù, quelle opere strategiche che – finalmente – potrebbero permettere di “vedere l’Italia da Sud”. Invece siamo ancora costretti a raccontare un Meridione fermo al palo, preda del solito triste immobilismo e di un deleterio fatalismo che, unito alla volontà di chi vuole portare crescita e sviluppo ad altre latitudini, fossilizza quel grave gap infrastrutturale di cui tante volte abbiamo parlato dalle colonne di questo giornale.

La Tav Torino-Lione

Nell’area centro-settentrionale, negli ultimi decenni, sono state progettate e realizzate opere per circa 40 miliardi. Molte di queste non sono ancora state ultimate e l’impegno economico potrebbe, quindi, crescere ulteriormente. Su tutte spicca la Tav Torino-Lione, linea ferroviaria per merci e passeggeri che si estende per 270 km, di cui il 70% in Francia e il 30% in Italia. Opera contestatissima, al pari e forse anche più del Ponte sullo Stretto, la cui realizzazione va comunque avanti, nonostante le attività di contrasto e sabotaggio anche recenti. Gli ultimi aggiornamenti, relativi al mese di giugno, dei lavori sul fronte italiano sono relativi all’invio, da parte della società costruttrice, ai Ministeri e agli Enti competenti, del Progetto esecutivo di Fase 2, che approfondisce l’operatività sul campo del progetto già approvato. Le attività riguardano i cantieri di Chiomonte-Giaglione, Susa e Salbertrand. Tra le principali attività rientra la fase preparatoria per l’arrivo della talpa meccanica. Attualmente, su entrambi i fronti, sono attivi undici cantieri e sono stati finora relizzati 43,6 km di gallerie. A luglio gli appalti aggiudicati ammontano a 8,7 miliardi. La spesa per il tunnel di base, leggermente lievitata, dovrebbe aggirarsi intorno agli 11 miliardi (di cui poco più della metà a carico dell’Italia), a cui dovrebbero aggiungersi ulteriori due miliardi circa per la linea di Orbassano. Entro il 2030 dovrebbe essere completata la galleria di Moncenisio, poi scatterà la fase della posa dei binari con inaugurazione prevista nel 2033 anche se, da più parti, si ipotizza che tale scadenza non potrà essere rispettata.

La galleria del Brennero

Altra grande infrastruttura in corso di realizzazione, che coinvolge l’Italia e un Paese confinante, è la galleria di base del Brennero, opera ferroviaria che collegherà Fortezza a Innsbruck passando sotto il passo del Brennero e che sarà il tunnel ferroviario più lungo del mondo. Il progetto di ingegneria civile italo-austriaco prevede sette lotti, in cinque di questi (secondo gli aggiornamenti relativi a luglio) i lavori sono stati ultimati. Dei restanti due uno è nella fase conclusiva. I cantieri attualmente attivi sono tre (uno in Italia, due in Austria) e gli interventi più importanti in corso sono quelli nel lotto Pfons-Brennero, dove si sta eseguendo lo scavo meccanizzato. Gli scavi sul territorio italiano sono terminati nei mesi scorsi ed è stata avviata la complessa fase di finitura, posa degli impianti e armamento ferroviario. La spesa complessiva sarà di circa 10,5 miliardi. Da sottolineare il cofinanziamento da parte della Ue, pari 40% per le attività di realizzazione delle gallerie principali. La cifra restante è da dividere tra Italia (85%) e Austria (15%).

Terzo valico dei Giovi

Altro investimento significativo quello relativo alla ferrovia Genova-Tortona, nota come Terzo valico dei Giovi o, più semplicemente, Terzo valico. Una linea ferroviaria finalizzata a creare un collegamento veloce fra Genova e Tortona e, più in generale, tra la Liguria e la Pianura Padana. La realizzazione dell’opera è suddivisa in sei lotti costruttivi non funzionali, ciascun lotto non corrisponde l’attivazione di parti della linea, tutti interamente finanziati ed è in corso la loro realizzazione. L’avanzamento complessivo dello scavo delle gallerie è pari a circa il 77% (68 km) su un totale di 88 km di opere in sotterraneo. Il costo del Terzo valico sarà di circa 8,5 miliardi, cui vanno aggiunte le altre opere previste nel progetto unico che prevede: il Nodo di Genova (1,5 miliardi) e il potenziamento di Genova Campasso (600 milioni). La spesa finale, dunque, ammonta a circa 10,6 miliardi.

Il tunnel subacqueo del porto di Genova

Nel capoluogo ligure si sta lavorando anche alla realizzazione di un’altra opera strategica, il tunnel subacqueo del porto, che sarà il primo con questa particolare caratteristica in Italia e il più grande d’Europa. Si tratta di un’opera mastodontica che mira a ridare nuova linfa alla circolazione stradale della città, ormai satura dal punto di vista della capacità veicolare, gestita a oggi con la Sopraelevata. Il tracciato del tunnel che sarà costituito da due gallerie distinte, una per senso di marcia, collegherà Genova Ovest con Genova Est, sarà lungo 3,4 km, 4,2 km se si considerano anche tutti i collegamenti con le infrastrutture stradali già presenti, e raggiungerà una profondità massima di 45 metri sotto il livello del mare. Il progetto è stato presentato all’inizio del 2024 e i cantieri sono stati avviati pochi mesi dopo, mentre il via agli scavi è previsto per il 2027 e la conclusione dei lavori nel 2031, per un importo di 700 milioni in riferimento al solo tunnel che raggiunge quota 1 miliardo con le opere connesse.

Passante alta velocità di Firenze

Altrettanto significativo, per la viabilità e i trasporti di una delle città più grandi e importanti del nostro Paese, è il passante Alta Velocità di Firenze. L’obiettivo è quello di migliorare la mobilità di Firenze e dintorni, preservandone gli equilibri urbanistici e ambientali e dotandola di nuove infrastrutture sostenibili, in gran parte in sotterranea. Per questo verranno realizzati due tunnel e una nuova stazione dedicata esclusivamente all’alta velocità: nuove strutture sotterranee che permetteranno ai treni più rapidi di non interferire con quelli regionali. Dopo numerose controversie e anni in cui i cantieri sono rimasti bloccati, adesso si può parlare di piena operatività degli scavi. La tabella di marcia dovrebbe essere rispettata e arrivare alla meta nel 2028. La spesa per questa grande opera si aggira intorno a 1,1 miliardi.

La Tav Brescia-Verona e il Mose di Venezia

Concludiamo con la grande opera più vicina all’inaugurazione e con quella che è pienamente operativa. La prima è la Tav Brescia-Verona, che attraverserà tutto il lago di Garda, partendo dalle porte della città lombarda fino ad arrivare alle porte di quella veneta e si svilupperà per un totale di 45,4 chilometri, dei quali 30 km in parallelo all’autostrada A4 e 8 km in allineamento alla linea ferroviaria, permettendo così la connessione di Milano con Verona. Costo stimato dell’opera oltre i 2,5 miliardi. Ad aprile 2025 l’avanzamento dei lavori stimati era all’85%, ed è dunque logico ipotizzare che – come previsto – sarà tutto pronto per il 2026.

La seconda, invece, è il celeberrimo Mose, un’opera discussa ma che si è rivelata fondamentale. Si tratta di un sistema di dighe mobili finalizzato alla difesa della città di Venezia e della sua laguna dal fenomeno dell’acqua alta. Il costo di costruzione dell’opera si è attestato oltre i 6 miliardi di euro cui si aggiunge il cosiddetto costo d’intervento, ossia quello derivante dalla sua utilizzazione. Ognuna delle “alzate”, secondo alcune stime ammonterebbe a circa 200 mila euro.

Come detto, a spanne e considerando la spesa complessiva e non soltanto quella italiana, arriviamo a circa 40 miliardi di euro di investimenti. Molto più di quanto previsto per il Ponte sullo Stretto di Messina. Un’opera di fondamentale importanza, quest’ultima, che cambierà volto del Mezzogiorno, ma che certamente non potrà colmare da sola il gap infrastrutturale che permane tra Nord e Sud del Paese. Per riuscire in questo difficile compito bisognerebbe “ribaltare” il Paese investendo di più nel Meridione. Ma se i signor “No” si sono già scatenati per il Ponte, immaginiamo cosa potrebbe accadere se un’ipotesi del genere si verificasse per rilanciare davvero il Mezzogiorno e con esso la crescita del Paese.