Rifiuti, “Gravi responsabilità dei governi in vent’anni di gestione” - QdS

Rifiuti, “Gravi responsabilità dei governi in vent’anni di gestione”

Gabriele Patti

Rifiuti, “Gravi responsabilità dei governi in vent’anni di gestione”

venerdì 17 Aprile 2020

La “condanna” degli esecutivi siciliani nella Relazione approvata ieri all’unanimità dalla commissione antimafia dell’Ars. Claudio Fava: “L’abbancamento in discarica pretesto per favorire le infiltrazioni mafiose”

PALERMO – “Opaco e a tratti imbarazzante”. È il quadro emerso dalla relazione conclusiva dell’inchiesta sul ciclo dei rifiuti in Sicilia, realizzata dalla commissione regionale antimafia all’Ars, per parola del suo presidente, Claudio Fava.

Dagli “accordi a tavolino” per l’aggiudicazione degli impianti di termovalorizzazione (mai avviati) all’epoca dell’allora giunta Cuffaro, alle “generose autorizzazioni” per l’ampliamento delle discariche durante i governi successivi (primo, in ordine di tempo, quello guidato da Raffaele Lombardo). Fino, in tempi più recenti, alla condanna del funzionario regionale dell’ufficio Ambiente e territorio, l’architetto Gianfranco Cannova, e di alcuni imprenditori del settore, tra i quali l’ex patron di Oikos Spa (la ditta che si occupa della gestione della discarica Tiritì, in territorio di Misterbianco; e dell’ex Valanghe di Inverno, al confine con Motta Sant’Anastasia), Domenico Proto. E ancora il “coacervo di interessi della discarica di Bellolampo.

Una relazione approvata all’unanimità e che riguarda gli ultimi vent’anni della gestione del ciclo di rifiuti. Il cui core business è stato costituito dall’abbancamento in discarica come “un esito quasi obbligato – spiega Fava -, un pretesto per favorire infiltrazioni mafiose consolidate in un sistema ostaggio di interessi privati”. E questo, a prescindere da qualunque divergenza politico-ideologica, è un aspetto che si è manifestato tanto nell’aggiudicazione, poi fallita, dei termovalorizzatori quanto nella gestione delle autorizzazioni per implementazione e ampliamento delle discariche.

Con riferimento al primo aspetto, il presidente dela commissione antimafia fa riferimento alle quattro domande “millitricamente coincidenti” presentate al bando che avrebbe dovuto dare vita a quattro termovalorizzatori. In soldoni: delle sette proposte presentate dalla gara fortemente voluta dall’allora presidente Totò Cuffaro, solo quattro hanno avuto esito positivo. Tutte avente ad oggetto territori diversi e perfettamente coniugabili tra loro. “Una possibilità su un miliardo – replica Fava parafrasando l’ex assessore regionale per l’energia e i servizi di pubblica utilità, Pier Carmelo Russo, audito in commissione –. Al superenalotto, per intenderci, una su 622 milioni”. Un sistema, dunque, che risente della debolezza della governance politica e che “ha incrementato – secondo Fava – il vassallaggio della funzione amministrativa”. La stessa che ha scelto “di essere subalterna agli interessi particolari”.

Un problema che riguarda da vicino anche le discariche. Stando ai dati divulgati dalla stessa Commissione, si sono registrati “autorizzazioni per milioni di metri cubi con pratiche corruttive abbastanza diffuse”. Tra proroghe e affidi diretti la compiacenza delle istituzioni diventa un dato. Ma, secondo la Commissione, lo è anche lo scioglimento forzato di alcuni Comuni per infiltrazioni mafiose. Circostanza che in alcuni casi (come quello di Scicli e Siculiana, territori in cui i sindaci erano tra i maggiori appositori all’abbancamento in discarica) non ha potato alla condanna per concorso esterno degli amministratori locali, anzi al proscioglimento. Insomma lo scioglimento utilizzato come pretesto per eliminare gli oppositori.

“Emblematico – commenta Fava – il caso Scicli, in cui il sindaco del Comune sciolto per mafia, è stato poi prosciolto per il conseguente reato di concorso esterno”. Insomma: “Ogni tanto – esemplifica il presidente – sciogliere un comune diventava un atto di fede, e andava fatto”.

In questo scenario, “le responsabilità dei governi e dell’amministrazione regionale sono gravi”, dichiara Fava. “Abbiamo ascoltato presidenti, assessori che per vent’anni, con pochissime eccezioni, hanno di fatto abdicato alla loro funzione di indirizzo politico”. Veri e propri tratti di un sistema di interferenze e di sollecitazioni “che ricorda – si legge in relazione –, per modalità e per il ricorrere talvolta degli stessi protagonisti le vicende legate al cd. sistema Montante”.

Altro capitolo riguarda il filo rosso che unisce la gestione dei rifiuti da Catania a Palermo, e in tutto il territorio regionale: “l’istituto della firmetta”. Così si riferisce Fava a quel meccanismo, che in Sicilia, a dire della Commissione, assurge a prassi consolidata, secondo cui la responsabilità viene scaricata su quei pochi passacarte che si limitavano ad apporre la propria firma. “Io facevo passare quello che vedevo firmato da Zuccarello – dichiara alla Commissione Sergio Gelardi, dirigente generale del dipartimento ambiente da gennaio 2010 fino a febbraio 2011 – che gestiva, anche, l’Aia. Per me era una cosa banale, io verificavo che lui avesse firmato il provvedimento e io apponevo la mia firmetta”. “Ma la sua firmetta – replica Fava in sede di audizione – a quel punto non prendeva in esame le cosiddette valutazioni strategiche?”. “No”, è la risposta secca di Gelardi.

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