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Accordo di pace per Gaza, nella Striscia i festeggiamenti tra speranza e memoria – VIDEO

A Gaza è il giorno della speranza: dopo l’annunciato accordo tra Israele e Hamas sulla “prima fase” del piano ideato dagli USA per la pace, i festeggiamenti hanno invaso le strade della Striscia, massacrata negli ultimi due anni da guerra, fame e orrore. A Khan Yunis, che dal 7 ottobre 2023 e con la recente operazione israeliana è diventata simbolo del disastro umanitario in essere a Gaza, oggi i giovani palestinesi gioiscono in strada all’annuncio di un primo accordo che sperano possa trasformarsi in realtà senza intoppi.

Per loro – che da due anni esatti vivono in condizioni disumane, nel terrore puro – oggi è un “giorno storico“. Anche se pesa, e non poco, il ricordo delle vittime, della carestia in atto e degli oltre 64mila bambini che sono morti o hanno subìto mutilazioni per gli atti di guerra.

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Guerra a Gaza, i festeggiamenti per la prima fase dell’accordo di pace

“È una grande gioia, ringraziamo i nostri fratelli e tutti coloro che hanno partecipato, anche solo a parole, per fermare questa guerra e questo spargimento di sangue. Ringraziamo i nostri fratelli in Egitto e Qatar per i loro sforzi volti a porre fine a questa guerra”, dice un ragazzo in un video servizio di Askanews.

“Ringraziamo Dio, nonostante tutti i feriti e i morti, nonostante la perdita di persone care e di parenti, oggi siamo felici, grazie a Dio – dice un altro gazawi – c’è tristezza perché pochi giorni fa ho perso i miei cugini e alcuni amici, una settimana fa ho perso il mio amato nonno ma oggi, nonostante tutto questo, siamo davvero felici”.

Cosa succede ora

I festeggiamenti a Gaza sono partiti subito dopo l’annuncio del raggiunto accordo, ma la strada verso la risoluzione definitiva è ancora lontana. Lo dimostra il fatto che nelle scorse ore ci siano stati comunque raid israeliani con morti a Gaza, in attesa della ratifica formale prevista per il pomeriggio. C’è poi, accanto alla speranza, il timore per le fasi future delle trattative: l’accordo, infatti, è ancora alla “prima fase” e la risoluzione di questioni spinose come il futuro della Palestina e la ricostruzione post-bellica rimane tutt’altro che vicina. Ognuna di queste questioni potrebbe far degenerare i negoziati e alterare i già fragili equilibri che la diplomazia mondiale sta cercando di (ri)costruire e riaprire la voragine di guerra e morte.

L’accordo odierno – pur nelle sue “imperfezioni” più volte citate da tutte le parti coinvolte – rappresenta comunque un significativo passo verso la pace, che prevede il rilascio degli ostaggi (venti di questi sarebbero ancora vivi), l’inizio del graduale ritiro di Israele dalla Striscia e la liberazione di alcuni detenuti palestinese. La parte più complessa di questa prima fase riguarderà la “consegna dei corpi dei defunti”, poiché Hamas non saprebbe indicare dove siano i resti: secondo l’israeliano Ynet, potrebbe essere messa in campo una task force internazionale (composta da Israele, USA, Egitto, Qatar e Turchia) per localizzare i corpi. Per quanto riguarda i prigionieri palestinesi, invece, rimane da vedere se si tratterà di figure di spicco – come Marwan Barghouti e Ahmed Saadat – o di altri esponenti di minore rilevanza vicini ad Hamas.

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