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Iran-USA, è guerra: cosa rischia la Sicilia e la posizione di Sigonella

Iran-USA, è guerra: cosa rischia la Sicilia e la posizione di Sigonella
Guerra Iran – Israele – Stati Uniti – Imagoeconomica

Tensione a livello mondiale dopo l’escalation tra Israele, Stati Uniti e Iran. Ecco cosa importa alla Sicilia e l’attuale situazione nella base di Sigonella.

Ore di fuoco, fiamme e violenza. Gli Stati Uniti hanno deciso di attaccare l’Iran e il conflitto in Medio Oriente si approssima sempre di più a trasformarsi in guerra mondiale, lasciando con il fiato sospeso anche l’Italia e nello specifico la Sicilia, che – considerata la presenza della base militare di Sigonella sul territorio e di altri obiettivi potenzialmente sensibili – risulta sicuramente tra le aree sotto massima osservazione.

Guerra Iran – Stati Uniti, rischi per la Sicilia e la posizione di Sigonella

Subito dopo l’attacco statunitense agli obiettivi nucleari iraniani di Fordow, Natanz ed Esfahan, si è rafforzata l’allerta per i potenziali obiettivi sensibili in Italia. Si parla del Vaticano, delle sedi diplomatiche, ma soprattutto delle basi statunitensi in Italia (compresa Sigonella, in Sicilia, e il Muos di Niscemi, infrastruttura militare di telecomunicazioni di grande rilevanza).

Dopo l’operazione Martello degli Stati Uniti in Iran, l’attenzione ai siti sensibili in Medio Oriente, in Sicilia e in tutto il mondo è destinato a crescere. Secondo le ultime informazioni in possesso del QdS, a Sigonella lo stato d’allerta – al momento – rimane esattamente quello di una settimana fa, quando la situazione era già in procinto di degenerare. Gli sviluppi delle prossime ore, però, saranno decisivi per comprendere cosa accadrà. Se attualmente il rischio per la Sicilia appare limitato, è chiaro che la posizione strategica dell’Isola e la presenza di obiettivi sensibili sul territorio richiedono di mantenere gli occhi ben aperti sull’evoluzione della situazione.

Gli scenari

La guerra tra Iran e Stati Uniti, un nuovo fronte del conflitto che vede protagonista Israele da diversi mesi, è iniziata e la situazione potrebbe essere arrivata a un punto di non ritorno. Lo conferma il post su X del ministro degli Esteri di Teheran Abbas Araghchi, che – promettendo di rispondere senza riserve agli attacchi subìti (“Non scenderemo mai a compromessi sulla sovranità e l’indipendenza delle nostre terre e del nostro popolo”) – parla di “conseguenze eterne“. Un’espressione che mette in chiaro che l’ingresso in guerra degli Stati Uniti e l’ulteriore allargamento del conflitto in Medio Oriente cambierà la storia.

Una delle incognite più grandi è la reazione di alcuni Stati che potrebbero cambiare le sorti del conflitto. Si pensi, per esempio, al Qatar, tra quei pochi territori ancora in grado di ricercare una strada diplomatica ma anche tra gli Stati più a rischio in caso di ulteriore escalation. O alla Cina e alla Russia, che hanno già condannato apertamente gli attacchi degli USA e che nello scacchiere diplomatico e geopolitico internazionale potrebbero avere qualcosa da guadagnare (o da perdere). O, ancora, al ruolo decisivo dell’Arabia Saudita, che nella sua presa di posizione dovrà tenere conto di fattori come la storica rivalità geopolitica con l’Iran – ora a una fase di svolta -, la necessità di tenere in piedi i difficili equilibri con Israele e un piano di diversificazione economica che potrebbe subire i duri colpi della guerra in corso.

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