Ci sono momenti destinati a cambiare la storia e quello degli attacchi degli Stati Uniti ai siti nucleari di Fordow, Natanz ed Esfahan dello scorso sabato è uno di questi. L’operazione Martello ha aperto una nuova fase dell’ormai pluridecennale crisi del cosiddetto Medio Oriente, ormai degenerata in guerra, e adesso gli occhi del mondo sono puntati su tutti i potenziali obiettivi sensibili in giro per il mondo. In Sicilia, al centro del Mediterraneo, la tensione scatenata dalla guerra USA – Israele – Iran è particolarmente alta e l’attenzione focalizzata su due siti in particolare: la base di Sigonella e il Muos di Niscemi.
E si tratta di una tensione purtroppo destinata ad aumentare, con l’inizio degli attacchi iraniani alle basi USA. I raid contro la base di Al Udeid, in Qatar, potrebbero scatenare l’ennesima escalation – il Paese del Golfo si è infatti riservato “il diritto di rispondere direttamente in modo equivalente alla natura e alla portata di questa sfacciata aggressione, in conformità con il diritto internazionale” – e rendere vani gli appelli all’approccio diplomatico arrivati da tutto il mondo.
Il QdS ha parlato della delicata situazione globale, dei potenziali effetti sul Mediterraneo – Sicilia in primis – e delle strategie di difesa attivate con la senatrice Stefania Craxi, presidente della 3ª Commissione Affari esteri e difesa del Senato della Repubblica.
Guerra USA – Iran, il punto sull’allerta in Italia e in Sicilia
Con l’attuale situazione tra Iran e Stati Uniti, l’attenzione alle possibili ripercussioni per l’Italia e per i potenziali obiettivi sensibili sul territorio nazionale (pensiamo, in particolare, alle basi militari statunitensi e alle ambasciate) è naturalmente al massimo. È stato attivato uno specifico piano di sicurezza? Se sì, in cosa consiste e c’è stato o si prevede un coordinamento con gli Stati Uniti per quanto riguarda la tutela delle basi NATO?
“Il livello di allerta resta elevatissimo, non da domenica scorsa, ma dal 7 ottobre 2023, giorno dei drammatici attacchi terroristici che hanno riacceso il conflitto israelo-palestinese. Un evento che, come avevano auspicato gli Ayatollah iraniani, ha innescato una nuova fase di instabilità in tutto il Medio Oriente, compromettendo anni di sforzi che, passando anche attraverso gli accordi di Abramo, puntavano a normalizzare i rapporti tra alcuni Paesi arabi (penso in particolare alle monarchie del Golfo) e Israele. Ovviamente, le turbolenze in questa regione hanno generato insidie e minacce alla sicurezza che si proiettano anche sul nostro continente. Il Governo italiano, in stretto coordinamento con l’intelligence e gli apparati di sicurezza, sta lavorando per garantire la protezione dei siti più sensibili. Il rischio maggiore è rappresentato dai cosiddetti ‘lupi solitari’, soggetti che si radicalizzano autonomamente, e che sono più difficili da individuare. Va riconosciuto, in tal senso, l’alto livello di preparazione e l’impegno costante delle strutture preposte alla sicurezza e all’antiterrorismo, che negli anni hanno costruito un sistema di prevenzione tra i più efficaci in Europa. In parallelo, l’Italia è impegnata in queste ore a rafforzare il coordinamento strutturato e tutti i dispositivi per proteggere le basi statunitensi e quelle della NATO, garantendo la sicurezza dei 12mila militari americani”.
Una domanda specifica sulla posizione della Sicilia, che ospita la base Nato di Sigonella ma anche il Muos di Niscemi. Qual è il livello di rischio per quest’area, al centro del Mediterraneo?
“Va ricordato, anche ai tanti smemorati che affollano il nostro dibattito pubblico, che la base di Sigonella e il Muos di Niscemi rappresentano un pilastro della nostra stessa sicurezza, perché consentono il monitoraggio satellitare e le garanzie difensive nel Mediterraneo, ovvero in quell’area dove sono i nostri interessi strategici. E poi vorrei rassicurare quanti, dai banchi dell’opposizione, in queste ore stanno sfruttando questo delicato momento per attaccare il governo: il supporto delle basi NATO in territorio italiano non è stato richiesto, quindi non è un argomento sul tavolo della discussione. Ciò detto, già dallo scorso anno la base di Sigonella (insieme a quella di Aviano) è passata dal livello Bravo a Charlie, indicando una minaccia terroristica imminente. L’allerta è massima e sono stati attivati tutti i dispositivi per garantire la sicurezza del personale militare in queste aree”.
La via della diplomazia
A livello geopolitico, si può dire chiaramente che l’impulso dei singoli Stati stia dominando sulla diplomazia. Giunti a un punto di svolta con l’attacco degli USA all’Iran, secondo Lei è ancora possibile tentare la strada dei colloqui (con l’Europa e l’Italia al centro dei tentativi di mediazione, come auspicato dal ministro Tajani)? O la diplomazia è finita, come purtroppo temono in molti di fronte ai recenti sviluppi?
“Gli Stati Uniti hanno agito per scongiurare una minaccia globale, che in questi anni ha destabilizzato gli equilibri geopolitici, agendo sul piano della deterrenza. Ora, ogni sforzo deve essere orientato verso la de-escalation del conflitto. L’approccio diplomatico non può e non deve essere archiviato, ma va rilanciato con sempre maggiore determinazione. Condivido pienamente la posizione espressa dal ministro degli Esteri Antonio Tajani, ovvero lasciare aperta la nostra ambasciata a Teheran. È un gesto simbolico e politico di grande rilevanza, che si alimenta di un auspicio: riportare gli iraniani al tavolo delle trattative. È necessario tenere aperta la via del dialogo, anche nelle sedi multilaterali, agendo in raccordo con i partner occidentali e con gli stessi attori mediorientali”.
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