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I cittadini devono vigilare le istituzioni

I cittadini devono vigilare le istituzioni
Senato della Repubblica

“Panem et circenses”

Nel nostro Paese le cose non funzionano (non tutte) perché vi sono disordine e disorganizzazione nel settore politico-istituzionale e in quello amministrativo.
I servizi pubblici non sono adeguati a un Paese moderno, che spende milleduecento miliardi l’anno (solo lo Stato), oltre alle spese di venti Regioni, di ottomila Comuni e di centodieci Province, che sono in parte dispersive perché non finalizzate a obiettivi precisi da realizzarsi in tempo certo.
Insomma, il nostro è il Paese degli sprechi di risorse finanziarie (pagate faticosamente da cittadine/i e imprese) che, in qualche misura, vengono gettate al vento.

Nei primi anni di questo decennio ci fu un tentativo di revisione della spesa pubblica, la cosiddetta Spending Review, affidata a Carlo Cottarelli. Quando egli portò il rapporto all’allora presidente del Consiglio, Enrico Letta, con tagli per circa trentacinque miliardi, il documento fu messo nel cassetto perché avrebbe scontentato tanta gente.
Il nodo è proprio questo: tagliare i viveri a famelici richiedenti è impopolare.

Matteo Salvini sostiene giustamente che le tasse debbano diminuire, in modo da dare fiato soprattutto al ceto medio, che è stato fortemente danneggiato da un’inflazione che, dal 2020 a oggi, sfiora il trenta per cento. Quegli stipendi valgono quindi circa un terzo in meno, ma non possono essere aumentati perché la produttività del lavoro non è aumentata e comunque gli acquirenti di beni e servizi pubblici e privati non sopporterebbero aumenti di sorta.

Così presentata la questione sembrerebbe essersi infognata in un vicolo cieco e probabilmente è così.
Matteo Salvini, però, non dice come le minori entrate possano essere compensate da minori uscite, in osservanza dell’articolo 81 della Costituzione sull’equilibrio di bilancio.
Il Ministro, persona intelligente, capisce perfettamente questo bilanciamento fra diminuzione di entrate e diminuzione di uscite, che però è difficile da ottenere. Tuttavia, non si può parlare delle uscite se non si parla anche delle entrate e viceversa.
Anche l’estensione della flat tax ad altre categorie e con percentuali maggiori è una strada da prendere con prudenza e vi scriviamo perché.

Ricordiamo che l’articolo 53 della Costituzione prevede la progressività delle imposte, mentre la suddetta flat tax è un’imposta proporzionale, cioè piatta, che grava nelle stessa misura su tutti/e i/le contribuenti. Sarebbe quindi di per sé anticostituzionale. Tuttavia, è una buona misura perché riguarda solo una fascia di cittadini/e a reddito piuttosto basso, sempre che si mantenga il giusto equilibrio fra entrate e uscite del bilancio dello Stato.

Quando i servizi non funzionano i/le cittadini/e dovrebbero protestare. Come? Scrivendo ai giornali, pubblicando la loro protesta sui media sociali, ma anche con quello strumento di massa in possesso di ciascuno/a che è la pec.

Alle istituzioni nazionali, regionali e locali dovrebbero arrivare valanghe di pec da cittadini/e insoddisfatti/e per i servizi pubblici offerti, in modo da fare sentire la voce dei/delle diretti/e interessati/e in quanto destinatari/e di tali servizi. D’altra parte, le istituzioni dovrebbero fare in modo che tali servizi fossero di qualità. Ma, purtroppo, accade il contrario.

Ricordate i romani con il loro “Panem et circenses”? Dare cibo e divertimenti al popolo in modo che esso non si occupasse delle istituzioni né della Cosa pubblica. Così fanno i responsabili delle istituzioni dei nostri tempi: cercano di accontentare le categorie, specie quelle più numerose, che votano, in modo da operare gli intrallazzi che ritengono più utili a loro stessi.

Il meccanismo non funzionerebbe, però, se i/le cittadini/e fossero attenti/e, colti/e e consapevoli del loro ruolo attivo. Ma di cittadini/e di questo tipo nel nostro Paese non ve n’è una grande percentuale proprio perché la maggioranza è poco colta, ha poche conoscenze e crede che la politica non la riguardi, quando invece la politica è proprio la sfera che concerne tutti e tutte.
Per potere diminuire il proprio stato di ignoranza bisogna aver letto, letto e letto; non quei periodi succinti e insignificanti dei media sociali, ma quei buoni libri di carta che consentono un’ottima memorizzazione e offrono gli approfondimenti sulle varie tematiche. Così si sa quel che si fa.