I migliori anni? Quelli vissuti bene - QdS

I migliori anni? Quelli vissuti bene

Carlo Alberto Tregua

I migliori anni? Quelli vissuti bene

martedì 29 Novembre 2022

Ricordate la canzone resa famosa da Renato Zero: “I migliori anni della nostra vita”?
Il quesito è aperto alle valutazioni di ognuno di noi, che sono ovviamente diverse in funzione della propria visione del mondo e del modo in cui vogliamo utilizzare questo lasso di tempo, breve o lungo, che va dalla nascita alla morte.

Ognuno può pensarla come vuole, legittimamente, ma il relativo pensiero non può essere scollegato dalle eterne regole etiche che governano il vivere delle popolazioni e delle singole persone. Infatti, se ognuno vivesse come se fosse l’unico essere in circolazione sulla Terra, la conseguenza non potrebbe che essere il caos.

Non è così, perché i singoli vivono quasi sempre in comunità, le quali debbono funzionare in base a regole, la prima delle quali è il rispetto del singolo nei confronti degli altri, senza del quale la vita sarebbe governata solo dall’istinto e non anche dalla ragione.
Cosicché, tutto arriva alla conclusione che non bisogna vivere per vivere.

Quali sono i migliori anni secondo la nostra valutazione? Vi sono molteplici risposte secondo le proprie cultura, impostazione, valutazione di fatti e circostanze, risultati ottenuti, obiettivi predisposti e via enumerando.

Ovviamente in un breve commento tutta la materia non è affrontabile data la sua vastità, perciò si può dare qualche spunto di riflessione, comunque personale e non sempre condivisibile.

Secondo noi i migliori anni sono quelli che ci hanno dato gioia, conseguente alla gioia che siamo riusciti a dare agli altri. Intendiamoci, non quella vuota fatta di cose, non quella materiale fatta di compensi o compensazioni, bensì la gioia dell’anima (per chi crede che esista).

Come si fa a creare gioia nella propria anima e in quella degli altri? Difficile è la risposta, tuttavia la tentiamo. Preliminarmente dobbiamo precisare che non si tratta di accontentare i desideri altrui e meno che mai quelli dei figli e dei propri cari, se essi non sono legittimi e congrui. Infatti quando si dice sempre di sì ai figli e ai loro figli, si dà veleno e non vitamine.

La questione è collegata al merito, per le persone in buona salute. Ognuno deve ricevere in base a quanto merita. Per quelle che stanno male o che non possono occuparsi di loro stesse, l’assistenza e l’aiuto devono essere continui e senza alcun compenso. Ecco un modo per riempirsi di gioia nel vedere la gioia negli occhi degli altri quando abbiamo fatto qualcosa per loro, piccola o grande che sia stata.

Aiutare il prossimo ci fa vivere meglio perché abbiamo la consapevolezza di non essere stati inutili e di avere riempito la nostra vita non con ringraziamenti, ma con la precisa ragione della nostra vita.
I migliori anni sono stati anche quelli dell’adolescenza, della scuola, quando eravamo spensierati/e, quando non sapevamo cosa fosse la vita con i suoi problemi, quando il percorso davanti a noi era lungo e sembrava che il tempo non passasse mai, quando agognavamo di raggiungere le mete il prima possibile perché allora non ci rendevamo conto che la cadenza delle ore e dei minuti è inesorabile e siamo noi che, rispetto al tempo, facciamo valutazioni del tipo prima indicato oppure, quando abbiamo una certa età, opposte, perché ci sembra che il tempo passi velocemente.

Poi ci sono gli anni in cui abbiamo cominciato a conseguire qualche piccolo successo, anche in conseguenza del primo lavoro, ricordandoci che magari non ci piaceva tanto, ma ci cominciava a far capire l’importanza della nostra autosufficienza.

Non dipendere dagli altri è una grande conquista. Ma per non dipendere dagli altri dobbiamo avere la capacità di comprendere che è necessario assimilare competenze e competenze, in modo da trovare sul mercato mondiale (non più casalingo) lo sbocco ad esse e quindi ottenere ciò che ci prefiggiamo.
è bello vedere realizzato il proprio progetto, un progetto non solo di lavoro, ma un progetto di vita, vale a dire come spenderla (o consumarla) meglio possibile.
Ma non sempre riusciamo nel nostro intento, per cui poi subentra una certa scontentezza che, tuttavia, non deve farci perdere l’entusiasmo.

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