Il debito pubblico - QdS

Il debito pubblico

Marco Vitale

Il debito pubblico

mercoledì 01 Settembre 2021

Al tema del debito pubblico dobbiamo dedicare qualche ulteriore riflessione

Al tema del debito pubblico dobbiamo dedicare qualche ulteriore riflessione. Il Covid 19 ha fatto piazza pulita anche in Europa delle stupide regole europee che alimentavano la visione del debito pubblico come il male assoluto. In un incontro pubblico del 14 giugno 1996, partecipanti Marco Vitale, Mario Monti membro della Commissione Europea, Sandro Cingolani, vice-presidente Prudential Securities Inc. N.Y., Alexis Lantenberg, capo della missione svizzera presso l’Unione Europea, promosso dall’Associazione Carlo Cattaneo di Lugano con il supporto dell’Unione di Banche Svizzere del Ticino affermai: “Questa Europa delle convergenze di Maastricht, non mi convince, anzi mi fa paura. (…) Mi fa paura come tutto ciò che è arbitrario. Mi fa paura come tutto ciò che introduce nel flessibile, delicato, confuso agitarsi delle vicende economico sociali, degli elementi meccanici, rigidi, automatici”.

Allora il commissario europeo Monti, garbatamente ma fermamente, criticò la mia visione. Ma avevo ragione io e Covid-19 glielo ha illustrato. Il momento decisivo per riorganizzare tutto è ora5. Prima la politica economica giapponese, poi quella americana, e, ultimamente, grazie al Covid, quella europea della BCE hanno accantonato stolte ideologie, che alimentavano visioni astratte, distorte, moralistiche e sono intervenute, a piedi giunti, per sostenere i loro cittadini, le loro banche fallite, le loro imprese in crisi. Come hanno fatto? Hanno battuto moneta? Sì. Le banche centrali dei paesi dotati di sovranità monetaria hanno battuto tanta moneta e questo ha sostenuto e sostiene le loro e le nostre economie. Aveva ragione Hamilton: il debito pubblico può essere una benedizione dei popoli, perché a un deficit pubblico corrisponde sempre un surplus privato. Sulla spinta dell’esperienza europea, sta rapidamente guadagnando terreno, negli Stati Uniti, un nuovo pensiero economico denominato MMT (Modern Monetary Theory) che comporta una vera e propria rivoluzione di pensiero sui rapporti tra finanza pubblica e finanza privata e che sta rovesciando molte astratte e stupide credenze a favore di nuove consapevolezze, nate sul campo: il bilancio pubblico, non può, in nessun modo, essere paragonato e visto e trattato come il bilancio di una famiglia; ad ogni deficit pubblico corrisponde un surplus privato; gli Stati dotati di sovranità monetaria non devono assicurarsi una copertura (tramite tasse o emissione di titoli) prima di spendere. Possono spendere quello che è necessario quando ciò è utile, per altri equilibri più importanti dell’equilibrio finanziario, anche se non hanno copertura, perché hanno la possibilità di coprire lo squilibrio finanziario emettendo moneta. L’affermazione che ognuno di noi è indebitato per una quota del debito pubblico che grava sulla sua groppa è una bufala; l’affermazione che creando deficit pubblico noi trasferiamo il conseguente debito ai nostri figli, è un’altra doppia bufala. I deficit che contano veramente e che dobbiamo curare sono altri: quello dei buoni posti di lavoro, quelli del risparmio, quelli delle cure sanitarie, quelli dell’istruzione, quelli delle infrastrutture, quelli del deficit climatico, quelli del deficit demografico. Naturalmente questa è una sintesi rozza e incompleta di un pensiero importante e complesso. In questa sede non posso andare più a fondo ma non potevo ignorare questa svolta di pensiero che è una svolta molto importante e bene augurante, anche se non ancora sufficientemente diffusa.

In fondo gli economisti d’impresa l’hanno sempre saputo; quello che conta non sono le fonti di finanziamento, ma è l’attivo del bilancio: come, per cosa e per chi vengano spese le risorse finanziare disponibili. Prima di lasciare momentaneamente questo tema è indispensabile un avvertimento. Il MMT vale solo per i paesi dotati di piena sovranità monetaria. Il significato di questo avvertimento per noi e per la UE lo riprenderò più avanti. 6.

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