Spreco di denaro pubblico
Il ministro della Pubblica amministrazione, Renato Brunetta, continua a fare proclami che contengono a suo modo la riorganizzazione di questa branca dello Stato, per farle acquisire efficienza e quindi per migliorare la qualità e la quantità dei servizi prodotti.
Le sue buone intenzioni non trovano riscontro né negli scarsi provvedimenti emessi e neppure nei tempi, perché a distanza di un anno non è cambiato nulla. I 3,2 milioni di pubblici dipendenti continuano nel loro stanco tran tran privo di qualità e quindi privo di risultati minimi per i quali sono pagati abbondantemente.
Il primo provvedimento che Brunetta avrebbe dovuto adottare è il taglio dell’orario di lavoro. Non si capisce perché nel nostro Paese ci debbano essere due categorie di lavoratori: quelli che hanno il privilegio di lavorare 36 ore la settimana e tutti gli altri italiani che lavorano 40 ore la settimana. Vi è una palese violazione del principio di eguaglianza fra i cittadini.
Si dirà che l’orario ridotto dei pubblici dipendenti deriva dal fascismo. Ma se è un’iniquità, andrebbe eliminata.
Perché l’azione di Brunetta è inefficace, forse inutile? Perché egli doveva cominciare a riformare in radice la struttura, facendo redigere il Piano organizzativo dei servizi (Pos) a livello generale e poi, via via, scendendo a livello periferico. In assenza di esso, nel quale sono indicati gli obiettivi e i tempi di esecuzione – con la conseguenza di determinare il fabbisogno di figure professionali – la macchina dello Stato non appare in grado di far fronte alle esigenze sempre più pressanti che provengono da famiglie e imprese.
Come abbiamo scritto più volte, la Pubblica amministrazione dovrebbe essere la locomotiva dell’economia; invece è una pietra tombale che la frena continuamente.
Uno dei punti fondamentali dell’organizzazione è la fissazione di obiettivi che tutti i dipartimenti, le aree, i servizi e i singoli dipendenti dovrebbero raggiungere in un giorno, in una settimana, in un mese o in un anno. Se non sono fissati gli obiettivi, non vi è modo di misurare l’efficienza della macchina amministrativa.
Un’altra questione sulla quale abbiamo più volte puntato la nostra attenzione riguarda il cronoprogramma, cioé il tempo in cui i servizi devono essere prodotti ed erogati.
Vero è che il Decreto Semplificazioni ha aumentato il numero e la quantità del Silenzio-assenso, riducendo fortemente i tempi di possibile intervento delle Pubbliche amministrazioni, ma è anche vero che se tale principio non si estende a tutti, ma proprio tutti, gli atti amministrativi, il suo effetto è parziale.
Altra questione che Brunetta non ha ancora inserito nella sua riforma riguarda la produttività. Il criterio è noto: si tratta di fare più cose nello stesso tempo. Invece non vi è questo rapporto fra tempo e servizi prodotti, ripetiamo, per ciascun dipartimento, servizio, area e dipendente. Mancando il riferimento alla produttività, ecco che si certifica ufficialmente che la Pubblica amministrazione è inefficiente.
Mancano anche i due valori fondamentali per il funzionamento di una macchina amministrativa: la responsabilità e il merito. Senza questi valori, qualunque organizzazione è bacata, facendo acqua da tutti i fori.
Senza obiettivi, dunque, il lavoro pubblico è fasullo, ma intanto il Governo pensa ad aumentare gli stipendi in modo generalizzato, continuando a non distinguere i bravi dai mediocri e da quelli che non fanno niente. Va sottolineato che vi è un gran numero di dirigenti e dipendenti pubblici di grande valore, di grandi competenze, di grande voglia di fare, i quali andrebbero premiati e additati come esempio a tutti coloro che non imitano questi casi luminosi.
Vi è, per contro, da evidenziare la lentezza della diffusione della digitalizzazione, in parte connessa ai meccanismi prima descritti, ma anche derivante dalla ferma volontà dei dipendenti pubblici a frenarla e a impedirne la diffusione, perché quando tutta la Pubblica amministrazione fosse digitalizzata, il tracciamento consentirebbe di evidenziare chi lavora bene o male.
Insomma, come direbbe il non dimenticato Gino Bartali, c’è tutto da rifare. Occorre rifarlo presto e bene, oppure l’Italia rimarrà fanalino di coda in Europa e nel mondo per servizi pubblici.