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Il passato per ripartire: il Teatro Stabile omaggia Turi Ferro

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Il passato per ripartire: il Teatro Stabile omaggia Turi Ferro

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sabato 13 Marzo 2021

La figura di Turi Ferro è emersa nello scenario del Dopoguerra italiano: lui stesso ha operato come artista in grado di concorrere in quel momento alla ricostruzione del Paese

La riapertura di cinema, teatri e luoghi dello spettacolo – inizialmente prevista per il 27 marzo – è venuta meno in ragione delle nuove misure restrittive varate dal governo.

Una riapertura su cui il Teatro Stabile di Catania aveva deciso di puntare “bruciando le tappe” e dando il via, già da inizio mese, ad un’articolata e interessante iniziativa, con l’intento di celebrare il genio artistico di Turi Ferro a 100 anni dalla nascita, ricordando soprattutto il rapporto con lo storico teatro etneo, di cui fu uno dei fondatori.

L’iniziativa, a cui collaborano il Dipartimento di Scienze Umanistiche dell’Università di Catania,  la Fondazione Domenico Sanfilippo editore, l’Istituto di Storia dello Spettacolo, la Fondazione Turi Ferro prevede diversi momenti. Il primo e, forse, più importante atto è la mostra emblematicamente intitolata “Turi Ferro e il Teatro Stabile. Storia di un amore”.

“Inaugurata il 1 marzo, andrà avanti, presso il rinnovato ridotto dello Stabile, fino al 10 maggio (ventesimo anniversario della scomparsa del celebre attore). Le visite, tuttavia, sono al momento sospese in ossequio al vigente decreto legge. Non appena sarà nuovamente possibile gli interessati potranno visitare gratuitamente la mostra, ma dovranno farlo prenotandosi al botteghino o tramite il portale multimediale dedicato”.

L’intento dei curatori della mostra, che ha visto il particolare apporto di Sarah Zappulla Muscarà ed Enzo Zappulla, è certamente quello di celebrare la carriera di Turi Ferro, ma anche quello di attualizzarne la figura ed il messaggio artistico, come sottolinea il direttore del Teatro Stabile Laura Sicignano.

“C’è più di un motivo per cui il nostro tributo a Turi Ferro quest’anno non ha un intento solo celebrativo. Rileggendo il percorso di questo artista straordinario ci accorgiamo che c’è nella sua storia un esempio vitale per questo nostro tempo: vitale, intendo, perché ha in sé la vitalità che è propria della creazione teatrale e che riesce ad esprimere un ruolo nella storia, nell’interpretarla, così come nel saperla rinnovare.

La figura di Turi Ferro è emersa nello scenario del Dopoguerra italiano: lui stesso ha operato come artista in grado di concorrere in quel momento alla ricostruzione del Paese. Oggi noi ci ritroviamo ad attraversare una contingenza che ha molto a che fare con quella fase: il Teatro condivide con tutta la società la necessità di ripartire, ma anche la consapevolezza che ri-partire significherà ricostruire. Ecco che in questa prospettiva Turi Ferro ci è di ispirazione”.

 Seconda tappa di questo percorso, prevista martedì 16 marzo, sarà il seminario “Il gigante e il capocomico: tutte le maschere di Turi Ferro”, organizzato in collaborazione con l’Università di Catania. L’evento sarà trasmesso in streaming  sulle pagine Facebook del DISUM (Dipartimento di Scienze Umanistiche) e del Teatro Stabile, che lo renderà poi fruibile anche nella sezione del proprio sito dedicata a Turi Ferro.

“Completeranno il programma altre iniziative, tra cui la presentazione del volume “Turi Ferro. Catania per Palcoscenico”  a cura della Fondazione Domenico Sanfilippo Editore e la proiezione del documentario di Daniele Gonciaruk “Turri Ferro. L’Ultimo Prospero”.

Un programma affascinante ed ambizioso quello pensato dal
Teatro Stabile di Catania per omaggiare il grande attore, una scelta dal forte
valore simbolico in questo momento storico. La memoria e il ricordo come linee
guida, accompagnate però dalla consapevolezza del presente e dalla volontà di
attualizzare certi messaggi e certi insegnamenti. Il Quotidiano di Sicilia
ha dunque rivolto qualche domanda a Laura Sicignano, direttore del Teatro
Stabile, per approfondire numerose tematiche. Non solo le difficoltà scaturite
dalle chiusure e dal dominante clima di incertezza, ma anche la preparazione
alla riapertura delle sale e l’importanza della cultura per il futuro e per la
ripartenza della nostra nazione.

Quali sono state le difficoltà maggiori, per tutte le
componenti del Teatro Stabile, sorte
nei due lunghi periodi di totale chiusura?

“Le incertezze e la nuova mole di burocrazia, di cui non sentivamo il bisogno. Abbiamo dovuto riprogrammare le attività una decina di volte, sempre inutilmente perché la data della riapertura si spostava continuamente. E far fronte a montagne di documenti relativi ai protocolli per la sicurezza, che abbiamo prontamente messo in atto con le relative spese, di fatto inutilmente perché i teatri non hanno aperto, se non per pochi mesi in un anno. Il cartellone 20/21 del TSC, presentato lo scorso autunno, si intitolava “Energie” anche per questo: di energie e certezze abbiamo bisogno noi professionisti dello spettacolo per procedere come funamboli in questa tempesta. Una condizione che condividiamo col nostro pubblico in questa lenta ripresa”.

C’è stata la sensazione di essere stati abbandonati dalle
istituzioni, locali e nazionali,
in questo difficile periodo?

“C’è stata la sensazione di una grande confusione, in generale. Di certo non è facile esserepreparati ad una pandemia, ma abbiamo ricevuto indicazioni contraddittorie e confuse, in un contesto, quello italiano, dove la normativa relativa allo spettacolo dal vivo è carente. Abbandonati lo eravamo già prima. La pandemia ha fatto esplodere contraddizioni e problemi mai risolti, come quelli degli ammortizzatori sociali per i lavoratori dello spettacolo, una normativa inadeguata e l’insufficiente distribuzione dei finanziamenti alla cultura, in Paese che di cultura potrebbe quasi vivere”.

 Quanto può essere
importante il ruolo del mondo della cultura, rappresentato
naturalmente anche dai teatri, per la ripartenza del
Paese?

“La cultura è un diritto essenziale in un Paese civile, allo stesso modo del diritto alla salute. Che inItalia, Paese ad alto tasso di bellezza, gli investimenti in ambito culturale, e teatrale, siano esigui è un paradosso. Ma come spesso mi capita di ricordare: nonostante la miseria, la peste, la guerra… il teatro si è sempre fatto e – ci auguriamo – sempre si farà, proprio perché si fonda su un principio di cultura e bellezza indissolubile, una relazione umana: qualcuno che sente il bisogno di raccontare una storia ad un altro, che sente il bisogno di ascoltarla”.

Quali difficoltà comportano le incertezze sulla data
di riapertura?

“La situazione è ancora di grande incertezza, tra l’aumento della curva dei contagi e le nuove disposizioni governative. Credo che molti teatri non riapriranno con il 25% dei posti in sala e costi di sanificazione enormi. I teatri pubblici cercheranno di farlo: noi in particolare, perché sentiamo il dovere di offrire un servizio ai cittadini e di riprogrammare gli spettacoli prodotti e coprodotti che sono stati più volte sospesi a causa della pandemia. Ma è un salto nel vuoto perché le varie tournée, con il Paese diviso per fasce e colori, sono cancellate, gli artisti non sono ad oggi compresi nel piano vaccinale e quindi se uno di loro si contagia e si ammala, la produzione si interrompe (con costi e danni importanti); ricontattare gli abbonati, che hanno diritto a recuperare i tagliandi degli spettacoli persi, e spiegare loro come partecipare alla nuova programmazione comporta tempo; i mancati incassi saranno un onere rilevante e ci dovremo adeguare al coprifuoco per gli orari… Poi, magari, qualche giorno dopo l’apertura, un nuovo decreto, per tutelare la salute pubblica, ci imporrà di chiudere e di riprogrammare”.

 Ha un messaggio da
dare agli spettatori?

“Andare a teatro è la cosa più sicura che possiate fare. Anche alla luce dei protocolli cheadottiamo: vi misuriamo la febbre prima di entrare, raccogliamo nomi e recapiti per tracciarvi, sanifichiamo l’ambiente in continuazione, sarete seduti distanti (salvo i nuclei famigliari) e mascherati, entrerete e uscirete contingentati per evitare assembramenti.

Insomma, non esiste luogo altrettanto sicuro come il teatro. E gli artisti hanno bisogno di voi, tantoquanto ogni cittadino ha bisogno d’arte, di socialità, di bellezza, di pensiero, di storie”.

Il teatro ha bisogno del pubblico, così come il pubblico ha bisogno del teatro. Un assunto assolutamente condivisibile che, tuttavia, non sembra essere condiviso da chi di dovere. Quanto accaduto, infatti, ha il sapore di una sconfitta per tutti, nessuno escluso.

Vittorio Sangiorgi

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