Il Putsch Tangentopoli - QdS

Il Putsch Tangentopoli

Il Putsch Tangentopoli

Giovanni Pizzo  |
sabato 08 Aprile 2023

La fine della politica della Prima Repubblica "non ha raggiunto il bene della collettività, ha solo cambiato chi ha comandato in questi trent’anni".

Il magistrato Gherardo Colombo, l’anima intellettuale del Pool Mani Pulite, dopo anni di distanza ci rivela la doppia natura di quel momento di cambio del Paese. Fu un’operazione non solo giudiziaria ma politica, ti togli di mezzo e non ti arresto, confessi e ti libero, smetti di fare politica ed io mi scordo di te. Di fatto un reato, il codice penale lo identifica come “attentato al corpo politico” un reato grave, che la costituzione antifascista giustamente sanzionava. Il reato è ormai prescritto, Craxi, Andreotti e Forlani sono morti, i loro partiti scomparsi, e gli italiani sono più ricchi e meno indebitati? No. Quindi un’operazione che non ha raggiunto il bene della collettività, ha solo cambiato chi ha comandato in questi trent’anni.

Attenzione anche Berlusconi, oltre alla sinistra, ha beneficiato, anche se lui dice costretto, di ciò. Le sue televisioni erano le più assidue sotto il palazzo di giustizia di Milano a raccontare arresti e stralci di confessioni da periodo del Terrore di francese memoria.

Tutto questo, che gli italiani finti “babbi” hanno digerito, è democrazia? O è un oligopolistico gioco tra bande, che nulla hanno a che fare con la partecipazione democratica? Che poi le ciambelle non riescano con il buco, ai mandanti di Putsch o logge alla Gelli, questo è un altro discorso, ma sicuramente questa non è democrazia. È un’autocrazia a macchia di leopardo, con chi sale e chi scende, senza consenso democratico, ma su sistemi di cooptazione. La cosa gravissima che si evince dalle dichiarazioni di Colombo, precedute da quelle di Palamara, è la palese distorsione del ruolo della magistratura, che gli italiani avevano capito, ma che oggi si dichiara rea confessa, sebbene prescritta. Perché finché sono i Servizi deviati, come si sospetta per le stragi Falcone e Borsellino, o per quelle successive, è un conto. Ma se perfino l’arbitro, il controllore del sistema, organizzato in maniera indipendente proprio per questo, entra in campo e gioca spudoratamente la partita democratica salta. Altro che massima fiducia nella magistratura, la formula di rito di ogni incappato nelle maglie della legge.

Abbiamo avuto questa seconda Repubblica, dopo la prima, perché qualche apprendista stregone ha voluto così, fregandosene della democrazia, ma cosa ben più grave per dei giuristi, fregandosene della Costituzione, quella carta su cui avevano giurato.

Colombo con trent’anni di ritardo, scrivendo la prefazione del libro di Enzo Carra, un addetto stampa mostrato in catene come Barabba, ci dice quello che sapevamo tutti ma che non si poteva dire. Che il Re, il Corpo giudiziario, è nudo e che la democrazia, quella cosa che io mi candido e se ti convinci mi voti, vale come il due di coppe quando la briscola è a spade.

Questo Putsch è più pericoloso di una marcia su Roma, del marciare dopo una birreria per occupare un palazzo istituzionale, dell’omicidio Matteotti. Lì le cose sono evidenti, distruggono gli avversari politici, che sono soggetti transeunti, non il concetto di democrazia che invece sta alla base. Ovviamente questi temi, enormi, importantissimi per il contratto sociale di una comunità non interessano né possono essere trattati dall’attuale Parlamento, il quale è nato in epoche e con leggi elettorali che hanno leso il concetto di partecipazione democratica. L’attuale sistema politico complessivo non è conscio, né attrezzato intellettualmente e politicamente, per un’analisi e una proposta di fuoriuscita da questa crisi istituzionale. Sono ormai macerie per gli storici, o per gli archeologi della politica, visto il ritmo di invecchiamento delle fasi in cui si esprime.

Così è se vi pare.

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