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Messina, essenziale il rilancio del comparto edile

Lina Bruno

Messina, essenziale il rilancio del comparto edile

martedì 18 Agosto 2020

La crisi connessa alla pandemia da Covid-19 ha messo in ginocchio un settore già in crisi. Una situazione drammatica fra crollo degli investimenti, intoppi burocratici e lavoro nero

MESSINA – La rinascita economico-sociale del territorio non può prescindere dalla ripartenza dell’edilizia. Un assunto che viene ripetuto come un mantra ma che continua a non essere confortato dai numeri, ancora più impietosi dopo l’emergenza Coronavirus.

Il consueto report di agosto della Uil parla di una recessione senza fine con l’occupazione nel settore delle costruzioni in calo e opere annunciate da anni che continuano a non essere avviate o che, sebbene partite, procedono a passi di lumaca o si bloccano. Dal porto di Tremestieri a quello di Sant’Agata Militello, dalla via Don Blasco al viadotto Ritiro è un elenco che viene ripetuto da tempo e che ha prodotto pochissimi posti di lavoro.

Nel giro di dieci anni i lavoratori occupati sono scesi da 14.687 del 2010 a 5.194 del semestre ottobre 2019-marzo 2020, con una perdita di ben 9.493 posti di lavoro pari al 65%. A fronte di questo crollo, il lavoro nero è vertiginosamente aumentato di oltre il 40% e gli irregolari oggi presenti in un cantiere sono mediamente oltre il 70% della forza lavoro, mentre si attestava intorno al 30% nel 2010.

“Le imprese attive – ha affermato Ivan Tripodi, segretario generale della Uil di Messina – che erano e sono il vero tessuto socioeconomico del nostro territorio si sono drammaticamente dimezzate, passando dalle 2.937 del 2010 alle 1.355 del semestre ottobre 2019-marzo 2020. L’emergenza Covid-19, anche alle nostre latitudini, è stata una catastrofe che ha ulteriormente fiaccato un comparto già fortemente decimato”.

A gennaio 2020 si era registrata una timida ripresa del settore delle costruzioni in provincia, ma tutto è tornato a impantanarsi definitivamente a causa del lockdown. “Dalla ripresa del 4 maggio – ha sottolineato Pasquale De Vardo, segretario Feneal Uil – i numeri sono ulteriormente peggiorati. L’importante strumento della Cassa integrazione, inoltre, ha evidenziato atteggiamenti discutibili da parte di parecchie aziende, che in maniera furbesca hanno approfittato della situazione attraverso l’utilizzo massiccio delle misure a favore dei lavoratori, i quali, però, sono stati costretti a proseguire nell’attività lavorativa rigorosamente in nero. Si tratta di un fenomeno indecente che, accanto alla palese truffa, all’elusione contributiva e dei costi della sicurezza, rappresenta una pesante concorrenza sleale nei confronti delle imprese serie e sane che operano anche nella nostra realtà”.

Non riesce a evitare tutto ciò l’Ispettorato del lavoro, che ha un organico assolutamente inadeguato per affrontare la mole delle attività ispettive nei 108 comuni della provincia. In questo quadro desolante, con precise responsabilità che i rappresentanti sindacali imputano alla mala politica e alla pessima amministrazione, soltanto invertendo i numeri della crisi dell’edilizia la città metropolitana potrà realisticamente pensare a un futuro di sviluppo e di lavoro legale.

“Dopo oltre due anni di mandato – hanno affermato Tripodi e De Vardo – la Giunta De Luca si sta caratterizzando per essere la peggiore Amministrazione che Messina abbia mai avuto: nessuna idea concreta di città e l’assoluta mancanza di qualsiasi progetto concreto per il futuro dell’area metropolitana. Siamo convinti che le importanti risorse che arriveranno dal Recovery fund e le previsioni dell’eco-bonus e del sisma-bonus possano smuovere il comparto dell’edilizia privata, senza dimenticare tutte le risorse pubbliche già a disposizione, a partire dagli oltre 750 milioni derivanti dai Patti per il Sud e dal masterplan”.

“Anche su queste ingenti risorse – hanno concluso i sindacalisti – il sindaco De Luca ha spettacolarizzato il nulla, arrivando a dichiarare che grazie alla sua ennesima rimodulazione si realizzeranno 33 progetti e partiranno 115 cantieri entro il 2021. Si tratta degli stessi concetti espressi lo scorso anno che, ancora una volta, rinviano al futuro la partenza delle opere. Evidentemente ci si dimentica che, se queste somme non verranno realmente impegnate, entro il prossimo anno andranno definitivamente perse”.

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