Il Rispetto è la prima regola di convivenza - QdS

Il Rispetto è la prima regola di convivenza

Il Rispetto è la prima regola di convivenza

giovedì 13 Marzo 2025

I Dieci Comandamenti, scritti da Mosé sul Monte Sinai e, come dice la Bibbia, dettati direttamente dal Supremo Architetto, elencano quello che si può fare e quello che non si deve fare. Se si volesse cercare il comune denominatore degli stessi, lo si troverebbe nel precetto: Ama il tuo prossimo come te stesso. Che significa? Significa rispettare se stessi e chi ci circonda.

Quando nel 610 Maometto fece una cosa analoga a Mosé, cioè sentì la voce di Allah da cui poi derivò il Corano, probabilmente avrebbe potuto raggiungere la stessa conclusione e cioé che il Rispetto del prossimo è la prima regola di convivenza civile. Ecco perché tutte le altre regole etiche girano attorno a questa.

All’argomentazione che precede se ne potrebbe aggiungere un’altra di estrema semplicità, più volte enunciata in questi spazi, e cioè se tutti facessero il proprio dovere – il che coincide con il Rispetto del prossimo – non ci sarebbe bisogno di reclamare diritti, perché questi ultimi sarebbero coperti dai primi.

Rispetto verso chi? Innanzitutto verso chiunque, poi verso i più deboli e i bisognosi e ancora verso la propria famiglia e i propri amici e amiche. L’amicizia dovrebbe essere la liaison che unisce le persone di ogni genere ed età; l’amicizia vera, cioè quella che non presuppone favoritismi o favori, ma che è altruista e punta al benessere degli amici e amiche anziché all’interesse personale.

Lo scenario che precede non è quello che si vede tutti i giorni, ove invece molti non fanno altro che chiedere senza dare nulla in cambio, oppure fingendo di dare qualcosa in cambio. Tale discorso è strettamente collegato con il tema dei diritti e dei doveri: per ricevere bisogna prima dare e dare onestamente, sapendo che lo si fa per il bene comune.

Sarà forse l’istinto di sopravvivenza umano che prevale su ogni altro istinto e che evolve a volte in un egoismo eccessivo? Può darsi. E se la risposta è affermativa, come si contrasta? Con la cultura, con la sapienza, con la voglia di capire come funziona l’Umanità su questa Terra, tanto maltrattata negli ultimi decenni.

Perché nascono le guerre? Per egoismi, per interessi personali o di casta, che si concretizzano in sopraffazioni di altra gente, di altre persone. In altri termini, vi è una guerra continua tra i forti e i deboli. E sono proprio i deboli che soccombono quasi sempre.

Sorge allora una domanda: essere deboli è un destino? A noi non sembra. Si è deboli perché si vuole essere deboli, in quanto l’Umanità è dotata di intelligenza e di spirito (o di coscienza o di volontà o ancora di anima) e chi decide di non essere debole intraprende la strada per diventare forte. Forte, intendiamoci, non per prevaricare gli altri, ma per contrastare i prevaricatori e tentare di ottenere la via dell’equità, da distribuire in modo da non penalizzare nessuno.

Quanto precede si chiama anche giustizia. Esiste la giustizia? Quella terrena è sicuramente fallace, perché è fatta da persone umane, ma forse esiste quella dell’Aldilà, per chi ci crede.
Le cose che scriviamo sono semplici, perfino elementari, ma pensiamo che sia importante portarle all’attenzione per stimolare la riflessione.

Il Rispetto, dunque, è la prima regola del vivere civile, quella che tutti dovrebbero osservare. Ma per osservarla occorre comprenderne l’essenza ed essere disposti ad adeguarvisi.
Per comprenderne bene il significato e per adeguarvisi è necessario studiare e studiare, al fine di trarre le informazioni indispensabili per appropriarsi del concetto e adottarlo.

Studiare serve anche a ricordarci la nostra immensa ignoranza e, per conseguenza, l’umiltà che dobbiamo avere, consapevoli della nostra minima dimensione, come quella di una goccia nel mare. Ciò non toglie che tante gocce fanno il mare e che quindi ciascuno di noi è utile, soprattutto se si muove nella direzione prima indicata di Rispetto e collaborazione.

Ci vuole più coraggio a essere umili che presuntuosi; più coraggio a essere consapevoli della propria ignoranza che dell’eventuale sapienza.
Vivere così è possibile, sol che lo si voglia.

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