Istat-Bes: nell’Isola nel 2018 solo il 9,2% dei contratti a termine sono diventati a tempo indeterminato. Il 15,3% dei lavoratori svolge un lavoro part-time perché non ne ha trovato uno a tempo pieno
PALERMO – La Sicilia non è solo quella regione dall’elevato tasso di disoccupazione, ma è anche la terra in cui il lavoro esistente è di bassa qualità e con cattive condizioni generali. Secondo i dati contenuti all’interno del rapporto “Bes 2019 – Il benessere equo e sostenibile in Italia” dell’Istituto nazionale di statistica, nel 2018 nella nostra regione oltre un terzo dei lavoratori a tempo determinato si trova in questa posizione da almeno cinque anni (35%). Si tratta dell’incidenza più sostenuta in Italia (esattamente il doppio rispetto alla media nazionale del 17,7%), sintomo di una precarietà ben radicata, distante dalle certezze del contratto a tempo indeterminato. Ci distanziamo di ben dieci punti percentuali anche dalla media del Mezzogiorno (24,9%). Mentre dall’altra parte della classifica troviamo la Lombardia con l’incidenza più contenuta (9,9%).
Non a caso, l’Isola è anche la regione con l’incidenza più bassa in Italia di contratti di lavoro instabili che nel 2018, ad un anno di distanza dall’inizio del lavoro, sono stati trasformati in contratti a tempo indeterminato (9,2%, contro una media nazionale del 15%). Ci precede a breve distanza la Calabria (9,3%). Situazione diametralmente opposta contraddistingue le realtà settentrionali: in Veneto, ad esempio, quasi un contratto a termine su quattro nel giro di un anno è stato convertito in contratto a tempo indeterminato (23,4%). La Sardegna è l’unica regione del Mezzogiorno a distinguersi positivamente: infatti, con il 16,6% dei contratti convertiti a tempo indeterminato, l’Isola si avvicina al 18,1% osservato in Lombardia.
La Sicilia è anche una delle regioni con l’incidenza più sostenuta di part-time involontario: infatti, nell’Isola è pari al 15,3% la percentuale di occupati che svolgono un lavoro a tempo parziale perché non ne hanno trovato uno a tempo pieno. Una situazione peggiore si osserva solo in Sardegna (16,8%). Mentre a livello nazionale, tale incidenza si attesta sull’11,9%. Stavolta è il Trentino Alto Adige la regione con la componente più bassa (7,3%), seguito da Veneto (9,6%), Valle d’Aosta (10%) e Lombardia (10%).
In Sicilia è abbastanza elevata anche la quota di dipendenti sovraistruiti, ovvero quegli occupati che possiedono un titolo di studio superiore a quello maggiormente posseduto per svolgere quella determinata professione. Nell’Isola quasi un quarto degli occupati si trova in questa posizione (22,9%). In regioni come Trentino Alto Adige (20%), Lombardia (21,7%) e Valle d’Aosta (21,9%), il fenomeno appare in forma più contenuta, seppur presente. In Abruzzo (31,6%) e Umbria (31%), la situazione si manifesta in forma più aggravata con quasi un terzo degli occupati versanti in questa condizione.
Dunque, se questo è il quadro lavorativo generale, non c’è da stupirsi se il livello di soddisfazione percepito per il lavoro svolto è tra i più bassi. infatti, l’indice calcolato su una scala compresa tra zero e dieci, nell’Isola assume un valore pari a 7,2. Un livello di soddisfazione inferiore si rileva solo in Campania (7,1), mentre in Basilicata (7,2) e Calabria (7,2) si rilevano gli stessi valori dell’Isola. L’indice tiene conto di guadagno, numero di ore lavorate, tipo di orario, relazioni di lavoro, stabilità del posto, distanza casa-lavoro e interesse per il lavoro.