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Incendi, stagione da dimenticare: in fumo 53mila ettari, quasi il doppio di un anno fa

Incendi, stagione da dimenticare: in fumo 53mila ettari, quasi il doppio di un anno fa
Incendio sterpaglie a bordo strada

Da gennaio registrati 8 mila roghi contro i 5.800 del 2024. Ora la Regione punta sulle telecamere intelligenti

PALERMO – L’avere scelto di piazzare i primi elicotteri antincendio già a gennaio, con la previsione di tenerne qualcuno anche quando nelle case saranno già allestiti gli alberi di Natale, non ha risparmiato alla Sicilia l’essere ancora una volta la regione italiana più colpita dai roghi. I dati sono stati confermati nei giorni scorsi dall’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra) con l’ultimo rapporto sugli ecosistemi terresti e gli incendi boschivi. A livello nazionale sono stati più di 78mila gli ettari di terreno andati a fuoco soltanto nel periodo che va dal 15 giugno al 15 settembre. Il dato è allarmante ma sintetizza una situazione che è profondamente diversa da una zona all’altra dell’Italia. In Liguria, per esempio, sono andati a fuoco appena nove ettari.

Incendi, a incidere sono spesso le condizioni climatiche

Chiaramente a incidere sono spesso le condizioni climatiche, con il Meridione – e la Sicilia su tutte – a risentire maggiormente di fattori, come le alte temperature e l’aridità dei suoli, che favoriscono la propagazione delle fiamme, ma sarebbe anche miope ritenere il meteo l’unico elemento da prendere in considerazione. La capacità di gestire quella che con i cambiamenti climatici sta diventando sempre più una piaga, ma che in Sicilia causa danni già da decenni, passa anche dalla prevenzione. E dunque dalla manutenzione dei boschi, dalla capacità di impiegare al meglio il personale a disposizione delle istituzioni – Regione in testa – e anche dalla scelta delle tecnologie migliori da mettere in campo.

“Il concetto di stagione degli incendi si lega prevalentemente ad esigenze di natura operativa, come la necessità di attivazione pre-allerta dei sistemi antincendio, oppure la possibilità di avere informazioni tempestive sull’andamento degli incendi in un determinato territorio”, si legge nell’introduzione del rapporto di Ispra. Secondo i dati dell’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale, tra giugno e settembre, mesi in cui tradizionalmente si registrano più roghi, nell’isola sono andati bruciati oltre 41mila ettari di cui più di tremila in aree forestali.

In Sicilia la questione incendi è ormai destagionalizzata

Il Quotidiano di Sicilia, tuttavia, ha avuto la possibilità di accedere a ulteriori informazioni incamerate dagli uffici regionali che riguardano i primi nove mesi dell’anno. Una prospettiva speciale da cui guardare all’andamento degli incendi e che conferma come in Sicilia la questione incendi sia ormai destagionalizzato: non più un fenomeno legato all’estate, ma un problema che si manifesta, seppur con frequenze diverse, durante i dodici mesi. La prima riflessione che si può fare è che quest’anno l’isola ha compiuto un passo indietro: rispetto a quanto era accaduto nel 2024, i roghi registrati sono stati molti di più così come i danni per gli ecosistemi.

Il raffronto è impietoso da qualsiasi parte lo si guardi. Per esempio, se tra l’1 gennaio e il 30 settembre 2024 i roghi registrati dalla Regione erano stati 5.794; nello stesso periodo del 2025 la cifra è salita a 8.044. Come logicamente conseguenza si è avuto anche un aumento delle superfici percorse dal fuoco: l’anno scorso le aree bruciate erano state poco meno di 30 mila ettari – dei quali oltre 4600 di terreni boscati – mentre quest’anno si sono superati i 52mila ettari, con la distruzione del doppio delle aree boscate rispetto al 2024.

L’origine dei roghi è quasi sempre dolosa

Il maggior numero di roghi, la cui origine bisogna sempre ricordare è spesso dolosa, ha portato a un maggiore ricorso dei mezzi aerei di spegnimento. La Sicilia da anni si avvale di una flotta di elicotteri – di cui la Regione si dota con fondi del proprio bilancio e che dal 2018 è messa a disposizione sempre dalle stesse due imprese, E+S Air ed Helixcom – e del contributo dei canadair che fanno parte della flotta nazionale.

Nel 2024, gli interventi con elicotteri nei primi nove mesi dell’anno erano stati 674 interventi per un numero totale di lanci di poco superiore ai 15mila. Quest’anno la cifra è cresciuta: quasi mille interventi per oltre a 23mila lanci. Discorso simile per i canadair: tra gennaio e settembre 2024, 351 interventi e quasi 3500 lanci, mentre nello stesso periodo del 2025 gli aerei sono stati inviati in Sicilia in oltre 450 occasioni compiendo più di 5300 lanci.

Il dato del 2025 suggerisce un’altra riflessione, che il Quotidiano di Sicilia aveva fatto nei mesi scorsi e che trova conferma con l’aggiornamento dei dati al 30 settembre: guardando alle singole province non sembra esserci proporzionalità tra numero di incendi e interventi degli elicotteri, autorizzati dalla centrale operativa regionale del Corpo forestale. A fronte di circa 2100 roghi registrati nell’Agrigentino – la provincia più colpita, con più di 13mila ettari andati a fuoco – gli interventi con gli elicotteri sono stati 163. Se si guarda invece alla situazione della provincia di Palermo, dove gli incendi sono stati 860 e gli ettari bruciati meno di 5mila, si scopre che gli elicotteri sono intervenuti in 232 occasioni. Le cose non cambiano se si tiene conto del numero di lanci: a Palermo quasi 5mila, mentre ad Agrigento circa 4500. Il dato relativo ai canadair descrive invece una situazione diversa: nella provincia di Palermo ci sono stati 71 interventi per un totale di 878 lanci, mentre in quella di Agrigento 84 interventi e più di mille lanci.

Per quanto la stagione antincendio volga al termine – ufficialmente la fine è prevista per il 31 ottobre – l’attenzione in Sicilia rimarrà alta anche nei prossimi mesi. A meno che l’autunno non si riveli particolarmente piovoso, non è da escludere che in particolari giornate possano registrarsi nuove criticità. Con la fine dell’anno ripartirà anche la programmazione della nuova stagione e con essa i discorsi riguardanti la necessità di attivare per tempo le misure di prevenzione a partire dalla manutenzione dei boschi. Il tema nel corso degli anni ha infiammato più volte lo scontro con i sindacati che seguono gli operai stagionali: la richiesta delle sigle sindacali – al netto delle differenze di vedute che si registrano all’interno del comparto – è quella di utilizzare al meglio le risorse a disposizione della Regione e, magari, riuscire ad aumentare il computo delle giornate lavorative garantite agli operai.

La novità interessa l’aspetto tecnologico: nelle scorse settimane, alla commissione tecnica specialistica della Regione – organismo deputato a rilasciare i pareri di compatibilità ambientale – sono arrivati i progetti di installazione all’interno di aree demaniali e riserve di nuova strumentazione. Nello specifico si parla di termocamere che, sfruttando l’intelligenza artificiale, promettono di monitorare vaste porzioni di territori e inviare tempestivamente gli alert in caso di incendio. L’obiettivo, in questo caso, è quello di riuscire a intervenire per tempo con le operazioni di spegnimento e, magari, riuscire a beccare sul fatto coloro che appiccano i roghi. Anche quest’anno, infatti, a fronte di miglia e migliaia di incendi le autorità sono riusciti soltanto in pochi casi a risalire ai responsabili.

Una strage nelle aree protette. Nel trapanese bruciati 55 km2

“Il 39% degli ecosistemi forestali colpiti dagli incendi nella stagione incendi 2025 ricade all’interno di aree protette, in gran parte appartenenti ai siti della Rete Natura 2000”. È quanto afferma l’Ispra in una nota, ricordando alcuni casi eclatanti avvenuti proprio nell’Isola.

“Nel territorio della provincia di Trapani, nei comuni di Buseto Palizzolo, Castellammare del Golfo, Custonaci e San Vito Lo Capo, il 20 luglio un vasto incendio ha interessato oltre 55 km² di superfici naturali arbustive e prative – scrive l’Ispra -. L’area percorsa dal fuoco ricade prevalentemente all’interno di siti ad elevato valore naturalistico, tra cui i siti Natura 2000 di Monte Cofano, Capo San Vito, Monte Sparagio e la Riserva Naturale Regionale Orientata dello Zingaro”.

Gli episodi di particolare rilievo che hanno interessato, invece, gli ecosistemi boschivi si sono verificati tra il 22 e il 23 luglio e il 13 agosto nelle province di Enna e Caltanissetta, con una superficie forestale bruciata stimata in circa 11 km², localizzata nei comuni di Caltagirone, Caltanissetta, Enna, Gela, Niscemi e Villarosa. “Anche in questo caso, gli incendi hanno interessato siti compresi nella Rete Natura 2000, in particolare le Zone Speciali di Conservazione ‘Boschi di Piazza Armerina’ e ‘Sughereta di Niscemi’”.

Un altro caso rilevante ha riguardato sempre il Sud Italia, ma questa volta in Campania. “Sulle pendici del Vesuvio, dal 5 al 12 agosto, un incendio di vaste proporzioni ha interessato circa 8 km² nei territori comunali nella provincia di Napoli, di Boscotrecase, Ottaviano, San Giuseppe Vesuviano, Terzigno e Trecase. La superficie forestale percorsa da incendio è di 3 km². Tutta la superficie bruciata ricade all’interno del settore sud-orientale del Parco Nazionale del Vesuvio e siti della Rete Natura 2000”.

Ma nell’Isola sono poche le denunce. Legambiente: “Una ogni 32 roghi”

Della piaga degli incendi si parla anche nell’ultimo rapporto Ecomafie presentato martedì da Legambiente. Il documento, che ricostruisce dati alla mano la portata dei reati in materia ambientale, dedica un focus al fenomeno dei roghi. Ponendo l’attenzione sull’aspetto delle responsabilità e della capacità da parte delle istituzioni di intercettare e reprimere le condotte criminali.

Prima regione italiana per vastità di terreni bruciati (oltre 17mila ettari). Eppure, stando ai casi accertati dalle forze dell’ordine, solo la quarta regione italiana – dopo Calabria, Puglia e Campania – con 351 reati sui quasi 3mila nazionali. Poche le denunce: “Una ogni 32 incendi”, spiega Tommaso Castronovo, presidente di Legambiente Sicilia. Numeri che raccontano non solo di terreni bruciati per il pascolo. Spesso, dietro ai roghi, il vero interesse è la speculazione edilizia e il business dello spegnimento: con la necessità, più volte sollevata da Legambiente, di aggiornare i catasti degli incendi e di disporre solo di mezzi d’emergenza, anche aerei, pubblici.

A dominare la classifica regionale è la provincia di Palermo, con 96 casi. Seguono Catania, Agrigento, Enna, Messina, Trapani, Caltanissetta, Siracusa e Ragusa. Solo due gli arresti in Sicilia nel 2024: uno nel Palermitano e uno nell’Agrigentino.