Il caso eclatante in Sicilia è l’Asp di Trapani, che con i suoi ritardi sugli esami istologici, oltre 3.000, ha messo a rischio la salute dei cittadini del suo territorio. Il caso non è uscito fuori per iniziative interne, per esempio sindacali, ma per denuncia sui giornali di alcuni cittadini, che sono dovuti emigrare per avere le cure previste nei LEA nazionali, figuriamoci per prestazioni aggiuntive che alcune Regioni vogliono offrire nella cosiddetta Autonomia differenziata.
Le prestazioni diagnostiche istologiche sono fondamentali nella cura dei tumori: in questi casi di ritardi si muore, non c’è più il tempo per attuare cure che possano salvare le persone affette da sintomi tumorali.
L’Assessorato, non l’assessore odierno da poco entrato in carica, era a conoscenza dello stato onestamente disastroso, per l’impatto sulla salute pubblica, delle condizioni dell’Asp trapanese, in quanto la stessa aveva fornito i dati per chiedere l’autorizzazione a fare gli esami usufruendo di una convenzione esterna con strutture private capaci di svolgere le attività di anatomia patologica. Non solo, la convenzione studiata dal management sanitario di Trapani era studiata addirittura per fornire prestazioni anche ad altre Asp in difficoltà. Sembra che tutto nasca dalla scarsità di medici e tecnici preposti agli esami, anche se l’ispezione dell’assessorato ritenga che ci siano anche elementi di scarso impegno degli stessi medici addetti.
Sovviene alla memoria una vicenda analoga di qualche anno fa, quando a causa di guasti e carenze organizzative di radioterapia al centro tumori all’ospedale Civico di Palermo venivano autorizzate in indiretta le prestazioni fornite dal centro di Bagheria del famoso Michele Aiello, considerato prestanome mafioso, la quale cosa costò la presidenza, e non solo, a Salvatore Cuffaro. Ovviamente, si spera, che i privati proposti in convenzione esterna all’Asp di Trapani non abbiano rapporti con Cosa Nostra, ma il punto è che ci sono cittadini che rischiano la vita per carenze di organizzazione sanitaria e questo, oltre a indisporre giustamente il presidente Schifani, non è minimamente accettabile.
È impressionante che un tema così delicato non interessi con forza la Procura della Repubblica competente, sicuramente già ci sono stati dei decessi e l’azione penale è obbligatoria. Inoltre, è calcolabile il danno erariale che le inevitabili cause di risarcimento produrranno alle casse regionali, visto che le Asp non sono in Sicilia coperte dal punto di vista assicurativo?
Fino a oggi in provincia di Trapani non è partita una class action da parte dei pazienti in attesa, ma ci vuole poco perché qualche studio legale non si organizzi all’americana come nel film con Matt Damon e Danny De Vito. Ma il punto di analisi vera è un altro. Trapani è un caso anomalo o la situazione di ritardi su prestazioni salvavita è presente in altre Asp siciliane? C’è una visione, un monitoraggio con strumenti di controllo degli organi sanitari regionali preposti? Quale è la situazione a Siracusa, dove insistono tra l’altro poli industriali inquinanti, e a Gela? Ovviamente non è partita ancora un’ispezione ad ampio spettro, si va per urgenze più influenzate da notizie stampa che per un’attività organizzata, la polvere è sotto il tappeto ma è chiaro a tutti che il dopo pandemia ci sta lasciando una Sanità siciliana, già fragile, in macerie. Lo testimoniano i cosiddetti viaggi della speranza verso altri sistemi sanitari, che in 25 anni sono raddoppiati in valore delle prestazioni che sono contabilizzate a decremento del Fondo sanitario regionale.

