Inflazione più bassa in Italia? Brutto segno, ci dice che l’economia non è ripartita - QdS

Inflazione più bassa in Italia? Brutto segno, ci dice che l’economia non è ripartita

Patrizia Penna

Inflazione più bassa in Italia? Brutto segno, ci dice che l’economia non è ripartita

venerdì 17 Dicembre 2021

La Rosa (Federconsumatori) al QdS: “In Sicilia rincari più contenuti ma sarà un Natale difficile”. Catania, intanto, registra l'indice più alto del nostro Paese: +5%

Una fiammata destinata a spegnersi nel giro di poco tempo o un balzo destinato a rendere strutturale l’elevato costo della vita?
Sono in tanti ad interrogarsi sull’impennata dell’inflazione, a partire da quel +5,3% registrato mesi fa negli Stati Uniti (oggi al +6,8%) e che aveva inizialmente fatto pensare ad una fase di transizione legata alla ripartenza dell’economia. Adesso non tutti gli economisti sono convinti che gli effetti dell’aumento repentino dei prezzi siano temporanei.
A novembre l’Istat registra un +3,7% su base annua. Prezzi in corsa anche nell’Eurozona: +4,9%. Spicca il dato tedesco: in Germania l’inflazione è salita in novembre al 6% in progresso dal 4,6% di ottobre.

L’inflazione più bassa non va letta come indice di dinamiche “virtuose” dell’economia italiana. In realtà non è in sé un dato positivo. L’inflazione, infatti, ha raggiunto soglie percentuali più elevate in Germania perché in quel Paese la ruota economica si è rimessa in moto prima rispetto all’Italia. Proprio per capire ancora più a fondo la complessità delle dinamiche che stanno condizionando in modo trasversale l’economia globale, abbiamo intervistato il Presidente di Federconsumatori Sicilia, Alfio La Rosa.

Presidente, esplode l’inflazione in Italia: +3,7%. Cosa è successo?
“Basta leggere i dati Istat per capire che buona parte di quel +3,7% è dovuto dalla crescita dei prezzi dei beni energetici, mentre si registrano rincari inferiori anche in altri settori, in particolare quello alimentare e quello dei trasporti. Che, però, a ben guardare derivano a loro volta dai rincari dei prodotti energetici, cioè dei carburanti, registrati nei mesi scorsi. Che l’Italia abbia un problema di dipendenza energetica, sia per quanto riguarda la produzione di calore e di elettricità, che per quanto riguarda i carburanti, d’altronde, non è una novità. Da decenni, ormai, gli esperti di energia ci dicono che dobbiamo puntare sulle rinnovabili per emanciparci almeno un po’ dalle importazioni e questa è sempre stata una posizione sposata da Federconsumatori. Purtroppo, però, le parole di tali esperti sono state ascoltate solo in parte e, ancora oggi, gran parte dell’energia elettrica consumata in Italia si produce dal gas, come dal gas dipendiamo per i riscaldamenti mentre, per l’autotrasporto, l’elettrificazione della flotta circolante in Italia è bassissima e andiamo ancora a benzina e gasolio. Poiché non è una situazione che può essere cambiata da novembre a dicembre, e nemmeno dal 2021 al 2022, è chiaro che l’unica cosa che può fare il Governo (qualsiasi Governo) oggi per frenare questa fetta dell’inflazione è intervenire sulla tassazione dell’energia elettrica, del gas e dei carburanti. Cosa che, almeno in parte, è stata fatta ma credo ci siano ancora margini per intervenire ulteriormente. In Sicilia, per fortuna, l’inverno è mite e i rincari in bolletta saranno inferiori rispetto al Nord Italia dove, giusto per capire di cosa stiamo parlando, già da ottobre c’è la corsa all’installazione di stufe a pellet per risparmiare sulle bollette del gas. Stufe che, tra l’altro, i consumatori comprano con le detrazioni fiscali al 50%, ma in Sicilia non è sempre detto che il gioco valga la candela perché i consumi di gas per il riscaldamento sono parecchio inferiori. Probabilmente i siciliani farebbero meglio a guardare alle detrazioni per sostituire gli infissi, che aiutano molto a risparmiare sul riscaldamento”.

Molti hanno sottolineato il fatto che in Italia l’inflazione è più bassa di quella tedesca e questo è un fatto positivo: è così o i dati vanno letti diversamente? Forse l’inflazione in Germania è più alta perché esportazioni e consumi sono ripartiti prima?
“Paragonare l’economia italiana a quella tedesca non ha molto senso, ma in realtà non ha un gran senso paragonare due soli Paesi: meglio guardare ai dati europei, quelli di Eurostat, che ci dicono che l’inflazione nell’area euro è a +4,9% e, ancora una volta, il grosso della crescita dei prezzi si deve al comparto energia. Guardare la questione a livello europeo ci permette anche di contestualizzare meglio: per oltre un anno il trasporto privato è stato ridotto al minimo, e i consumi elettrici derivanti da grandi pezzi dell’economia europea, come il commercio e, nelle fasi più dure dei lock down nazionali, anche l’industria, sono stati molto inferiori alle previsioni pre-Covid. Di conseguenza le vendite di carburanti e di energia elettrica sono state bassissime in UE per mesi e mesi consecutivi. Mesi durante i quali tutta la filiera dell’energia ha sofferto parecchio, perché se non vendi il tuo prodotto i conti saltano per aria. Non mi stupisce che adesso, alla prima occasione utile, la filiera dell’energia cerchi di recuperare almeno parte delle perdite. Aggiungiamo a tutto questo le tensioni Russia-Ucraina sul gas e abbiamo ottenuto la tempesta perfetta. In tutta Europa, non solo in Italia o in Germania”.

Cosa consiglia ai consumatori per affrontare questa fase?
“Di stare attenti, molto attenti. Di sicuro una buona parte dei rincari sono motivati da quanto già spiegato, e vanno per questo accettati in attesa di tempi migliori, ma ci sarà di sicuro qualche fornitore di luce e gas che proverà ad approfittare di questa situazione. I consumatori devono controllare le bollette una ad una, verificando se qualcosa non torna. I nostri sportelli sono a loro disposizione per aiutarli a leggere le bollette, se hanno difficoltà a farlo da soli. Altra cosa molto importante: prevediamo che durante le vacanze di Natale ci sarà un vero e proprio assalto dei call center, che tenteranno di far cambiare tariffa ai consumatori facendo leva sui rincari in arrivo. Massimo rispetto per i lavoratori dei call center ma, ancora una volta, leggete bene l’offerta e, in caso di difficoltà nel comprenderla, rivolgetevi a chi vi può aiutare a capire cosa vi stanno proponendo. Poi bisogna stare attenti quando si fa rifornimento: di solito i cosiddetti no logo offrono prezzi leggermente inferiori e bisogna approfittarne. Ma la vera, grande, attenzione che devono avere è a cosa consumano e quanto consumano: in questo momento è fondamentale evitare gli sprechi energetici e i consumi eccessivi di tutti quei beni che hanno subito i rincari maggiori. Sarà un Natale difficile per molti, certamente, ma almeno sarà di nuovo un Natale in famiglia, con molte meno restrizioni rispetto al Natale scorso. E questa è già una buonissima notizia”.

Non è solo l’aumento dei prezzi energetici a mettere a rischio il sistema imprese

La corsa dell’inflazione ha impensierito non poco anche la Bce che, attraverso il suo vicepresidente Luis de Guindos ha ammesso di averne sottovalutato i segnali che già erano arrivati nel 2021 ma ha anche assicurato che “i suoi effetti svaniranno nel 2022”.

Secondo De Guindos la ragione va trovata negli “effetti di base legati ai problemi di approvvigionamento e ai costi energetici” che sono stati “più forti di quanto previsto”.
La crisi del trasporto merci, quindi, e la grande corsa alle materie prime quando il mondo si è rimesso in moto post grandi ondate di Covid.

Un’accelerazione violenta arrivata mentre le riserve di gas, giusto per citare un bene energetico che è schizzato, erano esaurite dopo un inverno 2020 particolarmente rigido.

Questi ‘colli di bottiglia’, aggiunge de Guindos, potrebbero durare più del previsto, anche nel 2022. Ne consegue che “c’è il rischio che l’inflazione non scenda così rapidamente” come si era stimato.

Una spinta significativa all’inflazione, dunque, non è arrivata solo dall’aumento dei prezzi di elettricità e gas, di cui tanto si parla, m a anche dagli effetti, chiamiamoli così, della transizione energetica, di cui si parla un po’ meno.

La carenza di materie prime, che già scarseggiavano da prima del Covid come silicio, litio, rame ed altri metalli non solo sta mettendo a serio rischio la capacità dei comparti produttivi e le stesse catene globali delle forniture ma potrebbe finire per rallentare anche la stessa transizione energetica.
Sono tanti, dunque, i fattori che rischiano seriamente di mandare all’aria la ripresa economica post-pandemica.

Uno studio di S&P Global Ratings effettuato su un campione di 10 mila aziende di tutto il mondo rivela che è proprio l’incremento dei prezzi alla produzione il vero problema per loro.
è altrettanto vero, però, che molto gravi saranno gli effetti che si attendono a cascata sulle famiglie.

Catania ha l’inflazione più alta d’Italia: +5%

L’Istat ha reso noti i dati dell’inflazione delle regioni e dei capoluoghi di regione e comuni con più di 150 mila abitanti, in base ai quali l’Unione Nazionale Consumatori ha stilato la classifica delle città e delle regioni più care d’Italia, in termini di aumento del costo della vita.

In testa alla classifica dei capoluoghi e delle città con più di 150 mila abitanti più care, Bolzano, dove, nonostante l’inflazione sia pari al 4%, molto più bassa rispetto al record di Catania (+5%), si ha una maggior spesa aggiuntiva annua equivalente, in media, a 1272 euro, ma che arriva a 1.795 euro per una famiglia di 4 componenti.

Al secondo posto Genova, dove il rialzo dei prezzi del 4,6% determina un incremento di spesa pari a 1116 euro per una famiglia media, 1787 euro per una di 4 persone, segue Aosta, dove il +3,9% genera una spesa supplementare pari, rispettivamente, a 992 e 1638 euro annui. Per Catania che ha l’inflazione più alta d’Italia, +5%, si tratta, rispettivamente, di 1058 e 1430 euro.

La città più virtuosa è Napoli, con un’inflazione del 3,2% e una spesa aggiuntiva per una famiglia tipo pari a “solo” 700 euro su base annua. Ancona perde il primato della città più risparmiosa.

In testa alla classifica delle regioni più costose, con un’inflazione a +4,2%, la Liguria che registra a famiglia un aggravio medio pari a 942 euro su base annua, 1554 euro per una famiglia di 4 persone. Segue, di un soffio, la Valle d’Aosta, dove la crescita dei prezzi del 3,7% implica un’impennata del costo della vita pari, rispettivamente, a 941 e 1554 euro, terzo, quasi appaiato, il Trentino, +4%, con un rincaro annuo di 1084 e 1553 euro.

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