Home » L’ombra di una talpa di Messina Denaro “in divisa”

L’ombra di una talpa di Messina Denaro “in divisa”

L’ombra di una talpa di Messina Denaro “in divisa”

Dai famosi “pizzini” emergerebbe la possibilità di un esperto e fidato collaboratore di Messina Denaro, probabilmente tra le forze dell’ordine.

Una talpa, forse direttamente all’interno delle forze dell’ordine, per il boss Matteo Messina Denaro. Della sua esistenza sarebbe convinto il gip di Palermo, Alfredo Montaldo, alla luce dei pizzini ritrovati in casa di Rosalia, la sorella del mafioso.

Come già più volte evidenziato, i “pizzini” conservati dalla sorella di Messina Denaro – nonché “cassa” e potenziale nuova “mente criminale” di Cosa nostra – si sono rivelati decisivi per la cattura del boss ma anche per le indagini sulla “rete” di fiancheggiatori che hanno favorito la latitanza del Padrino.

Talpa di Messina Denaro tra le forze dell’ordine, l’ipotesi

Alcuni dei documenti ritrovati nell’abitazione di Rosalia Messina Denaro, situata a Castelvetrano, avrebbero fatto luce su tanti dettagli della vita del boss. Grazie a quei pezzi di carta, infatti, gli inquirenti hanno scoperto alcuni dei “soprannomi” (o meglio, nomi in codice) dell’ex capomafia, la sua “filosofia di vita” e perfino le sue istruzioni ai fiancheggiatori.

Non si tratta, però, degli unici elementi utili alle indagini. Da quei pizzini, secondo il gip di Palermo, emergerebbe anche la possibilità della presenza di una “talpa” – quasi certamente tra le forze dell’ordine – capace di avvertire il boss Messina Denaro e i suoi fiancheggiatori e di istruirli per evitare blitz a sorpresa o intercettazioni.

Perché gli inquirenti sembrano convinti dell’esistenza di un “traditore” tra le forze dell’ordine? Secondo quanto emerso dagli scritti trovati in casa di Rosalia Messina Denaro, il boss era a conoscenza di alcuni dettagli che solo un membro delle forze dell’ordine o uno specialista “con un know how del settore” avrebbe potuto rivelare. Per esempio, sembra che l’allora latitante fosse consapevole della presenza di microspie e telecamere nascoste in luoghi dove avrebbe dovuto incontrare la sorella.

La lettera indirizzata a “Fragolone”

Come riporta “Il Fatto Quotidiano”, sembra che Rosalia Messina Denaro avesse informazioni sul “funzionamento delle telecamere installate dalla polizia giudiziaria per finalità investigative”. E pare che nei documenti ritrovati degli inquirenti, Rosalia utilizzasse anche un linguaggio tecnico molto particolare. Linguaggio che normalmente utilizzano forze dell’ordine e specialisti del settore (per questo si pensa che Messina Denaro avesse il supporto di una “talpa” esperta).

Da altri “pizzini”, invece, emergerebbero i numerosi consigli del boss alla sorella per evitare telecamere e cassette di rilancio. Tra i suggerimenti pare ci fosse anche quello di contattare un elettricista per farle disattivare, fingendo dei problemi alla luce legati alla presenza dei dispositivi.